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“Lucy”: non nominare Nikita invano

Creato il 10 ottobre 2014 da Fabio Buccolini

Uscito nelle sale qualche settimana fa, il film è stato da subito campione di incassi, ma la pellicola non è assolutamente degna del nome del grande Luc Besson.

Lucy

Nella storia di Besson conosciamo Lucy (Scarlett Johansson), una giovane studentessa spensierata che vive a Taiwan. Viene ingannata dal suo fidanzato e convinta a consegnare una valigetta a un contatto d’affari. Prima che possa anche solo comprendere la situazione nella quale è rimasta irretita, Lucy viene catturata e presa in ostaggio dallo spietato Mr. Jang. Quando i suoi gorilla impiantano chirurgicamente nella nostra eroina un pacchetto carico di una potente sostanza sintetica (così potente che, molto probabilmente, se fuoriuscisse la ucciderebbe) il suo terrore si trasforma in disperazione. Insieme a una manciata di altri riluttanti portatori, Lucy viene mandata all’aeroporto con lo scopo di volare in tutto il mondo come recipiente per il trasporto di un materiale che, per i suoi rapitori, è di inestimabile valore.
Quando la sostanza chimica viene accidentalmente liberata all’interno e assorbita dal corpo di Lucy, comincia l’inimmaginabile: la sua capacità cerebrale viene schiusa a livelli sbalorditivi e precedentemente solo ipotizzabili.
Cosa succederebbe se usassimo il 100% delle nostre capacità cerebrali? Se lo chiede il regista Luc Besson e confeziona ad arte un film che si regge solo ed esclusivamente sulla buona interpretazione di Scarlett Johansson, sempre più a suo agio in questi ruoli da eroina impavida. Recita bene, si immedesima perfettamente nel personaggio ma non esce dal consueto. La sua Lucy sembra una copia più spenta della vedova nera degli Avvengers e il personaggio, più di una volta, sembra perso, asettico; in pratica più che una “super donna” che riesce a controllare perfettamente tutte le sue capacità sembra un alieno di Men in black che non si trova a proprio agio nel corpo del passeggiero di turno.
Gli altri attori sono trascurabili, anche il grande ed immenso Morgan Freeman è sotto la media. Recita la sua parte perfettamente, ed è stata ottima l’idea di far interpretare a lui lo scienziato, ma onestamente sembra che non si sia preparato per niente per il ruolo e fa quello che farebbe un attore di medio livello.
Il regista ce la mette tutta, ed è grazie alla sua maestria che il film acquista interesse. Le scene d’azione sono confezionate ad hoc, e l’idea di dare le redini di tutta la storia in mano ad una donna funziona perfettamente (comunque siamo lontanissimi dai giorni in cui Nikita fece la propria comparsa sugli schermi). Il suo film vuole essere troppo filosofico. Intreccia (in modo perfetto, bisogna dirlo) immagini odierne con visioni astratte dell’universo in stile The tree of life. Questo suscita più curiosità ma non riesce nell’intento. La sua pellicola più che un saggio filosofico sulla scoperta delle nostre potenzialità sconosciute, è un film di pura fantascienza che nell’ultima mezzora azzarda troppo e perde di credibilità.
In pratica i tempi di Leon e Nikita sono passati, Besson omaggia i suoi vecchi capolavori ma confeziona solo ed esclusivamente un prodotto di puro intrattenimento in stile americano che certamente diverte mentre lo si guarda, ma si dimentica facilmente usciti dalla sala.
Rimpiangendo il sicario romantico Jean Reno e in attesa che la vera anima del grande regista francese torni ad essere espressiva come una volta.
Insipido…

FABIO BUCCOLINI



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