Lunedì film – Tacchi a spillo – Pedro Almodovar

Da Iomemestessa

Corre l’anno 1991. Pedro Almodovar, reduce dal successo di Donne sull’orlo di una crisi di nervi, che lo lancia sui circuiti internazionali, confeziona un film che rappresenta un anticipo, consistente, della sua poetica.

Non manca nulla. Una tormentata relazione madre-figlia, la rappresentazione del decadente mondo dello spettacolo, gli immancabili triangoli amorosi, il conflitto di identità (sessuale, soprattutto) e la storia di una generazione cresciuta in una Spagna ormai libera dal franchismo.

E’ la storia di una figlia Rebeca (Victoria Abril, una delle attrici feticcio di Almodova) e di una madre Becky (Marisa Paredes, altra attrice feticcio, qui semplicemente straordinaria). Una madre e una figlia separate da anni, per volontà della prima, che trovatasi a scegliere tra maternità e carriera, sceglie, insindacabilmente, la seconda

Rebeca, che prova una fascinazione per la madre che sconfina nella venerazione, è disposta a tutto perdonare. Ma come in ogni film di Almodovar, c’è sempre un ma.

Rebeca è sposata con l’ex-amante della madre, Manuel (Feodor Atkine). Lui non ha mai dimenticato lei, lei non ha mai dimenticato lui. Le acque diventano torbide, e gli antichi rancori tornano a galla.

Entra in scena il giudice Dominguez, un Miguel Bosé sublime nel suo non essere mai macchietta, personaggio chiave della pellicola, giacché nel ruolo di giudice rappresenta l’autorità, ma sarà anche la chiave per entrare nella contorta psiche di Rebeca, che si innamora del giudice quando questi opera nei panni di Letal, un travestito che imita Becky, e che, come dice Rebeca alla madre “Quando mi mancavi, andavo a vederlo, perchè mi ricordava te.”

Ad un certo punto, l’inevitabile. Manuel, il vertice del triangolo amoroso, viene trovato morto nel suo chalet.

E da qui prende il via un più che discreto poliziesco di contorno (e per questo il racconto della trama si ferma con la morte di Manuel).

Una menzione speciale va alla colonna sonora, che potenzia le emozioni del film,  e imperdibili sono Piensa en mi,  e Un año de amor, entrambe affidate all’interpretazione di Luz Casal.

Il film prende le mosse da “Sinfonia d’autunno” di Bergman, che viene citato, (madre artista e figlia con insopprimibile complesso di inferiorità) però si allontana anni luce dalle spirali psicanalitiche di Bergman, e aggiunge crimini, travestiti, humour. In una parola, vita. Il viaggio da Bergman ad Almodovar si traduce in meno Freud e più Chanel, bellezza.

Che “Tacchi a spillo” è pellicola profondamente femmina, partendo dall’oscuro oggetto di desiderio rappresentato dal morbosissimo travestito interpretato da Miguel Bosé, con splendidi primi piani di scarpe.

C’è passione, sentimento a fior di pelle, melodramma, commedia, amore, odio e leggerezza. Gli attori sono in sintonia, con se stessi, con il regista, con gli altri protagonisti, e l’opera diventa corale. Soprattutto paiono coscienti del fatto di stare recitando in una di quelle pellicole che chissà quando mai un’altra così. Ed anche il sesso non è un sovrappiù messo lì, ma è funzionale al calderone emotivo in cui il regista cuoce a fuoco lento tutti gli ingredienti

Infine una nota. Il film in Italia venne tradotto con ‘Tacchi a spillo’

In realtà l’originale è ‘Tacones lejanos’ (Tacchi lontani) e il titolo prende origine da una frase beliisima che Victoria/Rebeca, rivolge a Marisa/Becky: “Da bambina quando vivevamo insieme, non riuscivo ad addormentarmi finché non sentivo il rumore dei tuoi tacchi in lontananza.

E ci si chiede, una volta ancora, chi traduca i titoli delle pellicole.


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