La casa dello studente di Via Trentino a Cagliari
Una firma e passa tutto. È questa l’amara e sarcastica soluzione proposta ai ragazzi disabili della casa dello studente di via Trentino, seguita alla loro mobilitazione contro la decisione della direzione di concentrare i disabili assegnatari di un alloggio Ersu nei primi tre piani del palazzo di Sa Duchessa.
Una soluzione giustificata da imperscrutabili ragioni di sicurezza, che aggiunge disagio a quelli già presenti, perché la casa dello studente di via Trentino non è adatta alla concentrazione dei disabili nei primi tre piani. Le camere per i disabili sono infatti distribuite tra tutti i piani, anche per favorire l’integrazione dei ragazzi ed evitare forme di ghettizzazione.
I disabili, contrari alla soluzione concentrazionista della direzione, hanno protestato e la risposta degli organi competenti è stata perentoria e sconcertante: se la soluzione proposta non va bene, i disabili possono trasferirsi nella sede di via Montesanto, oppure firmare la rinuncia alla disabilità, liberare l’Ente da obblighi nei loro confronti, per poi essere liberi di scegliersi il piano.
I trenta ragazzi disabili non mollano: parlano di ricatto inaccettabile, di “ghettizzazione”, e di una situazione difficile in cui la vertenza alloggi costituisce solo la punta dell’iceberg. Eccessiva burocratizzazione, mancanza di buon senso, scelte poco logiche: è questo ciò che emerge ascoltando le storie della casa dello studente. E i problemi maggiori sono concentrati ai piani alti. Non dell’edificio, naturalmente.
La visione della sicurezza di chi dovrebbe garantirla è infatti quanto meno contorta: le porte tagliafuoco nei corridoi sono mantenute aperte con l’aiuto di sedie in legno, scelta provvisoria e d’emergenza, si potrebbe pensare, ma a giudicare dal numero di porte cui è applicata questa soluzione, si direbbe che le sedie sono in servizio permanente effettivo.
L’eventuale evacuazione diventa così una pericolosa corsa ad ostacoli, in un edificio già di per sé labirintico. I pochi soldi a disposizione vengono spesi male, per pedane inadatte e quindi da sostituire, con tempi di attesa logicamente lunghi, oppure per la distratta manutenzione dei mezzi di trasporto: è necessario uno sforzo di fantasia per definire le due Fiat Ducato di inizio secolo adattate al trasporto dei disabili. I due furgoni non sempre hanno la fortuna di essere entrambi marcianti, così i ragazzi sono costretti ai turni per poterne usufruire.
È necessario anche un certo senso dell’umorismo per sorridere di fronte al fatto che, in caso di black-out nel palazzo, sia indispensabile chiamare un call center di Milano e attendere poi dalle due alle quattro ore l’intervento dei tecnici; “ma arrivano da Milano?” chiede qualcuno. “No, stanno qui a Cagliari” è la pronta risposta.
Umorismo e indignazione vanno di pari passo. Dopo sette mesi di presidenza ad interim, dal gennaio 2010 la direzione dell’Ersu è stata affidata a Daniela Noli, laureata in pedagogia. In seguito alle proteste degli studenti, la presidente ha accettato di incontrarli ma, al di là delle dichiarazioni ufficiali, “L’Ersu tutelerà maggiormente gli studenti disabili”, ha tenuto a precisare nel faccia a faccia che “questo edificio non è casa vostra”.
L’incontro ha accresciuto lo scontento dei ragazzi. La proposta indecente formulata dalla Noli ha generato un certo stupore, come quando si ha l’impressione di non aver compreso bene: la possibilità di cambiare stanza (non per capriccio ma per reali esigenze) veniva concessa a coloro che avessero rinunciato alla condizione di disabilità, con una semplice firma. “A saperlo prima!” hanno beffardamente commentato gli studenti a fine incontro.
Tra di loro un misto di disappunto e impotenza: gli universitari disabili non sono numerosi e non possono riempire una piazza, ma hanno tutte le ragioni per definirsi indignados.