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Quante volte passeggiando per la mia città deserta mi sono trovata a fermarmi un attimo per far prendere respiro ai miei pensieri ingarbugliati, quante riflessioni affannate mentre il passo si faceva veloce e la mente volava a un passato inesorabilmente presente solo nella mia memoria. Un trascorso che non puoi e non devi dimenticare mi dico ogni volta che qualche pensiero mi strappa un sorriso o una lacrima scende veloce sulla guancia. Ognuno di noi racchiude in se il fascino di una storia o di mille che insieme formano il nostro essere “qui e ora” in quello sterminato cammino che ci ha portato fin dove siamo adesso. E allora oggi, sotto ai portici, con le scarpe da tennis ai piedi, con il sudore che bagna la canottierina bianca, rifletto su come amano le donne e su come è possibile essere felici delle piccole cose partendo da un passato difficile che ha tracciato la linea dell’esistenza di una donna/mamma/amante con un vissuto indubbiamente tortuoso ma sicuramente fantastico.
Una mamma bambina che a soli 14anni è riuscita a sopravvivere alle maldicenze della gente portando avanti una gravidanza in tempi bui in cui non si sapeva bene cosa fosse la contraccezione, ricordiamo che negli anni 70’ le pillole anticoncezionali credo fossero solo due: la Diane e un’altra della quale ora mi sfugge il nome, il preservativo era una sorta di gommone anti-bomba e la spirale era il metodo diffuso per chi aveva già avuto figli non consigliata quindi per giovani ragazzine alle prime esperienze sessuali. Con queste credenziali, unite alla mala informazione diffusa tra i ragazzi e con i tabù che rendevano silenziosi i rapporti, il risultato era quasi obbligato. Giovani che si appartavano sulla riva del Po a mangiar Nutella e a sperimentare giochi erotici che spesso avevano come risultato una pancia tonda mentre si pattinava tra le stradine del paesino. Nove mesi dopo nasceva un bebè con gli occhi verdi e ancora tanta ma tanta voglia di scorrazzare tra i prati fioriti e suonare le campane del campanile di nascosto dal parroco innamorato e ancora gridare a squarciagola tra le margherite quanta voglia di vivere c’era racchiuso in quel corpicino di donna strappato al culmine dell’adolescenza.
Quanta voglia avevi di piroettare sui quei pattini a rotelle e come lo sapevi fare nel tuo essere bellissima e piena di armonia con i tuoi seni prosperosi. Poi sono passati gli anni e di figlie ne hai avute due di seguito, con un uomo che amavi alla follia e che ti aveva conquistata portandoti in moto in Toscana tra le colline del Chianti, un uomo che guardandoti con i suoi occhi grigi come il cielo della Francia del Sud ti aveva rubato la gioventù in cambio di mille momenti magici che rimarranno per sempre dentro di te. Sottratta alle bambole, scaraventata in una casa vecchia senza riscaldamento e senza bagno, privata della sua bicicletta e costretta ad essere adulta nonostante i tuoi pochissimi anni. In quella situazione di assenza di cibo e di vestiti per coprirti, anche li tra mura disastrate hai saputo amare e lo hai fatto con tutta te stessa, con i sentimenti gonfi e le mani in avanti e con la speranza di un mondo migliore. Ad un certo punto non ce l’hai più fatta e sei scappata, hai lasciato il rumore della miseria e hai preferito esplorare nuove terre, straniere, lontane, di colore diverso, quasi a prenderti una rivincita per la libertà che ti era stata tolta e allora via, via una notte di nascosto da tutti, con il tuo zaino pieno di paure, lontano verso nuovi orizzonti dove la cultura non era affatto aperta come la tua ma ti andava bene ugualmente, l’importante era amare ed essere amata e smetterla con i sacrifici inutili che ti facevano solo male all’esistenza. Distante 1000Km dalla tua vita sei passata da una prigione ad Alcatraz, da un paesello del Nord ad uno del Sud, da un uomo cattolico ad uno mussulmano, da un’esistenza senza nulla ad una continuazione di veli e segregazioni che hanno segnato profondamente il tuo sentiero… E poi un’altra gravidanza, voluta ma anch’essa molto difficile che ti avrebbe ancorata di più ad un uomo che in fondo ti eri già resa conto non era ciò che pensavi… A Trent’anni il resoconto della tua vita si faceva alquanto problematico, con tre figli, la tua primogenita lontana da te con i nonni e gli altri due in un paese che non ti apparteneva e che ti rendeva triste e piena di angosce. Allora sei tornata a scappare nello stesso modo in cui l’avevi fatto dieci anni prima, figli al seguito, zaino con dentro pane e acqua e via verso il sentiero del rientro… nella tua amata Mantova, tra i tuoi amici e tra le braccia del tuo amato papà che non aveva mai smesso di sostenerti e incoraggiarti nonostante tutto.
Chi sei ora German? Un fidanzato di 11anni in meno che ti ha reso felice, una casa tua che ti rispecchia, un lavoro difficile ma che ti permette di vivere degnamente e senza aver bisogno di nessuno… sei bellissima come lo eri allora, anzi ancor più di prima, con quel sorriso che mozza il fiato e quegli occhi verdi scuro che luccicano quando sei contenta… sei la femmina sensuale che ammicca sguardi ammagliatori e la dolce e sincera confidente che si brama di trovare “nel mezzo del cammin di nostra vita.”
Chi sei ora…? Io lo so… sei la donna che ogni uomo vorrebbe al suo fianco, sei la mamma che tutti desiderano, Io so chi sei… sei la mia mamma.
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