Ai tempi della scuola, ricordo bene, capitava spesso di aprire il libro e studiare, solo perché si doveva. Odiavo "imparare a memoria" io, avevo questo problema - se così si può definire - perché per imparare dovevo prima di tutto CAPIRE.Era più forte di me, infatti abbandonai la matematica, definitivamente, al quarto anno. Pensai: "Vabbè, una materia in meno può starci. E poi so addizionare, sottrarre, moltiplicare e addirittura dividere..." - Oh, mica è da tutti! Se non è un'opinione, allora non mi piace. Fine della storia. Capitava di rimanere interdetti anche davanti a una bellissima antologia, diciamolo.Allora mi vergognavo parecchio, tutte le volte in cui non riuscivo a capire ciò che leggevo. Eppure capitava, anche quando a leggere era la voce del prof. Io mi guardavo intorno pensando se quella difficoltà fosse solo mia oppure di tutti, e mentre mi crucciavo notavo una fastidiosissima indifferenza che era generale. Chi disegnava sul diario, chi guardava per aria, chi ronfava sul banco...Io stavo così male quando non capivo un poeta, un autore chiunque esso fosse.E agli altri non fregava nulla?Bah.Oggi so cosa vuol dire, ma a sedici/diciassette anni non puoi saperlo.Tra le pagine e gli evidenziatori di ogni forma e fluorescenza, si dipanava il mio studio e il mio amore fiorente per la letteratura. Positivismo, Romanticismo, Ermetismo, Decadentismo...tutto suonava come musica per le mie orecchie. Mi veniva naturale amare quel mondo scoperto sui libri, ma di tanto in tanto mi bloccavo. Non mi tornava qualcosa. Il giorno in cui leggemmo Mattina, di Giuseppe Ungaretti, fu disastroso.Nonostante io tendessi a prendere per oro colato tutto ciò che sosteneva il mio carissimo prof, quella mattina - la mia - fui per la prima volta in disaccordo con lui."Capolavoro?" - ma dai, sono due righe...C'era l'inquietudine della guerra allora, chiave di lettura necessaria per comprendere il poeta. Mattina non è proprio Ermetica, ma da Ungaretti l'Ermetismo prende soprattutto questo fatto di vivere il dramma interiore e renderlo universale, come il dolore dell'uomo dinanzi alla guerra. Da una lettera a Giacomo Papini, sappiamo inoltre che Mattina, nella sua prima stesura, s'intitolava Cielo e mare, ed aveva questo aspetto: “M’illumino | d’immenso | con un breve | moto | di sguardo”. Tagliando gli ultimi tre versi, Ungaretti ha incentivato quel senso di pienezza semantica e poetica. Un istante dilatato per descrivere la condizione universale di ogni esistenza. E potrebbe essere legata alla guerra, ma anche ad ogni qualsivoglia male dell'uomo.Io allora non capivo nemmeno quale infinita gamma di possibilità avevo a disposizione, per interpretare quei versi. Avevo i mezzi necessari ma non sapevo ancora come sfruttarli.Oggi ho qualche anno in più, e il mio amore per quella grossa antologia - che ancora conservo e custodisco con cura - è maturato insieme alla mia persona.Soprattutto oggi vivo le mie giornate e la mia stessa vita, assaporando la bellezza e la sacralità delle mie mattine. Perché è di mattina che io riesco a fare le cose migliori. Ad esempio è di mattina che io scrivo e penso a un'infinità di cose.La mattina do l'acqua alle mie piantine aromatiche e apro le finestre. La mattina metto avanti il sugo e decido cosa preparare.La mattina penso che non devo lavorare e sono felice.La mattina penso che devo fare in fretta ché poi lavoro, e sono felice.Stamattina, giusto per dirne una, mi sono svegliata e ho ricordato quella sensazione che mi metteva a disagio davanti a quei due versi. Sapevo che c'era tanta bellezza, ma forse quello non era il momento giusto. Forse questo è il tempo dell'immenso...e quella fugacità poetica, quell'attimo tanto caro a Ungaretti, ora lo so, non poteva che essere di mattina.Magazine Cinema
Ai tempi della scuola, ricordo bene, capitava spesso di aprire il libro e studiare, solo perché si doveva. Odiavo "imparare a memoria" io, avevo questo problema - se così si può definire - perché per imparare dovevo prima di tutto CAPIRE.Era più forte di me, infatti abbandonai la matematica, definitivamente, al quarto anno. Pensai: "Vabbè, una materia in meno può starci. E poi so addizionare, sottrarre, moltiplicare e addirittura dividere..." - Oh, mica è da tutti! Se non è un'opinione, allora non mi piace. Fine della storia. Capitava di rimanere interdetti anche davanti a una bellissima antologia, diciamolo.Allora mi vergognavo parecchio, tutte le volte in cui non riuscivo a capire ciò che leggevo. Eppure capitava, anche quando a leggere era la voce del prof. Io mi guardavo intorno pensando se quella difficoltà fosse solo mia oppure di tutti, e mentre mi crucciavo notavo una fastidiosissima indifferenza che era generale. Chi disegnava sul diario, chi guardava per aria, chi ronfava sul banco...Io stavo così male quando non capivo un poeta, un autore chiunque esso fosse.E agli altri non fregava nulla?Bah.Oggi so cosa vuol dire, ma a sedici/diciassette anni non puoi saperlo.Tra le pagine e gli evidenziatori di ogni forma e fluorescenza, si dipanava il mio studio e il mio amore fiorente per la letteratura. Positivismo, Romanticismo, Ermetismo, Decadentismo...tutto suonava come musica per le mie orecchie. Mi veniva naturale amare quel mondo scoperto sui libri, ma di tanto in tanto mi bloccavo. Non mi tornava qualcosa. Il giorno in cui leggemmo Mattina, di Giuseppe Ungaretti, fu disastroso.Nonostante io tendessi a prendere per oro colato tutto ciò che sosteneva il mio carissimo prof, quella mattina - la mia - fui per la prima volta in disaccordo con lui."Capolavoro?" - ma dai, sono due righe...C'era l'inquietudine della guerra allora, chiave di lettura necessaria per comprendere il poeta. Mattina non è proprio Ermetica, ma da Ungaretti l'Ermetismo prende soprattutto questo fatto di vivere il dramma interiore e renderlo universale, come il dolore dell'uomo dinanzi alla guerra. Da una lettera a Giacomo Papini, sappiamo inoltre che Mattina, nella sua prima stesura, s'intitolava Cielo e mare, ed aveva questo aspetto: “M’illumino | d’immenso | con un breve | moto | di sguardo”. Tagliando gli ultimi tre versi, Ungaretti ha incentivato quel senso di pienezza semantica e poetica. Un istante dilatato per descrivere la condizione universale di ogni esistenza. E potrebbe essere legata alla guerra, ma anche ad ogni qualsivoglia male dell'uomo.Io allora non capivo nemmeno quale infinita gamma di possibilità avevo a disposizione, per interpretare quei versi. Avevo i mezzi necessari ma non sapevo ancora come sfruttarli.Oggi ho qualche anno in più, e il mio amore per quella grossa antologia - che ancora conservo e custodisco con cura - è maturato insieme alla mia persona.Soprattutto oggi vivo le mie giornate e la mia stessa vita, assaporando la bellezza e la sacralità delle mie mattine. Perché è di mattina che io riesco a fare le cose migliori. Ad esempio è di mattina che io scrivo e penso a un'infinità di cose.La mattina do l'acqua alle mie piantine aromatiche e apro le finestre. La mattina metto avanti il sugo e decido cosa preparare.La mattina penso che non devo lavorare e sono felice.La mattina penso che devo fare in fretta ché poi lavoro, e sono felice.Stamattina, giusto per dirne una, mi sono svegliata e ho ricordato quella sensazione che mi metteva a disagio davanti a quei due versi. Sapevo che c'era tanta bellezza, ma forse quello non era il momento giusto. Forse questo è il tempo dell'immenso...e quella fugacità poetica, quell'attimo tanto caro a Ungaretti, ora lo so, non poteva che essere di mattina.Potrebbero interessarti anche :
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