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Ma che bello sport il calcio… (di Axel)

Creato il 06 maggio 2014 da Tafanus

Genny-carogna
Genny 'o Carogna

“Lo "Stato si costerna, si indigna e si impegna, poi getta la spugna con gran dignità": Fabrizio De Andrè aveva (ovviamente e come sempre) ragione, continuiamo ad assistere imperterriti a dimostrazioni inequivocabili di incapacità da parte dei piumati cocoriti di governo.
Sabato 3 maggio 2014 ne abbiamo avuto una ulteriore riprova, quando allo Stadio Olimpico alla presenza nientepopodimeno che del presidente del consiglio e del presidente del senato (due fra le quattro più importanti cariche dello stato, volutamente riportati in minuscolo) l’autorizzazione per svolgere una partita di calcio è stata chiesta ad un uomo che ha precedenti per droga e un Daspo, ed è segnalato più volte dai pentiti come una sorta di anello di congiunzione tra camorra e tifoseria.
Lo Stato c'era, ma chi ha gestito l’incontro dopo la sparatoria all’esterno dello stadio non è stata l’istituzione ufficiale ma quella ufficiosa, evidentemente ben più organizzata ed influente di quella dello stato.
Non stupiamoci se, per evitare problemi, qualcuno ha scelto di andare a trattare con una struttura organizzata parallela di cui tutti hanno interesse a negare l’esistenza ma di cui è ben chiara l’influenza e l’importanza; Il calcio è intoccabile, in ossequio al concetto per cui siamo in una macchina del consenso, non di gestione dell’ordine pubblico.
In altri  termini, gli ultras hanno un ruolo di consenso e di business, poco importa se questa funzione utile alla politica travalica ogni logica e diviene delinquenza incontrollata poiché benedetta da chi ha interesse a sfruttare il bacino di voti che si nasconde dietro a questi criminali.
Ogni domenica gli stadi si trasformano in teatri di guerriglia in cui gli ultras portano bombe, bengala e dove fiorisce il commercio di armi e stupefacenti: ci viene detto che il calcio è “lo sport più bello del mondo” e che allo stadio vanno le famiglie perché lo sport  “unisce”.
In una nazione dove i ricoverati debbono portarsi le medicine da casa, alle squadre di calcio vengono accordati vantaggi inaccettabili in una nazione civile, al punto che società che fatturano centinaia di milioni l’anno la contabilità è sostanzialmente un optional ed i costi della sicurezza (con i tagli alle forze dell’ordine poi quale sia questa sicurezza lo abbiamo visto tutti) sono scaricati sulla cittadinanza.
Diciamolo tranquillamente: Il nome di Genny 'a carogna è il simbolo di Napoli-Fiorentina in quanto è questo personaggio (non il questore di Roma, Massimo Mazza) che ha evitato una vera e propria rivolta dopo la sparatoria fuori dall'Olimpico in quanto la diffusione delle notizie avrebbe potuto far insorgere la tifoseria mettendo a ferro e fuoco una Roma impreparata.
C'è tutta una parte di società civile e di istituzioni che è stata letteralmente salvata dalle decisioni di Genny 'a carogna, che ha rivestito una funzione di garanzia rispetto al resto della tifoseria pronta a mettere una città a ferro e fuoco: ma vogliamo dirci chiaramente che se le istituzioni gestiscono l’ordine pubblico grazie ad accordi con dei criminali poi dovranno in ogni caso essere riconoscenti a questi personaggi ?
E’ poi ovvio che formalmente non è stato chiesto a Genny 'a carogna se svolgere o meno la partita ma accordato il permesso di informare la curva del Napoli sulla situazione del tifoso ferito, visto che giravano voci che fosse morto: è purtuttavia ovvio che trovarsi nelle condizioni di dover dare comunicazioni tramite un capo ultras del calibro di Genny 'a carogna equivalga a trattare.
Solo ora i giornali sembrano accorgersi che nelle tifoserie organizzate la criminalità ha un ruolo importante, mentre era sufficiente recarsi allo stadio come normali spettatori paganti oppure osservare l’”ordine” con cui i tifosi escono dallo stadio per rendersi conto di quanto sia assolutamente labile il confine fra civiltà e legge della Jungla in mezzo ai cosiddetti “tifosi”.
Al presidente del Senato sarebbe bastato leggere le inchieste degli ultimi anni, le dichiarazioni dei pentiti, o gli atti dell’inchiesta (partita da Napoli e successivamente arrivata a macchia d’olio in tutta Italia, da Palermo a Bergamo) di Giuseppe Narducci e Filippo Beatrice cercò proprio di individuare i punti di contatto tra calcio corrotto e potere dei clan, “stranamente” abortita dopo le sconcertanti dichiarazioni dei pentiti.
Sabato il presidente del Senato Pietro Grasso ha suggellato il senso della serata mediante la consegna di medaglie in una serata dove le istituzioni avrebbero dovuto invece dichiarare il proprio fallimento:  sparatorie, feriti, bombe carta su calciatori e forze dell'ordine, un criminale che provvede a salvare la serata e le istituzioni consegnano medaglie con il commentatore che lo esalta affermando “il capo della ‘tifoseria’ (sic) partenopea autorizza l’inizio dell’incontro”.
In tribuna vi erano il presidente del consiglio, il presidente del senato ed il presidente della federazione Italiana gioco calcio, Giancarlo Abete: “Il vero 'cretino' si trovava ieri allo stadio Olimpico di Roma, indossava una maglietta inneggiante all'assassino di un poliziotto, è stato in passato soggetto a Daspo e addirittura risulta essere figlio di un boss della camorra” ha scritto Gianni Tonelli, segretario generale del sindacato di polizia Sap “Vogliamo vedere adesso la stessa indignazione dei vertici della nostra Amministrazione e del Viminale, vogliamo capire se per le autorità dello Stato i morti sono tutti uguali o se qualcuno è più uguale di un altro”.
Oggi, ovviamente, la politica in toto condanna l’evento, ma ieri erano tutti in tribuna a mostrare le piume: i risultati li abbiamo visti, e ci siamo fatti un idea della competenza del nostro “giovane” gruppo dirigente e sulla fiducia con cui ci dobbiamo affidare alle “istituzioni”.
Sinceramente, nei panni di un ministro degli interni che ha dato prova di simile incapacità, valuteremmo le dimissioni immediate: ma pare che questo ministro ripercorra identicamente lo standard comportamentale del suo ex capo per cui, come sempre in Italia, i vertici non hanno alcuna responsabilità dei fallimenti.
Vero, signor Renzi ?”

Axel


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