Le settimane che viviamo splendono gloriose, in degna continuità col guazzabuglio sanremese-sciovinista che ha dominato le patriottiche scene nei giorni di metà marzo.
Vero è che esiste un'Italia Unita che ovunque s'alza col sole per andare in fabbrica (e ovunque non sa se tornerà a casa o, ben che vada, se verrà licenziata), che indossa una divisa non per manganellare ma per difendere davvero la legge e l'ordine pubblico, un'Italia che cura i malati in ospedale senza lasciare bisturi negli intestini.
Che si spende gratuitamente nel sociale, e sarà retorico ma chisseneimporta. Che parte per Lampedusa in soccorso dei migranti gommonaufraghi. Che si reca all'Aquila, a vedere con i propri occhi i disastri veri del terremoto e della seguente, scellerata ricostruzione, che in nulla corrisponde "alle case con giardino e garage" favoleggiate dalla delirante perorazione andata in onda a Forum su Rete 4. Un'Italia che ogni giorno munge vacche e difende un pezzo di bosco lassù in montagna, dalle malghe venete alle Madonie siciliane.
Ma, forse, questa parte d'Italia non fa abbastanza per dire la propria, non è abbastanza attenta al momento di tracciare un segno sulla scheda elettorale (a proposito, il 12 giugno ci sono ben 4 referendum, andate a votare!).
O, forse, non è abbastanza potente, non ha voce in capitolo. Non conta niente. Dipende dalla prospettiva ottimista o meno dalla quale si vuol guardare all'attivismo sociale, alla funzione compartecipativa del singolo cittadino all'interno della "cosa pubblica".
Fatto sta che l'accensione dell'apparecchio televisivo (o di quello computeristico) assomiglia sempre più alla proiezione della proiezione della propria coscienza su un pianeta distante mila e mila galassie. "Ma che ci faccio qui?", è l'istintiva domanda che ci poniamo in reazione alle facce catodiche e catatoniche rimbalzate dagli schermi digitali. Siamo gli ultimi umani fra alieni che hanno segretamente invaso la Terra e ipnotizzato la razza umana? Lo ipotizzò Stefano Benni per George W. Bush. Varrà anche per i nostri?
Imprimetevi nella mente questa faccia. E non impazzite.
Cosa rispondere al vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche Roberto De Mattei che dal suo pulpito di scienziato (?) per poco non ci convince con la sua idea che lo tsunami giapponese sia stato la "voce terribile ma paterna della bontà di Dio", citando le parole di monsignor Orazio Mazzella, arcivescovo di Rossano Calabro. Lo stesso Roberto De Mattei che, come ricorda Paolo Flores D'Arcais nel numero di gennaio di Micromega, "rifiuta il darwinismo [...] e crede che dinosauri e Homo sapiens convivessero qualche decina di migliaia di anni fa" e che "il Gran Canyon si è formato in un solo anno a causa del diluvio universale e che l'ipotesi scientifica di Darwin non è mai stata dimostrata ed è fasulla e nasce da pregiudizi ideologici anticristiani". Solo in Italia un pensatore (?) di tal fatta potrebbe ricoprire una carica scientifica tanto importante.
Solo in Italia il ministro della distruzione Gelmini sventra coi suoi tagli-magli l'edificio educativo costituito da scuola e università, e poi manda all'aria SEI MILIARDI DI EURO di finanziamenti europei previsti dal piano Pon per i nostri atenei.
[continua...]