“Allora Siddharta aveva passato la notte in casa sua, tra vino e danzatrici, aveva affettato verso i suoi pari una superiorità di cui non era più ben sicuro, aveva bevuto molto vino e a tarda notte aveva cercato il letto, col cuore pieno d’una tal miseria che pensava di non poterla più sopportare, pieno d’un disgusto di cui si sentiva compenetrato come del tiepido, nauseante sapore del vino, della musica dolciastra e brulla, del riso troppo tenero delle danzatrici, del profumo troppo dolce dei loro capelli e dei loro seni. Ma più che di tutto il resto aveva schifo di se stesso, dei propri capelli profumati, del puzzo di vino della propria bocca, della stanchezza flaccida e inamena della propria pelle”.
Herman Hesse, Siddharta.