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Ma la sabbia sa di Marzapane? (terza parte)

Da Villa Telesio

Ma la sabbia sa di Marzapane? (terza parte)

Rosa Ferenczi  accarezzò i suoi peluche timidamente adagiati in un letto di rose e lenzuola profumate,lo sguardo rivolto alla sacca della dialisi. Nel bianco silenzio di una camera infantile monitor e cellule dati gracchiavano innervosendo la “bambina”. Singhiozzando  il vecchio omosessuale si asciugò le lacrime e guardandosi allo specchio strinse forte forte al petto il coniglietto Bunny. La piccola riflessa aveva paura. 

La moltitudine della massa delirante stava percorrendo in una processione deviata interi quartieri del settore Gustav, decisi a superare EnteroPark e forzare gli sbarramenti di frontiera che li dividevano dal Condominio. Teresa ormai non rispondeva più a nessun tipo di stimolo esterno, catatonica veniva trasportata in una sedia a rotelle nuda e obesa come una Madonna di Francis Bacon. Il corteo rivoluzionario e informe era accompagnato dall’odore acre e violento del sudore di uomini di celluloide che continuavano a registrare maniacalmente  i loro stati d’animo nei registratori portatili. Dall’alto della città molti abitanti di Maldonian  assistettero stupefatti alla liturgia psicoerrante. Vecchie madri lasciarono di cucinare i loro gatti sopra la fiamma butanica dei  fornelli per affacciarsi ed assistere allo spettacolo. Una folla disorganizzata e informe si muoveva come un essere fatto di carne impazzita che strisciando nei vicoli della città e nelle arterie principali della viabilità pregava il Dio dell’oblio dell’inconscio. Come musulmani sudati, ossessivi e compulsivi bisbigliavano sottovoce sputando nelle loro bobine, ricurvi si psicoanalizzavano tenendo registrazione degli eventi che si stavano dipanando anche loro malgrado. Alcuni di loro erano vestiti solamente con un paio di Jeans logori e sporchi, il petto nudo era il simbolo della loro fede. Rivoli di sudore scendevano tracciando ferite nella loro schiena, facendosi strada tra acne e peli. Ormai non erano più dei singoli, ma sotto la spinta della figura carismatica e messianica di Teresa stavano finalmente superando la fase Personale per evolversi. Il loro vociare diventava preghiera e cantilena per i Maldoniani. Da un terrazzo un bambino  indicò verso la strada e un padre in canottiera si accese una sigaretta fissando l’attimo. Posò la birra che stava bevendo sul tavolino in plexiglass e si asciugò la fronte madida per il caldo estivo e soffocante tipico della “Città”. Aline e gli altri attori del Teatro instabile Bereshenko erano il fronte principale, urlavano agli altoparlanti frasi senza senso spronando le persone ad attraversare il Macilento come fossero i figli eletti della diaspora ebraica. Le acque contaminate del grande fiume in alcuni punti non erano abbastanza profonde da impedire il passaggio e potevano essere guadate. I numerosi detriti e i cumuli di immondizia industriale però resero la discesa problematica. Un terreno instabile franò sotto gli stivali e le polacchine che calpestando freneticamente la spiaggia smuovevano fustini di detergenti e preservativi. Molti di loro furono visti scivolare, rotolare, bestemmiare e infine sparire nelle acque funeste del Macilento. Ma niente poteva fermare quella folla convinta e sconvolta, sinceramente determinata ad arrivare al IV Settore.

Bogie non partecipò all’esodo, troppo intento nelle sue fissazioni per badare agli isterismi di altri. Mordendosi il labbro inferiore e seduto su uno scatolone stava rimuginando sugli appunti appena presi. Un vecchio  disco di Coltrane suonando bruciava le pareti del teatro e il cuore dell’impresario. L’impermeabile alla “Humphrey Bogart” lasciato disteso sopra una sedia, l’ennesima sigaretta tra le dita.

Trascrizione n.368496 (Registrata  in data (….oggi cazzo, oggi) nel bagno superiore, ore 4:10 AM Errata Co. PM, decodifica numero AUH/368494):La cabina telefonica non accetta i gettoni, funzionerà anche con le semplici monete? Mi sento chiuso tra le sue pareti di plastica-vetro. Puzza d’urina, sono un barbone comunicativo castrato. San Sebastiano ha un nuovo paio di occhiali, dove l’avrà comprati? “La libertà degli uomini ha un prezzo, e il prezzo  è scritto all’inizio di ogni via-Stato, su targhette costituzionali d’ottone… estinzione dei gatti, non dei Funzionari…” a love supreme…un santo può lanciare monetine per gioco e giocarsi la santità? Forse dall’Ungherese, da Tzozius…  Fine registrazione

Bogie era confuso e disorientato..gli mancava qualcosa, non riusciva a districarsi da quel complesso sistema criptato di segnali. All’inizio aveva pensato venissero dal Secondo settore, da quella parte della città dove si era sperimentata l’anarchia totale, il settore Entropokuniano, e che per passare informazioni segrete sotto gli occhi e le orecchie vigili della Dirigenza erano stati costretti ad escogitare quella comunicazione idraulica incomprensbile, sbuffi fognarii criptati. Ma non era così…”Ovviamente non sono pazzo”andava pensando Bogie, è solo questione di capire cosa rappresenta la figura del Santo, lì è la chiave di volta.

Rosa Ferenczi stava pettinando la sua bambola preferita quando fu interrotta dalla pratica da un androide e un uomo. Sussultò quando la porta si aprì.

-Mi scusi signorina, siamo addolorati di disturbarla…

-Mi avete spaventata, anche Ginevra ha avuto paura vero tesoro? La bambola non rispose-dice di si anche lei, che modi che avete..possibile?! che c’è?

-Ha pianto signorina? Disse l’androide di classe Kimber

-No! Rispose innervosito l’omosessuale-bambina dal suo letto a baldacchino.

-Abbiamo dei problemi al Condominio, abbiamo registrato dei pre-sogni in vari punti e….

-un uomo è scappato, proseguì l’androide.

- E di grazia che cosa volete da me, non vi basta di darmi tutte quelle medicine, volete sempre che vi dica cosa fare? Strinse fortissimo al petto il peluche e gli occhi gli brillarono di lacrime. Il suo corpo magro di un uomo sui 40 anni aveva qualcosa di perverso in un pigiamino da bambina.

-Signorina noi…

Rosa Ferenczi fu il risultato massimo della riorganizzazione. Quando ancora era un ragazzino di appena tre anni aveva manifestato i segni inconfondibili dell’omosessualità e poiché era un orfano venne riassorbito dal Sistema. Si era giunti alla conclusione che una personalità sdoppiata, come era quella di un omosessuale ancora non autocosciente di sé apriva una falla, un varco dove era possibile lavorare. Le sue percezioni furono potenziate grazie all’ausilio di farmaci a discapito della sua crescita psicoemotiva. Un team di psicologi e medici lavorarono giorno e notte per elaborare i dati sociali che venivano dai vari settori di Maldonian, ognuno con le sue peculiarità e indottrinare la giovane mente con continue sessione estenuanti di filmati e messaggi subliminali. La mente di Rosa non era più quella di un piccolo omosessuale ma rispondeva alle logiche di schemi sociali e non più individuali. Rosa Ferenzci era la coscienza collettiva della Città. C’è da dire che all’inizio si provò ad inserire i dati in un supercalcolatore chiamato B.L.U.M.E.N, ma ci si rese subito conto che solo un uomo ha la sensibilità per elaborare quel tipo di dati. Quando il calcolatore fu smontato la stanza della macchina fu trasformata in una cameretta d’infanzia, anche se ancora oggi ci si riferisce ad essa come alla”Macchina”.

Un uomo si nasconde tra le panchine del parco. Porta con se un diario nero, con molta probabilità una moleskina di medio formato, ansima per la corsa e la fuga. Giulio Gheel sta rischiando la vita. Giulio Gheel è un fuggiasco. Si guarda attorno, le mani gli tremano. Le mani sono nerborute e giovani, ha le unghie nere e sporche, si sente lo stomaco in subbuglio. Non è un rivoluzionario, non è mai stato un uomo d’azione. Poco lontano dal suo nascondiglio le gabbie vuote dell’ EnteroZoo gli bisbigliano di cigolii metallici. Tutta quella desolazione lo atterisce. Non è molto lontano dall’Interzona dei settori. Le gambe non riescono a muoversi, deve pensare in fretta e soprattutto per una volta deve decidere la cosa giusta da fare.

La carrozzella venne rialzata e il corpo di Teresa ritirato su a forza, il suo corpo sfiatò di flautolenze organiche. Gli occhi chiusi e macchie d’urina nel sedile in pelle della sedia a rotelle.Uomini e donne che si aiutavano a risalire la spiaggia del Macilento.Gli attori che urlavano insulti e sproloquiavano. Ad un tratto Teresa riprese coscienza.  Aline la fissò per un attimo, le avvicinò le labbra ad un orecchio e le chiese: la sabbia sa di Marzapane Teresa? Eh Teresa, di cosa sa la sabbia? La donna ruotò solamente gli occhi, il corpo completamente  immobile sulla sedia a rotelle… aprì la bocca e parlò:

-Mazel tov

-come Teresa? Cosa hai detto? Ripeti perfavore…

-Mazel tov disse con un filo di voce

Aline guardò gli altri, nessuno sapeva che quella donna enorme parlasse ebraico, ne tantomeno che Mazel tov significasse “buona fortuna”.

continua


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