Che fatica immane!
Leggere questo libro di poco più di 200 pagine è stata una di quelle fatiche pazzesche, che se dovessi rifarla, anche no, grazie.
Il romanzo simbolo di un America del dopoguerra. E meno male che è un simbolo. Fosse stato tutto un quadro c’era da uscirne scemi.
Sono passati cinquant’anni da quando è stato scritto, ma continuiamo a vederlo, Holden Caufield, con quell’aria scocciata, insofferente alle ipocrisie e al conformismo, lui e la sua “infanzia schifa” e le “cose da matti che gli sono capitate sotto Natale”, dal giorno in cui lasciò l’Istituto Pencey con una bocciatura in tasca e nessuna voglia di farlo sapere ai suoi. La trama è tutta qui, narrata da quella voce spiccia e senza fronzoli. Ma sono i suoi pensieri, il suo umore rabbioso, ad andare in scena. Perché è arrabbiato Holden? Poiché non lo si sa con precisione, ciascuno vi ha letto la propria rabbia, ha assunto il protagonista a “exemplum vitae”, e ciò ne ha decretato l’immenso successo che dura tuttora. È fuor di dubbio, infatti, che Salinger abbia sconvolto il corso della letteratura contemporanea influenzando l’immaginario collettivo e stilistico del Novecento, diventando un autore imprescindibile per la comprensione del nostro tempo. Holden come lo conosciamo noi non potrebbe scrollarsi di dosso i suoi “e tutto quanto”, “e compagnia bella”, “e quel che segue” per tradurre sempre e soltanto l’espressione “and all”. Né chi lo ha letto potrebbe pensarlo denudato del suo slang fatto di “una cosa da lasciarti secco” o “la vecchia Phoebe”.
Holden è un ragazzetto viziato, un bulletto che cerca il suo posto nel mondo. Ma chi non cerca il suo posto nel mondo? Succede a 15 anni, a 17, a 30, a 40. Credo che succeda un po’ a tutte le età.
Holden si porta dietro un lutto, quello per il fratello, che lo rende “apatico” nei confronti della realtà, e di quello che lo circonda.
Holden si porta dietro un amore smisurato per la sorella Phoebe, e un’ammirazione e un odio per il fratello D.M., che se n’è andato a Hollywood a scrivere film e sceneggiature, invece che libri e racconti.
Holden dovrebbe essere il simbolo di una generazione, o il simbolo di un po’ tutti.
Per me Holden è stato un personaggio da odiare, con i suoi “vattelapesca” “eccetera, eccetera” “e via discorrendo” e chi più ne ha più ne metta.
No, non mi ci sono immedesimata nelle sue miserie e nelle sue tristezze. No, non mi ha fatto pena. Nonostante il finale, nonostante la sua tristezza e la sua angoscia siano a volte anche le mie.
No, non mi è sembrato un bel romanzo.
E forse sono fuori dal coro, ma a me Holden sta abbastanza antipatico da non voler ripetere l’esperimento.
Due stelle e mezzo. Ma solo perché sono buona.