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Ma me lo fa un caffè?

Creato il 05 luglio 2013 da Davideciaccia @FailCaffe

La confidenza dell’estraneità, il naturale bisogno di mutuo soccorso fecero sì che il racconto di sè conquistasse il tempo con dolcezza, mentre l’incontro, le chiacchiere allenavano alla somiglianza, un modo intenso e innocuo di ritrovarsi. 

Failcaffè dà il benvenuto ad un nuovo autore che nel corso delle prossime settimane avrete modo di conoscere meglio, nel frattempo ecco il suo primo caffè.

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di umanedivagazioni

“Fa caldo oggi, il sole picchia duro e non soffia niente”. Non faceva che ripeterlo ai pochi che incontrava, nella convinzione di poter condividere sorte e sudore. Era passata l’ora di pranzo e il paesino sembrava deserto. In piena estate qui, poco ma troppo lontano dal mare, la gente non sta; e come dargli torto, data la calura.

Gino camminava, amava vagare. Era un cercatore di incroci umani, un attempato scopritore di meraviglia, un ammiratore di piazze e panchine e si ritrovava ora in queste viuzze senza nè pace nè ombra. Nulla lo turbava più di tanto: procedeva tranquillo, forte della sua usuale curiosità di ascoltarsi attorno.

Dietro a una serranda di un bar aggrinzita di ruggine e alzata a metà, barbuto e seduto su una sedia in legno e canapa a godersi il lavoro dei due ventilatori di fianco, Pietro coglieva al meglio ciò che chiamano la Controra, momento della giornata lavorativa estiva in cui il riposo è condizione d’obbligo e attesa.
Gino si era fermato proprio lì davanti attratto da questo proemio all’azione, che quasi non voleva disturbare. “Che fai, entri o resti là?”, gli disse Pietro, con un tono d’invito per niente irritato. Gino entrò, con un mezzo sorriso un po’ scimunito dal caldo, e si sedette subito sulla sedia di fronte a lui come se fosse a casa sua.

“Ma me lo fa un caffè?”

“Certo, subito. Sa invece a me cosa piacerebbe?”

“E no, la trovo già abbastanza bene.”

“Mi piacerebbe ascoltare una storia, una che forse lei può raccontare.”

“E quale sarebbe?”

“La storia della sua vita, cominciando da dove vuole. E non si preoccupi se è lunga, non ho niente da fare.”

La confidenza dell’estraneità, il naturale bisogno di mutuo soccorso fecero sì che il racconto di sè conquistasse il tempo con dolcezza, mentre l’incontro, le chiacchiere allenavano alla somiglianza, un modo intenso e innocuo di ritrovarsi.

A sera, quando i passi ripartivano sulla via del ritorno, tirava vento di Maestrale, quel vento che ti rapisce l’animo e “rende luminosi e netti i pensieri e le cose”: spolverava bellezza e luce, offrendo un tramonto limpido e pulito.

“Non mi ha fatto il caffè.”

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