Quando si termina un racconto se ne comincia un altro. Sì, però…
Non è un processo automatico come si potrebbe pensare. Certo, i materiali sono quelli: le parole. La parola.
In tanti pensano che ci sia un segreto. Una volta individuato, è fatta, scrivere sarà sempre in discesa.
Per scrivere non c’è nessun segreto, per questa ragione i grandi autori hanno i loro alti e bassi. Se ci fosse, sarebbero sempre “alti”, non è vero? E spesso, anche all’interno di un’opera, ci sono parti che non funzionano. Un dialogo sbagliato, un capitolo superfluo. Che razza di segreto è, se non ti mette al riparo dagli scivoloni?
Benché si scriva più o meno di certi argomenti, e si ambientino le storie quasi sempre in un determinato luogo (non geografico o fisico che dir si voglia: la San Pietroburgo di Dostoevskij esiste, e non esiste); e la materia prima sia sempre quella (la parola), ogni storia è diversa. Non potrebbe essere diversamente.
È quasi un ricominciare a scrivere, un imparare qualcosa su di sé, e sulla vita, che non si conosceva abbastanza. Oppure si ignorava completamente. Il resto fa parte della mitologia, come quando si crede che l’autore sia “fantastico”, sappia tutto, e allora lo si interroga su ogni aspetto dello scibile umano. Con risultati spesso modesti.
L’unico segreto del mestiere di scrivere è tenere a portata di mano il dizionario. E basta.