Noi pubblico caprone, noi gregge che altro non aspetta che essere condotto, guardavamo per nostra congenita grossolanità alle vittorie di Giuliano Pisapia a Milano e di Luggiudice De Magistris a Napoli. Distratti. O ciechi. Politicamente analfabeti. Invece c’era qualcuno che guardava a Macerata. Anzi, al “modello Macerata”. Lucido. Lungimirante. Raffinato.
Che è successo nelle Marche? Ha vinto il vicepresidente della passata giunta di centrodestra, ma stavolta era il candidato del centrosinistra, scelto fra le fila dell’Udc e senza primarie, tagliando fuori dall’alleanza i partiti di sinistra. Però, chi può negarlo, è stato importante riprendersi Macerata. Con la benedizione di Pierferdinando Casini ma soprattutto di Massimo D’Alema.
Non fatevi fuorviare dalle cataste di sconfitte che hanno accompagnato la biografia politica di D’Alema. Non opponete rozzi ideologismi alla sua proposta di alleanza fra il Pd e il Terzo Polo (composto da: marito di Barbara Palombelli; ex delfini di Arnaldo Forlani e Giorgio Almirante; ex delfino di Calogero Mannino nonché governatore della Sicilia). Non disturbate lo scacchista che sacrifica pedoni e alfieri a sinistra mentre consegna re e regina al centro. Destra.