19 maggio 2014 • Speciale Film, Vetrina Cinema
Ogni festa che si rispetti deve essere abbandonata nel momento migliore, quando gli ospiti sono all’apice del divertimento e lo champagne sgorga a fiumi. Così ha fatto Carine Roitfeld, quando nel gennaio 2011 ha lasciato la direzione di Vogue Paris, proprio nel momento di massimo successo, quando la testata francese era diventata la bibbia internazionale della moda contemporanea. Il motivo? Forse perchè abbandonare il successo quando è al suo picco massimo, farà rimpiangere in eterno il suo ricordo in Condè Nast.
O forse per aver pubblicato un servizio fotografico con bambine in pose provocanti, truccate come modelle, scatenando polemiche, rotture e rischiando la poltrona di Vogue. O forse per iniziare a brillare di luce propria, come donna e professionista, rimettendosi in discussione, ma restando pur sempre fedele al ruolo di fautrice della sovversione. Sbandierando senza riserve un concetto di moda come emblema di libertà, lontano dai clichè di perbenismo e prudenza.
Con Mademoiselle C, Fabien Constant porta sugli schermi il genio creativo di Carine Roitfeld raccontando il percorso che ruota intorno alla sua più grande sfida, la quintessenza della rivista di moda, la più chic, la più sorprendente, la più glamour, la più innovativa e che, naturalmente, porta il suo nome, considerata da tutti l’anti-Vogue. CR ospita tra gli altri, i lavori di Bruce Weber, Karl Lagerfeld e giovani artisti emergenti, è un libro di moda, uno strumento in cui l’equilibrio tra arte, fantasia e glamour è sopraffino, un progetto in cui sperimentare è dare sfogo alla libera immaginazione. Racconta storie, in un modo in cui la moda si anima, fino a schizzare fuori dalle pagine patinate del suo magazine semestrale. Le telecamere, in Mademoiselle C, seguono la nascita di CR dalla prima riunione editoriale fino alla stravagante festa di lancio a New York.
Mademoiselle C – Carine Roifteld
Ma chi è Mademoiselle C?
Lei è Carine, e non serve aggiungere altro. Un faro per coloro che amano lo stile. Famosa per la sua falcata su tacco 12. Definita la signora del porno – chic per i suoi servizi moda che non lasciavano molto spazio all’immaginazione. La sua gavetta è controcorrente, lei non è stata l’assistente di nessuno. Forse sarebbe stato difficile domare il suo spirito, audace e avanguardista. All’età di 18 anni inizia a lavorare come modella, poi diventa redattrice per Elle Francia. Approda a Vogue, come Redactrice en chef, nel 2001 e per i successivi 10 anni racconterà storie memorabili con protagonisti d’eccezione. Non solo. Diventa poi direttrice moda di tutte le edizioni di Harper’s Bazar. Modella, l’ha voluta Riccardo Tisci per una recente campagna Givenchy. Creatrice di una linea di make up per Mac Cosmetics. Ora anche direttrice artistica di un video intitolato “Vision Accomplished” per il lancio della S-class di Mercedes – Benz, in cui la top cinese Sui He interpreta il corto vestita di cappa nera, disegnata dalla stessa Roitfeld (altro debutto).
Una personalità irriverente, alla ricerca dell’immagine estrema. Dirompente a partire dalla sua vita privata. In un mondo in cui i matrimoni durano il tempo stesso di pronunciarne la parola, Carine ha lo stesso compagno da 30 anni (Christian Restoin, fondatore del Brand Equipment) con cui non si è mai sposata, ma padre di tutti i suoi figli. Il paragone il docu-film “The September Issue”, dedicato alla sua rivale, Anna Wintour, è immediato. Il suo alter ego ha lo stesso carisma, ma declinato in un modo infinitamente diverso. Tanto phonata al millimetro la Wintour quanto spettinata la Roitfeld. Tanto essenziale e chic la newyorkese Anna, quanto bohemienne e parigina nel dna Carine. Tanto impenetrabile l’anima de “Il Diavolo veste Prada”, nascosta costantemente dietro i suoi grandi occhiali scuri, quanto intensa nel suo perenne sguardo smokey la regina dello stiletto. Anna sempre sola, come fanno i davvero potenti. Carinne, fotografata spesso attorniata dalla prole.
Matrice comune dei due film, la cerimonia degli stilisti che rendono omaggio alla loro musa. Nel caso della Roitfeld, Riccardo Tisci la descrive come una personalità “così neoclassica e allo stesso tempo punk”, mentre Tom Ford la definisce la sua donna ideale. Poi Diane von Furstenberg, Jean Paul Gautier ed un esercito di super star tracciano il loro ricordo, come Marion Cotillard, James Franco, Kirsten Dunst, Linda Evangelista, Liv Tyler, Heidi Klum, Beyoncé Knowles, Sophia Loren, Donatella Versace, Giorgio Armani.
Ma c’è una sequenza in particolare che conferisce una sfumatura emotiva alla pellicola, oltre la lode e la reverenza scontata degli adepti, quella in cui Karl Lagerfeld spinge la carrozzina della neonata nipotina di Carine. Indimenticabile, l’immagine di questa improbabile versione in bianco e nero Chanel che merita da solo ogni celebrazione di Mademoiselle C. Le riprese sconfinano spesso nella vita privata, in una scena appare sua figlia Julia, incinta, avvalorando il sapore umano della pellicola che si sintetizza in una massima della protagonista “Io penso che si possa sempre superare se stessi e penso di avere quel tipo di energia per trovare qualcosa che sarà un’immagine iconica”. Diretto da Fabien Constant, già produttore del lungometraggio “Marc Jacobs & Louis Vuitton”, questo lavoro non è solo un film, ma uno spaccato di vita vissuta di Carine, che durante i nove mesi delle riprese è diventata nonna, un’ulteriore esperienza che è andata ad arricchire il plot del documentario, incentrato proprio sul tema della nascita/rinascita.
Pettegolezzo: Si dice che Vladimir Restoin Roitfeld, figlio ventinovenne di Mademoiselle C sia la nuova fiamma di Goga Ashkenazi, l’ereditiera di origini kazake, meglio conosciuta come Lady Goga, che qualche tempo fa aveva rubato il cuore di Lapo Elkan, finendo sulle prime pagine della stampa made in Italy (e non solo).
di Valeria Ventrella per Oggialcinema.net
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