Qualcuno ha detto che il potere assoluto corrompe assolutamente.Bè, quel tizio non si sbagliava, perché potere e corruzione a braccetto peggio di Gianni e Pinotto. Fu così che Amos Dogliotti c'impiegò poco ad entrare nel giro giusto. A capire che soldi e politica sono culo e camicia. Specie quando si tratta di cemento, mattoni, calcestruzzo e affini. In Italia nessuno costruisce niente senza permesso. Almeno, non nel nord del paese. E, gira e rigira, quel permesso lo deve firmare qualcuno che siede dietro una scrivania pubblica, e ha in tasca una maledetta tessera d'un maledetto partito.Questione semplice, trasparente.Amos capì subito – molto prima di parecchi concorrenti – che le gare d'appalto non si vincono con la fortuna, i sorrisi, il sudore della fronte e le belle speranze. Serve contante. Da far scivolare nelle saccocce appropriate.Amos si premurò di scrutare l'orizzonte in cerca d'un approdo felice, come avevan fatto per tanti secoli i suoi antenati, e vide – ancora una volta, prima di tanti altri – che la sua America si chiamava Tito Cobra e il suo personale Eldorado Partito Socialista Italiano.Cobra e il Genovese si intesero a meraviglia, parecchio tempo prima che Cobra diventasse presidente del Consiglio. Fecero i loro affari e pian piano i soldi del Dogliotti cominciarono a transitare in direzione della capitale, mentre Milano veniva ricoperta dal suo cemento.
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Amos Dogliotti sa che è ora di allargare il giro d'affari, puntare la prora verso l'isola, navigare verso lidi più succosi. E più impervi, certo.Adesso va avanti l'emissario dell'azionista più potente su piazza, dopo lo Stato italiano: Salvo Riccadonna, detto Dracula non parla per sé, parla per Cosa Nostra. E cosa Nostra è l'Italia, signor Dogliotti, prendere o lasciare.Da queste parti gli affari si fanno in un certo modo.Un bicchiere di quella deliziosa acqua gassata e Dracula va dritto al punto, che tempo per i convenevoli non ce n'è: «Vede, dottore, qui in Sicilia, lo saprà, lavorano solo le aziende messe a posto. Capisce cosa voglio dire?»Dogliotti, morbido come neve fresca: «Se non fossi in grado di comprendere, credo che non avrei nemmeno il diritto di stare seduto dove sto, dico bene signor Riccadonna?»Salvo alza un sopracciglio: «E dice bene sì, dottore. Meno male che ci intendiamo, Poi dicono che su al nord ci stanno solo teste di minchia buone a niente ..»[..]
Salvo vuole essere onesto. Quanto un uomo nella sua posizione possa permettersi di essere onesto, si capisce: «Ora, questo guadagno extra, per noi e per voi, non può rimanersene a frollare qua in Sicilia, credo che lei comprenda, dottore. Lo sa anche lei che far girare le sementi aiuta il raccolto, no? Ebbene, dottor Dogliotti, l'organizzazione che io rappresento è perfettamente informata che lei già da tempo reinveste parte degli utili in .. vogliamo dire politica?»Dogliotti abbozza un sorrisino: «Diciamolo pure, signor Riccadonna. Non è mica una brutta parola ...»Salvo schiocca la lingua sul palato: «Oddio, ce ne stanno di cchiù bedde, ma non stiamo a montare una questione pé nenti. E, grazie a questo investimento, lei e la sua azienda vi assicurate una fetta di appalti pubblici , non è così? La fetta più gustosa, direi ..»Amos Dogliotti non dice né sì, né no. Ma i suoi occhi non sanno mentire.
Salvo prosegue per la sua strada: «Ebbene, ipotizziamo che nuantri spediamo una parte del profitto a Roma: lei dottore, è in grado di garantire – per sé e per gli amici nostri – una bella fetta di torta pubblica pure qua in Sicilia? Ci pensi bene prima di rispondere, dottore. Da queste parti una parola è poco e due sono troppo, lo sa come si dice, no?»Dogliotti sbatté le palpebre una volta sola. Poi si alza, va incontro a Salvo e gli stringe la mano: «A Roma, signor Riccadonna, aspettano i vostri soldi.»Salvo stringe forte la mano del Genovese e lo guarda dritto negli occhi: «Affare fatto, dottò»pagina 276-279
Un altro passaggio del libro "Segua i soldi, signor giudice!"
La scheda sul sito di Marsilio
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