Magazine Cinema

Magic in the moonlight, la recensione fra magia e disincanto

Creato il 05 dicembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Tra magia e disincanto al chiaro di luna

Una cosa si deve riconoscere a Woody Allen, è in grado di far assaporare al proprio pubblico l’atmosfera di un tempo passato. Bar in cui la luce è filtrata dal fumo di sigarette e la “hot music” viene suonata, ville al cui esterno vengono organizzati elegantissimi balli a base di smoking e champagne. Magic in the moonlight è anche questo, ritrae la fine degli anni ’20 cercando di donare il gusto elegante che era proprio di quel contesto, per intenderci la vicenda si svolge per gran parte nella villa in Costa Azzurra di una famiglia di miliardari. In bilico tra lustrini e champagne, Magic in the moonlight sembra essere la faccia opposta de La rosa purpurea del Cairo, in cui la speranza per una vita migliore veniva a contatto con la magia di una sala cinematografica. Qui i protagonisti hanno poco da desiderare una vita migliore, del resto ci troviamo di fronte alla bella società snob e borghese, ma alla fin fine ad essere ricercata, seppur con un sostrato di diffidenza, è più sempre una prova di magia.

Ma per un misantropo razionalista come Howard Burkan (Colin Firth), meglio conosciuto in tutto il mondo come il grande illusionista Wei Ling Soo, davvero la magia può esistere? Lui che è il più capace nello smascherare i trucchi di colleghi e mistificatori, può davvero credere che la graziosa Sophie Baker (Emma Stone) sia la formidabile sensitiva che tutti affermano? Quanto lo scorbutico Howard può avvicinarsi con diffidenza al fascino ingenuo della ragazza e non rimanerne invischiato, lui che è un uomo che guarda alla sostanza del proprio fidanzamento (razionalmente) perfetto? E, allo stesso modo, la giovane Sophie saprà mantenere le distanze da quell’uomo con un aplomb tanto discreto quanto indifferente alla sua arte?

Magic-in-the-Moonlight-_15

Durante la visione di Magic in the moonlight è quasi impossibile non porsi queste domande, ed è proprio questo il piacere di un racconto che scivola via con la stessa leggerezza con cui è stato realizzato. Woody Allen conferma la l’esilità del suo ultimo cinema, Blue Jasmine a parte, tornando all’atmosfera di magico romanticismo già visto in Scoop. Se la scrittura dei dialoghi, intrisi della solita ironia, si conferma prepotentemente essere uno dei punti di forza, lo stesso lo si può dire della coppia protagonista caratterizzata dall’elegante compostezza di Colin Firth e l’ingenua bellezza di Emma Stone, Magic in the moonlight mostra al contrario una certa svogliatezza registica. Che Allen non sia un regista con particolare attenzione alla messa in scena già lo si sapeva, ma in questo caso si affida troppo al solo script. Ma in fondo poco male se comunque il regista newyorkese è in grado di calarci così dolcemente in un altro tempo, e questo più che grandi costruzioni registiche è sintomo invece di un affetto sincero.

Tra disincanto e magia Woody Allen rimane sempre sul filo del rasoio, non esclude nulla perché in fondo più le sicurezze si solidificano e più di questo mondo ne sappiamo sempre di meno. Che sia conversare con uno spirito o la possibilità d’innamorarsi inaspettatamente. Del resto parliamo sempre di forze più grandi di noi.

di Massimo Padoin per Oggialcinema.net


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :