La Fiat di Marchionne, con l’avallo di CISL e UIL e grazie alla sempre pronta propensione a danneggiare le classi più deboli che ha contraddistinto quasi un ventennio di berlusconismo in Italia, ha violato la costituzione e ogni regola di buon senso con gli accordi di Pomigliano tramite i quali ha di fatto dato il via ad una nuova tremenda stagione di soprusi sui lavoratori. La contropartita era quella pomposa presa per i fondelli chiamata “Fabbrica Italia”.
Oggi quel maglioncino ripieno di materia organica che funge da amministratore delegato della FIAT ci informa senza batter ciglio e senza accenni di pudore che i patti non saranno rispettati. Ora ci si aspetterebbe che lo Stato italiano adisca le vie legali contro la FIAT per la rottura degli accordi e per i danni enormi che ne conseguiranno. Sarebbe l’occasione d’oro per farsi ripagare cinquant’anni di sovvenzioni pubbliche che hanno tenuto in piedi la casa (ex) torinese più dei colpi di genio di MaglionneMarchionne.
Non lo farà perché i correi sarebbero troppo numerosi e potenti, partendo da quella faccia di bronzo di Bonanni che ancora coraggiosamente parla in pubblico e finendo con quella faccia di materia autocensurabile che risponde al nome di Silvio Berlusconi che fa affidamento, ancora una volta, sulla memoria corta degli Italiani. E probabilmente ha ragione lui.
Luca Craia