Magazine Diario personale

Mai prendere una donna alla leggera

Da Kisciotte @Kisciotte_Dixit
Attraverso la piazzola, seguo il camminamento che taglia l’aiuola e sterzo decisamente a destra giù per la rampa di scale, ai piedi delle quali una controsterzata a sinistra mi immette sul lungo rettilineo sotterraneo che porta ai tornelli. Appoggio il portafogli sopra il lettore magnetico e l’abbonamento annuale mi dà disco verde per l’accesso; procedo lungo per la scalinata distante che mi immette sulla panchina del metrò in un punto più vicino alla carrozza di testa. Arriva il metrò, o la metropolitana, o la metrò; arriva sempre come un lombricone, mi inghiotte insieme alle altre formichine e altri tristi insetti di città e mi porta a casa dal lavoro.
Un giorno non è andata esattamente così.
Alla fine del lungo camminamento d’immissione al tornello, esito un percettibile istante guardando in tralice, accedo al tornello e invece di puntare diritto alla solita scala, curvo decisamente ma anche nonchalancemente verso la scala più vicina subito a destra.
La mia allenata vista periferica aveva segnalato una figonza nordica vicino alle scale. La coda dell’occhio riferiva di una bella donna snella, capelli lunghi biondi, direi tendente alla mezza età, vestita in jeans e naturalezza, una di quelle bellezze eleganti e non sfacciate. Non poteva passare inosservata in un momento di poco afflusso.
Disinvolton disinvoltoni, gatton gattoni, mi appresto a lambire il pianeta Skandinavia a mo’ di cometa guardona, perché comunque la bellezza è bellezza e va rimirata anche nel colore dell’iride.
Sto per sfiorarne l’orbita per poi proseguire rassegnato verso lo spazio buio, che lei alza lo sguardo, si illumina in volto, mi sorride, e con tutta la semplicità del Creato dalle sue labbra sgorgano queste parole:“Ah ecco, stavo aspettando proprio un uomo!”
8-|   (faccina basita; nei cartoni animati cadrebbe a terra la mascella)
Wow, ha anche una bella voce!
Sorrido un poco perplesso, mentre con la mano in tasca cerco di afferrarmi una palla per strizzarla forte e capire se sto sognando.
Mentre cerco di seviziarmi da solo, mentre mi domando se sia il caso di rimettere il discussione tutto un archivio di comprovata documentazione di sfiga esistenziale, mentre penso che nome dare al nostro primogenito (io preferirei una femminuccia), lei aggiunge:“Mi servirebbe una mano per portare giù la carrozzina!”
“Ah ok!” rispondo io visibilmente sollevato. Ora la mia esistenza torna a scorrere normalmente nel fiume della disgrazia e io non sto per morire.
Talmente rapito dalla fregola della femmina, non mi ero accorto che al suo fianco c’era pure un passeggino.
E allora mi metto il borsello a tracolla, afferro la carrozzina, do indicazioni a lei su come coordinarci per scendere in parallelo per evitare di sballottare il pupo (cerco di essere preciso ma non troppo, non vorrei trapelasse che questa non è la prima volta che vengo incastrato a portare giù carrozzine).Iniziamo la discesa e osservo che trattasi di magnifica pupa in tutù rosa, con occhioni stupendi e ciucciotto a forma di cuoricino. E ciuccia beata e tranquilla.
Temendo che la ormai mia ex avesse letto le mie intenzioni più canoviane che babysitteriali, mi dimostro particolarmente zelante ed entusiasta, per farle credere che io nella vita mi sento veramente realizzato soltanto quando porto passeggini giù per le scale.
La vita è veramente tornata alla normalità! Ne ho la certezza quando aggiungo il mio immancabile marchio di sputtanamento al tutto.Sul finire della discesa, per dire qualcosa di intelligente e spiritoso, fissando il faccino burroso della piccoletta, me ne esco con un brillante: “La sta educando fin da piccola a farsi servire dagli uomini!”
Nel millesimo di istante successivo, mentre appoggio la carrozzina sul pavimento, mi viene il sospetto di aver dato un poco della mignotta opportunista a lei e della futura troietta alla figlia.
Beh fatto sta che appena la carrozzina torna nelle mani della mamma, io fuggo spedito verso l’estremità opposta della panchina del metrò, e vado a rintanarmi sotto l’orologio in attesa della carrozza di testa.
Morale della storia: anche se vedo Venere in persona, da oggi io tiro diritto per la mia solita rampa di scale e ficco la faccia dentro il mio romanzo.
K.
Post scriptumPer completezza di cronaca, in metrò mi attacco in piedi e appena la porta si chiude alle mie spalle tiro un sospiro di sollievo. Mentre mi riprendo, vedo che sedute davanti a me ci sono due ragazze, tipo fotomodelle russe, ma acqua e sapone. Una a un certo punto, nell’intermezzo della conversazione, alza uno sguardo dolce, uno di quegli sguardi con pupille da husky che ti fanno capire che i fiori non sbocciano solo sul letame ma anche sul ghiaccio.
Beh, scemo una volta si, ma coglione del tutto no.Ho ricambiato lo sguardo di circostanza.E appena ha ripreso a parlare con la sua amica, mi sono defilato lontano, dove ho visto liberarsi un posto a sedere, pronto a saltare giù alla prima fermata qualora le due sovietiche avessero provato ad attaccare bottone.Sai mai che poi scendono alla mia fermata e mi fanno portare fino in superficie un paio di trolley, apparsi dal nulla, come il passeggino.

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