I riflettori sono finiti o per lo meno si sono abbassate le luci sul set di Felice Maniero. Non sono più i giorni della fiction e dei documentari, dove alcuni dei sodali della Mala del Brenta han fatto capolino nelle riprese di History Channel raccontando la loro storia.
Da oggi la ricreazione è finita e si torna alla realtà. E la realtà per molti della Mala è il cammino verso le sbarre.
E’ il caso di Giovanni Paggiarin detto Paja, un componente di spicco dei mestrini, una batteria dell’entroterra. Anche Gilberto Sorgato, detto Caruso tornerà in galera. Lui che nella Mala c’è stato sin dall’inizio e sempre lui è stato uno dei protagonisti del documentario andato in onda su Sky, ma lo era già stato anche sul programma di Lucarelli.
Non è solo la parte dei “civili” della Mala, che torna dietro le sbarre, c’è anche la parte in “divisa” collusa con Maniero che, probabilmente, vedrà il cielo a scacchi: il maresciallo dei carabinieri Angelo Paron e il poliziotto Antonio Papa, secondo l’accusa entrambi a libro paga del boss della Riviera.
E’ la Corte di Cassazione che ha confermato e reso definitive, per tutti, le sentenze della corte di Appello in aula bunker a Mestre del 2010.
E così si mette la parola fine al processo Rialto, che vedeva a giudizio alcuni tra i maggiori esponenti della Mala del Brenta. Tranne colui che realmente doveva esserci, ma questa è una storia diversa.
Ma non è andata male neanche a chi è stato condannato in Appello, rispetto al primo grado. Come ad alcuni della prima linea come Paolo Pattarello, primo grado a 28 anni e poi a 19 anni in secondo ; Silvano Maritan considerato il boss di San Donà a 17 anni; Gilberto Boatto detto Lolli, il capo dei mestrini che di anni ne ha racimolati 16; Caruso, alias Gilberto Sorgato, dopo aver assaporato la libertà in attesa della Cassazione ora dovrà scontare 11 anni e 7 mesi. Così come Giovanni Paggiarin condannato a 14 anni e 9 mesi.
La situazione è lievemente diversa per chi, delle forze dell’ordine, era al servizio di Maniero. Infatti il poliziotto Antonio Papa è stato assolto con formula piena in Appello e il maresciallo Angelo Paron è stato condannato a 7 anni.
Ma la Cassazione non ha confermato, anzi, ha accolto il ricorso del giudice Francesco Saverio Pavone, il giudice che tecnicamente ha sgominato la Mala del Brenta perché in realtà il lavoro grosso l’ha fatto la delazione di Maniero.
In ogni caso, per i due è stato richiesto che sia rifatto il processo, ma solo per concorso esterno in associazione mafiosa. Lo stesso Maniero ha detto di Paron: «Paron Angelo non so dire se era un sodale... lo stipendiavo - ha raccontato Felice Maniero - Ci dava le informazioni... Abbiamo acquistato da lui dello stupefacente ed anche glielo abbiamo venduto; queste sono le cose che ha fatto... avevo la massima fiducia in lui. Uguale Papa... faceva le stesse cose».
Dovrebbe così concludersi l’ultima parte di una storia processuale che dura da 15 anni e che ha visto sul banco degli imputati oltre 500 persone, a volte completamente innocenti, ma messe alla sbarra non dai fatti ma dalle parole al vento di Felicetto.
Passa il tempo ma sembra, per alcuni versi , che le cose siano rimaste ferme a metà anni 90. Pare infatti che il “famoso” gruppo dei mestrini continui imperterrito a controllare il turismo organizzato al Tronchetto tramite gli intromettitori e i motoscafisti.
Non era una semplice batteria quella dell’entroterra veneziana, era molto più inserita di quanto non si sia capito all’inizio. I giudici infatti scrivono « non costituiva solo il principale acquirente di sostanze stupefacenti, ma aveva stabilito con Maniero una comunanza di progetti, condividendo il programma dell’associazione per delinquere e, di conseguenza, il tentativo di controllo del territorio, da ottenere anche con violenza e omicidi.».
Ma la storia non si perpetuerà, la Mala del Brenta è nella storia e nella storia continuerà a rimanere.
Solo una persona può riaprire questo libro e scrivere altre pagine. Ma la speranza che lo faccia è sempre più remota. Chi nasce quadrato non può morire tondo.
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