Peggio del 2 di novembre. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio si dimette e accusa la stampa di “attacco mediatico”. Sembra di essere tornati ai tempi di Silvio, ma lo abbiamo sempre detto che per cancellare il berlusconismo dalla storia patria occorreranno i prossimi venti anni. Prendiamo atto che il sottosegretario è di una pasta diversa dai tanti che lo hanno preceduto nelle stanze dei bottoni e che lui, almeno, la faccia di dimettersi l’ha avuta. Ma ci dovrà comunque spiegare “Carlo, quello che il cognome inizia per ‘M’”, come si fa a lasciare un albergo di lusso senza pagare il conto e soprattutto se, una persona normodotata, quando gli viene detto che il conto è stato saldato non si chiede chi lo abbia fatto al suo posto e perché. Forse lo spirito santo in vena di filantropia? Il triste Malinconico era chiacchierato da un po’ di tempo, diciamo due anni. La storia del conto pagato da Balducci, Piscicelli & Co., girava sui giornali già da prima che Monti lo nominasse sottosegretario. La persona normodotata di cui sopra l’avrebbe chiarita o, se proprio la versione era che non gli avevano permesso di pagare il conto, poteva fare a meno di accettare l’incarico. Giustamente il Professore si è “irritato” ma ha accettato le dimissioni e ha tirato avanti. Nel caso di Malinconico non c’è nessun rilievo penale né civile da muovere, non deve indagare la magistratura né l’Agenzia delle Entrate è solo una questione di “opportunità”, e dio solo sa quanto in questo momento l’Italia abbia bisogno di ridarsi una opportunità. Il tempo si è fermato tanto che ci tocca ancora parlare di Nicola Cosentino detto ‘O Americano. Non di lui direttamente ma delle dichiarazioni al fulmicotone di 2232 che ancora parla, straparla, rilascia commenti, pone veti e ricatta. Secondo il Cicchitto pensiero, il voto dell’Aula di Montecitorio a favore dell’arresto di Cosentino potrebbe “compromettere il quadro politico”. Che cosa c’entri Cosentino con il Professore non è dato di sapere, ma se questa doveva essere una dichiarazione per richiamare la Lega crediamo sia stato un autogol perché al partito di Bossi, del quadro politico attuale, non frega una mazza. A chi era indirizzato, quindi, il ricatto di Cicchitto se non al Pd e all’Udc? Cosa pretende il presidente del gruppo parlamentare pidiellino, che Bersani e Casini votino contro? Come la prenderebbero i pidini in questo caso? Dell’Udc di Totò Cuffaro ormai sappiamo tutto e abbiamo visto tutto, per cui non ci sorprenderebbe che si allineasse ai garantisti a senso unico. Domani sapremo. Sapremo se il ricatto sarà andato a buon fine e sapremo se la cena fra Bossi e Berlusconi ha dato i risultati sperati. Certo che un altro dietrofront della Lega questa volta farebbe incazzare anche la nostra amica casalinga di Abbiategrasso. Per tornare a parlare di cose serie, dobbiamo sottolineare il fatto che Mario Monti sta andando a Berlino, armato di argomenti talmente buoni che dovrebbero convincere la Merkel ad assumere una posizione più morbida nei confronti di alcune decisioni che gli altri paesi europei ritengono non più differibili. Non parliamo solo della Banca Centrale, della Tobin Tax, dell’euro a due velocità, qui è in ballo il futuro stesso dell’eurozona e la Merkel dovrebbe saperlo. Il fatto che Mario Monti vada a Berlino senza il cappello in mano, da una parte ci fa capire che almeno la credibilità dell’Italia ha ripreso il cammino che le spetta, dall’altra, un po’ ci inorgoglisce. I leghisti almeno un risultato lo hanno raggiunto. Continuando a sputare addosso alla bandiera, svillaneggiando il Sud, tappandosi le orecchie all’Inno di Mameli e invocando la secessione dai “ladri italiani” che non investono in Tanzania, la Lega è riuscita a ridarci quel senso di appartenenza a un popolo e a una nazione che non avvertivamo da anni. Con questo non cambiano alcuni presupposti delle nostre idee né delle nostre utopie ancora piene di né patria né bandiere né dio né maestri, però dobbiamo ammettere che, di pancia, un po’ più italiani ci sentiamo. E questo grazie a quattro coglionazzi ignoranti che si sono abbuffati fino a ieri al tricolore dell’avvenire salvo andare a investire i soldi in Tanzania e a Cipro. Ma come fanno, dalle parti di Milano, di Bergamo, di Varese, di Brescia a sopportarli ancora?
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Malinconico si è dimesso. Che tristezza!
Creato il 11 gennaio 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Peggio del 2 di novembre. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio si dimette e accusa la stampa di “attacco mediatico”. Sembra di essere tornati ai tempi di Silvio, ma lo abbiamo sempre detto che per cancellare il berlusconismo dalla storia patria occorreranno i prossimi venti anni. Prendiamo atto che il sottosegretario è di una pasta diversa dai tanti che lo hanno preceduto nelle stanze dei bottoni e che lui, almeno, la faccia di dimettersi l’ha avuta. Ma ci dovrà comunque spiegare “Carlo, quello che il cognome inizia per ‘M’”, come si fa a lasciare un albergo di lusso senza pagare il conto e soprattutto se, una persona normodotata, quando gli viene detto che il conto è stato saldato non si chiede chi lo abbia fatto al suo posto e perché. Forse lo spirito santo in vena di filantropia? Il triste Malinconico era chiacchierato da un po’ di tempo, diciamo due anni. La storia del conto pagato da Balducci, Piscicelli & Co., girava sui giornali già da prima che Monti lo nominasse sottosegretario. La persona normodotata di cui sopra l’avrebbe chiarita o, se proprio la versione era che non gli avevano permesso di pagare il conto, poteva fare a meno di accettare l’incarico. Giustamente il Professore si è “irritato” ma ha accettato le dimissioni e ha tirato avanti. Nel caso di Malinconico non c’è nessun rilievo penale né civile da muovere, non deve indagare la magistratura né l’Agenzia delle Entrate è solo una questione di “opportunità”, e dio solo sa quanto in questo momento l’Italia abbia bisogno di ridarsi una opportunità. Il tempo si è fermato tanto che ci tocca ancora parlare di Nicola Cosentino detto ‘O Americano. Non di lui direttamente ma delle dichiarazioni al fulmicotone di 2232 che ancora parla, straparla, rilascia commenti, pone veti e ricatta. Secondo il Cicchitto pensiero, il voto dell’Aula di Montecitorio a favore dell’arresto di Cosentino potrebbe “compromettere il quadro politico”. Che cosa c’entri Cosentino con il Professore non è dato di sapere, ma se questa doveva essere una dichiarazione per richiamare la Lega crediamo sia stato un autogol perché al partito di Bossi, del quadro politico attuale, non frega una mazza. A chi era indirizzato, quindi, il ricatto di Cicchitto se non al Pd e all’Udc? Cosa pretende il presidente del gruppo parlamentare pidiellino, che Bersani e Casini votino contro? Come la prenderebbero i pidini in questo caso? Dell’Udc di Totò Cuffaro ormai sappiamo tutto e abbiamo visto tutto, per cui non ci sorprenderebbe che si allineasse ai garantisti a senso unico. Domani sapremo. Sapremo se il ricatto sarà andato a buon fine e sapremo se la cena fra Bossi e Berlusconi ha dato i risultati sperati. Certo che un altro dietrofront della Lega questa volta farebbe incazzare anche la nostra amica casalinga di Abbiategrasso. Per tornare a parlare di cose serie, dobbiamo sottolineare il fatto che Mario Monti sta andando a Berlino, armato di argomenti talmente buoni che dovrebbero convincere la Merkel ad assumere una posizione più morbida nei confronti di alcune decisioni che gli altri paesi europei ritengono non più differibili. Non parliamo solo della Banca Centrale, della Tobin Tax, dell’euro a due velocità, qui è in ballo il futuro stesso dell’eurozona e la Merkel dovrebbe saperlo. Il fatto che Mario Monti vada a Berlino senza il cappello in mano, da una parte ci fa capire che almeno la credibilità dell’Italia ha ripreso il cammino che le spetta, dall’altra, un po’ ci inorgoglisce. I leghisti almeno un risultato lo hanno raggiunto. Continuando a sputare addosso alla bandiera, svillaneggiando il Sud, tappandosi le orecchie all’Inno di Mameli e invocando la secessione dai “ladri italiani” che non investono in Tanzania, la Lega è riuscita a ridarci quel senso di appartenenza a un popolo e a una nazione che non avvertivamo da anni. Con questo non cambiano alcuni presupposti delle nostre idee né delle nostre utopie ancora piene di né patria né bandiere né dio né maestri, però dobbiamo ammettere che, di pancia, un po’ più italiani ci sentiamo. E questo grazie a quattro coglionazzi ignoranti che si sono abbuffati fino a ieri al tricolore dell’avvenire salvo andare a investire i soldi in Tanzania e a Cipro. Ma come fanno, dalle parti di Milano, di Bergamo, di Varese, di Brescia a sopportarli ancora?
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