Qualche settimana fa, aiutando mia madre a liberare parte della soffitta, una specie di scrigno magico si aprì ai miei occhi: il mitico baule color verde bottiglia con i ganci di chiusura in metallo dorato che tanto mi aveva affascinato da bimba era diventato finalmente accessibile. All’interno, riposti con l’ordine dei tempi andati una serie di abitini da neonata, qualche fotografia dal bianco e nero ancora sfavillante, dei diari. E poi, conservati con la cura che si riserva ai documenti più preziosi, le ricette scritte a mano dal pediatra al quale la mamma si era affidata per la mia crescita .
In questi foglietti di carta leggera e preziosa erano riportati in bella grafia e con l’inchiostro reso verdognolo dal tempo non solo i consigli puramente medici ma anche le ricette specifiche per lo svezzamento. Inizialmente pochi ingredienti: la mela, la banana o la pera. Poi il brodo vegetale profumato con la carota e la zucchina, la pastina sottile, il pezzettino di carne per un brodo un po’ più sostanzioso e finalmente il primo incontro con pesce. Un percorso da affrontare un po’ alla volta, con la calma e l’attenzione che serve per far diventare una piantina un albero forte e pronto ad affrontare le intemperie della vita.
Ma quello che divenne poi spunto di riflessione è stato sicuramente l’attenzione per la bontà degli ingredienti: le verdure dovevano essere dell’orto, l’uovo acquistato magari dal contadino e il pesce “autoctono” quasi a voler sottolineare un “km zero” che quarant’anni dopo è diventato sinonimo di valore aggiunto. Il senso della stagionalità e il rispetto per quello che la natura, da tempi immemori, offriva, si evincevano dalla sequenza nella quale era consigliata la frutta da proporre alla piccola, ovvero io, che stava crescendo
Poi, qualche mese fa, una notizia inaspettata. La migliore amica di mia figlia ventiduenne, studentessa universitaria e convivente da un paio d’anni con l’amore della sua vita ha preso una decisione controcorrente rispetto a quanto accade nel nostro paese ma assolutamente normale per le giovani coppie europee da Berlino in su: fare i figli giovani, per crescerli con l’entusiasmo e la sana incoscienza di chi non ha ancora 30 anni. E mi sono fatta subito questa domanda: ma come fanno le mamme del terzo millennio? Ho cresciuto i miei figli tra il 1989 e il 1997 quando il www o non esisteva o era privo di contenuti inerenti la quotidianità e i miei dubbi trovavano risoluzione soprattutto consultando libri e riviste, come accadeva fino a qualche tempo per la maggior parte delle persone con le ricette. Se mi affido alla tastiera di computer per sapere la tecnica del brasato al barolo la stessa cosa può avvenire con la prima minestrina da grande del mio cucciolo! E i dubbi da risolvere non finiscono certamente qui: è importante sapere se l’albume è digerito più facilmente del tuorlo, se lo yogurt lo posso dolcificare con il miele, se posso dargli un pezzettino di pane dalla crosta dura così che possa dare un po’ di sollievo alle gengive mentre impara a riconoscere un gusto diverso ed ugualmente accattivante dal latte materno.