Dopo anni ho compreso il senso di mancanza che hai provato lasciandomi andare verso qualcosa di sconosciuto ad entrambe. Alla stazione ci salutammo e, incosciente com’ero, non pensai alla solitudine che avresti sofferto. Meglio, volevo andare, il mio desiderio era quello di un confronto tra noi, ma che si svolgesse a distanza, senza interferenze, senza che ci fossero commenti di altri, senza vizi di forma e sostanziali ricatti affettivi. Volevo allora che ti accorgessi di me con il vuoto della mia assenza, questo volevo. Giovane e arrogante com’ero, ribelle senza mezze misure, tinte nette per argomentare anche con te. Ma lo stare lontane acuì il desiderio di entrambe, quando potevi venivi a trovarmi. Era una festa che non sapevo esprimere e tu nemmeno, non eravamo capaci di gesti evidenti. Solo quando eri lontana ti scrivevo biglietti d’amore, una volta ti mandai dei fiori e, telefonandoti per sapere se li avessi ricevuti, mi resi conto della nostra voce incrinata, della commozione che provavi ogni volta che la tua figlia strana ti beneficiava di un gesto d’amore. Adesso che scrivo immagino cosa avresti provato tu, in questi giorni di assenza del tuo nipote prediletto, cosa avresti vissuto nuovamente, quali sensazioni, quali emozioni. Tutto come allora di sicuro, adesso lo so, ora che quella mancanza simile a questa la vivo anch’io.