Il settimanale “Panorama” - nel numero in edicola oggi, giovedì 30 agosto - propone una particolare ricostruzione delle telefonate tra il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, aggiungendo quali sono gli argomenti trattati nelle conversazioni intercettate dalla procura di
Palermo. Si tratta di giudizi e commenti taglienti su Silvio Berlusconi,
Antonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo. Intercettazioni sulle quali è scoppiato un putiferio sull'uso e, nel caso specifico sul «curioso» abuso delle stesse, che ha diviso stampa e opinione pubblica italiana. In gran parte «inaspettatamente solidale» (mentre così non è accaduto ogni volta che l'intercettato è stato il Cavaliere) col presidente Napolitano che aveva chiamato in causa la Corte Costituzionale pur di ottenere il massimo riserbo sulle sue conversazioni. Ma veniamo al punto. Che cosa si sarebbero detti realmente Napolitano e Mancino nelle conversazioni telefoniche intercettate e avvenute nel novembre e nel dicembre 2011? «Avventurarsi nei virgolettati - avverte Panorama - sarebbe un esercizio pericoloso e soggetto a facili smentite, dal momento che non esistono tracce di questi colloqui nelle carte processuali. Ma si sa per certo che tra le persone oggetto delle discussioni fra il presidente della Repubblica e un amico di vecchia data come l'ex leader democristiano, ci sarebbero stati Berlusconi e Antonio Di Pietro». In particolare all'ex premier sarebbero state riservate - scrive Panorama - «parole poco benevole con il ricorso a metafore assai lontane dal linguaggio ovattato, proprio delle alte cariche istituzionali. A Berlusconi verrebbe addebitata la responsabilità di aver appannato l'immagine internazionale dell'Italia al punto da fare tirare - scrive ancora Panorama - «un sospiro di sollievo dalle parti del Colle per la sua uscita di scena da Palazzo Chigi». Se poi si considera che l'utenza di Mancino è stata ascoltata dal novembre 2011 all'aprile di quest'anno dai magistrati che indagavano sulla «trattativa» tra Stato e mafia, non è insensato ipotizzare, come giustamente ipotizza il settimanale, che le telefonate dirette tra il presidente e l'ex ministro dell'Interno possano essere più numerose delle due di cui si continua a parlare senza alcuna smentita da Palermo. Da qui la preoccupazione, per la verità sempre malcelata dal Quirinale, sulle possibili conseguenze sugli assetti politico-istituzionali interni e sui rapporti internazionali dell'Italia, se le intercettazioni, proprio tutte le intercettazioni fra i due, fossero divulgate nei dettagli. Un'ipotesi che ha fatto sobbalzare ieri il magistrato palermitano Antonio Ingroia: «Se così fosse sarebbe un grave illecito e, qualora corrispondesse davvero al tenore delle intercettazioni, il ricatto al capo dello Stato lo farebbe Panorama con quella copertina», ha detto Ingroia, rispondendo a Lucia Annunziata, Luciano Fontana e
Maurizio Belpietro che dal palco di Pontremoli, dove presentavano il libro del pm, gli hanno letto le anticipazioni di Panorama. «Non posso parlare del contenuto delle intercettazioni - ha aggiunto Ingroia - Né smentisco né confermo, non ne parlo». A complicare il già complicato puzzle di parole, messe insieme in ordine sparso da Napolitano con Mancino, ci sarebbero anche giudizi taglienti su alcuni magistrati siciliani e sull'apparato mediatico che fiancheggia acriticamente le toghe siciliane. E poi nel corso di quelle simpaticissime conversazioni telefoniche tra Napolitano e l'amicone Mancino emergerebbe anche un'altra bella e sonora bocciatura del capo dello Stato. Nei riguardi di Antonio Di Pietro. «Un giudizio negativo che non sorprende - evidenzia Panorama - dato che l'ex pm di Mani pulite e attuale leader Idv non ha mai goduto di buona stampa nell'entourage del Quirinale per quel suo populismo giudiziario che da 15 anni condiziona gran parte del centrosinistra».