Anche voi, come me, subite il fascino della pittura ottocentesca? Se ne avete la possibilità, avete tempo fino al 18 agosto per visitare la mostra Manet. Ritorno a Venezia, organizzata presso le sale del Palazzo Ducale dalla Fondazione dei Musei Civici Veneziani. La manifestazione, che raccoglie circa ottanta opere fra dipinti e disegni preparatori, pone l'attenzione sulle influenze giovanili esercitate su Manet dalla pittura dei secoli precedenti, in primis quella del Rinascimento italiano, ma senza far mancare il necessario parallelo con la produzione spagnola e olandese, anch'essa di primaria importanza nella formazione artistica del pittore parigino.
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La mostra è l'occasione per ammirare, oltre ad opere di capitale importanza come la straordinaria Colazione sull'erba (presente in una copia londinese riprodotta da Manet per un amico) o la bellissima Olympia proveniente dal Musée d'Orsay, dipinti meno noti, come le nature morte di ispirazione fiamminga o le scene di ambientazione spagnola, che stupiscono con i loro colori sgargianti.
E. Manet, Anguilla e triglia (1864)
Avendo già in programma da tempo una gita nella città lagunare, scoprire che in questi mesi Venezia ospita questa preziosa esposizione è stata a dir poco una gioia. Il Palazzo Ducale è una cornice perfetta per l'evento, e la scelta degli accostamenti fra le opere mi è stata particolarmente gradita, a partire dall'affiancamento di due fra i più celebri nudi femminili, la Venere di Urbino di Tiziano e l'Olympia di Manet, opera profana e al tempo scandalosa.
Tiziano Vecellio, Venere di Urbino (1538);
il dipinto proviene dalla Galleria degli Uffizi
E. Manet, Olympia (1863); opera concessa dal Musée d'Orsay
Fra i due dipinti di tiene come un dialogo silenzioso: le due donne ritratte (una dea e una prostituta) si offrono allo spettatore in forma antitetica: Venere immersa in una luce calda e dorata, con le dita affondate in un mazzo di rose che simboleggiano l'amore e con ai piedi un cagnolino che incarna la fedeltà e la devozione, Olympia in un'atmosfera frigida, sul giaciglio scomposto da una notte di commercio, con una corolla fra i capelli e un mazzo di fiori mandato dall'amante occasionale e in compagnia di un gatto nero, simbolo della notte e dei suoi eccessi. Nella seconda sala della mostra si verifica dunque l'incontro fra la sacralità della tradizione e la rivisitazione che aveva portato gli organizzatori del Salon del 1865 a relegare Manet in una sala defilata.
Ma un riferimento all'insegnamento di Tiziano è implicito anche all'ingresso dell'esposizione, nella sala dominata dalla Colazione sull'erba eseguita da Manet per un amico come copia del dipinto più grande che era costato all'artista l'esclusione dal Salon del 1863, per poi essere esibito al Salon des Refusés. Il quadro più celebre di Manet, infatti, è anch'esso di ispirazione tizianesca[2], avendo un diretto referente nel Concerto campestre del Louvre (1510).
E. Manet, Colazione sull'erba (1863-1868); dalla Courtauld Gallery di Londra
Tiziano o Giorgione, Concerto campestre (1510); opera esposta al Louvre
La mostra procede presentando dipinti di ambientazione varia, dai saloni dei teatri parigini alle arene delle corride spagnole e ponendo in successione diversi ritratti, fra cui spiccano quelli del Pifferaio, quello di Berthe Morisot, consorte del pittore e quello dello scrittore Émile Zola, per arrivare, nelle ultime sale, alle manifestazioni che ci sospingono direttamente nel cuore dell'impressionismo, con i suggestivi dipinti Sulla spiaggia e L'evasione di Rochefort.
E. Manet, Sulla spiaggia (1973); dal Musée d'Orsay
E. Manet, L'evasione di Rochefort (1889-1881); altra opera prestata dal Musée d'Orsay
Venezia, dunque, accoglie per alcuni mesi un frammento di arte francese, evidenziandone, però, gli apporti italiani, spagnoli e olandesi: ancora una volta, come in passato, attraverso la figura chiave di Manet, mediatore fra accademia e modernità, la Serenissima si fa crocevia di culture e tradizioni.
C.M.
NOTE:
[1] Berthe Morisot, pittrice e moglie di Manet, ritratta da Manet stesso. L'immagine è tratta dalla copertina del sito ufficiale della mostra.
[2] L'attribuzione è a tutt'oggi incerta: accanto a Tiziano, si fa il nome del suo maestro, Giorgione.