Desiderate spezzare la ruota delle reincarnazioni? Volete porre fine a quella grande giostra del dolore che è l’esistenza umana? E’ necessario conoscere il codice-colore dell’aldilà…seguire scrupolosamente le giuste indicazioni luminose:
Ecco la segnaletica stradale del Post-Mortem…
I°) INTRODUZIONE GENERALE
Un’esperienza psichedelica è un viaggio in nuovi reami della coscienza. Lo scopo e il contenuto dell’esperienza sono illimitati, ma le sue rappresentazioni caratteristiche sono la trascendenza dei concetti verbali, delle dimensioni spazio-tempo, e dell’ego o identità. Queste esperienze di coscienza espansa possono avvenire in una varietà di modi: privazione sensoriale, esercizi yoga, discipline di meditazione, estasi mistiche religiose o estetiche, oppure spontaneamente. Più di recente, esse sono divenute disponibili a chiunque, attraverso l’ingestione di certe sostanze psichedeliche come LSD, psilocibina, mescalina, DMT, ecc. [Qui si asserisce una situazione più o meno virtuale, e non reale, presente nel 1964. Negli Stati Uniti le droghe psichedeliche sono classificate come droghe "sperimentali". Cioè, esse non sono disponibili in base a prescrizione, ma solamente per investigatori qualificati. La Federal Food and Drug Administration ha definito come "investigatori qualificati" quegli psichiatri che lavorano in una struttura ospedaliera di cure mentali, la cui ricerca è patrocinata da agenzie statali o federali.] Naturalmente, una dose di droga non produce l’esperienza trascendente. Essa agisce soltanto come una chiave chimica – apre la mente, libera il sistema nervoso dalle sue strutture e modelli ordinari. La natura dell’esperienza dipende quasi totalmente dalla quantità e dalla disposizione. La disposizione denota la preparazione dell’individuo, inclusa la sua struttura di personalità ed il suo umore del momento. Poi, c’è l’ambientazione fisica – il tempo, l’atmosfera della stanza; – le sensazioni sociali delle persone presenti, l’un verso l’altro; e culturali – i prevalenti punti di vista riguardo a ciò che è reale. È per questa ragione che i manuali o libri-guida sono necessari. Il loro scopo è di abilitare una persona a capire le nuove realtà della coscienza espansa, e servire come mappe per i nuovi territori interiori che la scienza moderna ha reso accessibile. Esploratori diversi disegnano mappe diverse. Tutti gli altri manuali potranno essere scritti in base a modelli diversi – scientifico, estetico, terapeutico. Il modello Tibetano su cui è basato questo manuale, è progettato per istruire la persona a dirigere e controllare la consapevolezza in modo tale da giungere a quel livello di comprensione variamente chiamata liberazione, o anche illuminazione. Se si legge il manuale diverse volte prima che sia tentata una sessione, e se là vi è una persona fidata a ricordare e rinfrescare la memoria del viaggiatore durante l’esperienza, la coscienza sarà liberata dai giochi che comprendono la “personalità” e dalle allucinazioni positivo-negative che spesso accompagnano gli stati di consapevolezza espansa. Il Libro Tibetano dei Morti fu chiamato nella sua propria lingua il ‘Bardo Thodrol’ che significa “La Liberazione nell’Udire il Livello Dopo-la-Morte”. Il libro enfatizza continuamente che la coscienza libera deve solo ascoltare e ricordare gli insegnamenti per essere definitivamente liberata. Il Libro Tibetano dei Morti è presumibilmente un libro che descrive le esperienze che bisogna aspettarsi al momento della morte, durante una fase intermedia che dura quaranta-nove (sette volte sette) giorni, e durante la rinascita in un altra struttura corporea. Tuttavia questa è solo la struttura esoterica che i Buddisti Tibetani usavano per nascondere i loro insegnamenti mistico-esoterici. Il linguaggio e il simbolismo dei rituali di morte del Bon, la tradizionale religione pre-buddista Tibetana, furono abilmente mescolati con concezioni buddiste. Il significato esoterico, come è stato interpretato in questo manuale, è che la morte e la rinascita che è descritta non è quella del corpo. Lama Govinda indica chiaramente questo nella sua introduzione quando lui scrive: “È un libro per chi vive, tanto più per chi muore”. Il significato esoterico del libro è spesso celato sotto diversi strati di simbolismo. Non fu inteso per una lettura generale. Esso fu progettato per essere compreso solo da chi doveva essere iniziato personalmente da un guru nelle dottrine mistiche buddiste, nell’esperienza ‘pre-mortem-morte-rinascita’. Queste dottrine sono state tenute strettamente protette e segrete per molti secoli, per tema che un’applicazione ingenua o spensierata facesse danni. Nel tradurre tale testo esoterico, perciò vi sono due passi: uno, la traduzione del testo originale in Inglese; e due, l’interpretazione pratica del testo per il suo uso. Nel pubblicare questa interpretazione per l’uso nella sessione di droghe psichedeliche, noi stamo in un certo senso rompendo la tradizione della segretezza, e quindi contravvenendo agli insegnamenti dei Lama-guru. Comunque, questo passo è giustificato dal fatto che il manuale non sarà capito da chiunque non abbia avuto un’esperienza di coscienza-espansa, e che vi sono segni che gli stessi Lama, dopo la loro recente diaspora, desiderano rendere i loro insegnamenti disponibili ad un pubblico più vasto. Seguendo poi il modello Tibetano, noi distinguiamo tre fasi dell’esperienza psichedelica. La prima fase (Chikhai Bardo) è quella della totale trascendenza – oltre le parole, oltre lo spazio-tempo, oltre il sé. Non ci sono visioni, nessun senso di sé, niente pensieri. C’è solamente pura consapevolezza e la libertà estatica da ogni gioco e coinvolgimento biologico. [Questi "Giochi" sono sequenze comportamentali definite da ruoli, regole, rituali, mète, strategie, valori, lingua, caratteristiche ubicazioni di spazio-tempo e caratteristici modelli di movimento. Qualunque comportamento che non abbia queste nove caratteristiche è non-gioco: questo include i riflessi fisiologici, l’essere spontanei e la consapevolezza trascendente]. La seconda lunga fase riguarda il ‘sé’, o la realtà dei giochi esterni (Chonyid Bardo) – nell’acuta e squisita chiarezza o sotto forma di allucinazioni (apparizioni karmiche). Il periodo finale, o terza fase (Sidpa Bardo) comporta il ritorno ai giochi di routine della realtà e del ‘sé’. Per la maggior parte delle persone, il secondo stadio (estetico o allucinatorio) è il più lungo. Per gli iniziati, il primo stadio dell’illuminazione dura di più. Per i non-preparati, i maldestri giocatori di ruolo, per coloro che si aggrappano ansiosamente al loro ego e per coloro che prendono le droghe in un’ambiente non idoneo, lo sforzo per riguadagnare la realtà comincia presto prima e di solito dura fino alla fine della loro sessione. Queste parole, tuttavia, sono statiche, mentre l’esperienza psichedelica è fluida ed è sempre in mutamento. Tipicamente, la coscienza del soggetto scatta con rapide oscillazioni dentro e fuori questi tre livelli. Lo scopo di questo manuale è abilitare la persona a riottenere la trascendenza del primo Bardo ed evitare prolungati intrappolamenti in modelli di giochi allucinatori o dominati dall’ego. Fondamentali Fiducia e Credenza. Voi dovete essere pronti ad accettare la possibilità che vi sia una illimitata quantità di consapevolezza per la quale ora non abbiamo termini con cui indicarla; quella consapevolezza può espandersi oltre la portata del vostro ego, il vostro ‘sé’, la vostra identità familiare, oltre tutto ciò che avete imparato, oltre le vostre nozioni di spazio e tempo, oltre le differenze che di solito separano le persone l’una dall’altra e dal mondo circostante. Dovete ricordare che in tutta la storia umana, milioni di individui hanno già fatto questo viaggio. Alcuni (che noi chiamiamo mistici, santi, o buddha) hanno fatto permanere questa esperienza e l’hanno comunicata ad uomini loro amici. Dovete anche ricordare che l’esperienza è sicura (al massimo, potrete smettere di essere la stessa persona che cominciò l’esperienza), e che tutti i pericoli a cui potrete andare incontro sono non-necessarie produzioni mentali. Se sperimentate il paradiso o l’inferno, ricordate che è la vostra mente a crearli entrambi. Evitate di attaccarvi al primo per abbandonare l’altro. Evitate di imporre i giochi dell’ego sull’esperienza. Voi dovete tentare di mantenere la fede ed avere fiducia nella potenzialità del vostro cervello e nel processo della vita vecchio di miliardi di anni. Lasciando dietro le spalle il vostro ego, voi ed il vostro cervello non potrete sbagliare. Cercate di ricordarvi di un amico fidato o di una persona rispettabile che possa servire come vostra guida e protezione. Abbiate fiducia nella vostra parte divina, abbiate fiducia nella vostra mente, abbiate fiducia nei vostri compagni. Nel caso aveste dei dubbi, spegnete la vostra mente, rilassatevi, siate calmi nel flusso. Dopo aver letto questa guida, la persona preparata dovrebbe essere capace, all’inizio della sua esperienza, di muoversi direttamente a un stato di estasi e di rivelazione profonda di non-gioco. Ma se non siete ben preparati, o se c’è una situazione di distrazione intorno a voi, troverete che vi state lasciando di nuovo cadere. Se accade questo, allora le istruzioni in Parte IV dovrebbero aiutarvi a riguadagnare e mantenere la liberazione. “Liberazione, in questo contesto, non implica necessariamente (specie nel caso della persona media) la Liberazione del Nirvana, ma principalmente la liberazione del ‘flusso-della-vita’ dall’ ego, in modo tale che si permetterà la maggior consapevolezza coscienziale possibile e la felice rinascita conseguente. Eppure, per la persona esperta ed estremamente efficiente, il processo esoterico [stesso] di Trasferimento della Coscienza può essere, secondo i Lama-guru, impiegato per prevenire qualunque blocco nel flusso di coscienza, dal momento della perdita dell’ego, al momento di una rinascita consapevole (otto ore più tardi). A giudicare dalla traduzione fatta dal Lama Kazi Dawa-Samdup di un vecchio manoscritto Tibetano che contiene direzioni pratiche per gli stati dell’ego-perdita, la capacità di mantenere un’estasi di non-gioco nell’intera esperienza è posseduta solamente da persone addestrate nella concentrazione o focalizzazione mentale, in tale alto grado di abilità da essere capaci di controllare tutte le funzioni mentali ed escludere le distrazioni del mondo esteriore.” (Evans-Wentz, p. 86, nota 2). [I lettori interessati ad una più particolareggiata discussione del processo di "Trasferimento" sono rinviati allo ‘Yoga Tibetano e le Dottrine Segrete’, redatto da W. Y. Evans-Wentz, Oxford University Press, 1958.] Questo manuale è diviso in quattro parti. La prima è la parte introduttiva. La seconda è una descrizione passo-passo di un’esperienza psichedelica basata direttamente sul Libro Tibetano dei Morti. La terza parte contiene suggerimenti pratici su come potersi preparare a condurre una sessione psichedelica. Infine, la quarta parte contiene passaggi istruttivi adattati dal Bardo Thodrol, che possono essere letti al viaggiatore durante questa sessione, per facilitare il movi-mento della coscienza. Nel resto di questa sezione introduttiva, mostriamo tre commentari sul Libro Tibetano dei Morti, pubblicati nell’edizione di Evans-Wentz. Essi sono l’introduzione da Evans-Wentz stesso, distinto traduttore-redattore di quattro trattati sul misticismo Tibetano; il commentario di Carl Jung, il psicanalista svizzero; e di Lama Govinda, iniziato di uno del principali ordini Buddisti del Tibet.
UN TRIBUTO A W. Y. EVANS-WENTZ
“Il Dott. Evans-Wentz, che sedette letteralmente ai piedi di un Lama Tibetano per anni, al fine di acquisire la sua saggezza… mostra non solo un profondo e comprensibile interesse in quelle dottrine esoteriche così caratteristiche del genio dell’Oriente, ma similmente possiede la facoltà rara di renderle più o meno intelligibili al laico”. [Citato in un libro-rivista di Antropologia, sul dorso dell'Edizione del Libro Tibetano dei Morti, dell’Oxford University Press.]. W. Y. Evans-Wentz è un grande studioso che dedicò la sua vita adulta nel ruolo di ponte tra il Tibet e l’Occidente: come una molecola di RNA che si attiva con il messaggio in codice dello stesso RNA. Nessun tributo poteva essere maggiore per il lavoro di questo liberatore accade-mico che quello di basare il nostro manuale psichedelico sui suoi insight e citare direttamente i suoi commenti sul “messaggio di questo libro”. Il messaggio è, che l’Arte di Morire è totalmente importante come l’Arte di Vivere (o di Venire a Nascere) di cui è il complemento e la somma; che il futuro dell’essere è, forse, completamente dipendente da una morte precisamente controllata, come enfatizza la seconda parte di questo volume che espone l’Arte di Reincarnarsi. L’Arte di Morire, come indicata dal rito della morte, associata con l’iniziazione ai Misteri dell’Anti-chità, e riferita da Apuleius, il filosofo Platonico che era egli stesso un iniziato, e da molti altri illustri iniziati, e come anche Il Libro Egiziano dei Morti suggerisce, sembra essere stata molto più nota ai popoli antichi che abitavano i paesi del Mediterraneo, che non ora, dai loro moderni discendenti di Europa e America. Per coloro che erano passati attraverso la segreta esperienza di morte pre-mortem, il corretto morire è l’iniziazione, poiché conferisce, come fa l’iniziatorio rito della morte, il potere per controllare consapevolmente il processo di morte e rigenerazione. (Evans-Wentz, p. xiii-xiv) Lo studioso di Oxford, come il suo grande predecessore Tibetano dell’undicesimo secolo, Marpa (detto “Il Traduttore”), che tradusse i testi buddisti Indiani in Tibetano preservandoli con ciò dall’estinzione, vide l’importanza vitale di queste dottrine e le rese accessibili a molti. In questo mkodo, il “segreto” non è più nascosto: “l’arte di morire è totalmente importante come l’arte di vivere.”
UN TRIBUTO A CARL G. JUNG
La psicologia è il tentativo sistematico di descrivere e spiegare il comportamento umano, sia consapevole che non-consapevole. Lo scopo dello studio è vasto- poiché copre l’infinita varietà dell’attività e dell’esperienza umana; ed è profondo- poiché va all’indietro attraverso la storia dell’individuo, attraverso la storia dei suoi antenati, indietro attraverso le vicissitudini evolutive e i trionfi che hanno determinato lo status corrente della specie. Ancor più difficile, lo scopo della psicologia è complesso, poiché tratta con processi che sono sempre in cambiamento. Nessuna meraviglia quindi che gli psicologi, di fronte a tale complessità, si rifugino in una riservatezza e specializzazione quasi parrocchiale. La psicologia è basata sui dati disponibili e sulla abilità e volontà degli psicologi per utilizzarli. Il comportamentalismo e lo sperimentalismo della psicologia occidentale del ventesimo-secolo sono così accurati da essere quasi sempre perfino banali. La coscienza è eliminata dal campo di indagine. L’applicazione ed il significato sociale è trascurato grandemente. Un curioso ritualismo è messo in atto da un contesto sacerdotale che cresce rapidamente in potere e in quantità. La psicologia orientale, per contrasto, ci offre una lunga storia di particolareggiata e sistematica osservazione della coscienza umana insieme con una vastissima letteratura di metodi pratici per controllare e modificare la coscienza. Gli intellettuali occidentali tentano di rifiutare la psicologia Orientale. Le teorie sulla coscienza sono viste come occulte e misticheggianti. I metodi investi-gativi dei cambiamenti della coscienza, come la meditazione, lo yoga, il ritiro monastico, e la de-privazione sensoriale sono visti come qualcosa di alieno all’investigazione scientifica. E agli occhi degli studiosi Europei, più dannoso di tutto, è la presunta noncuranza delle psicologie Orientali per gli aspetti comportamentali pratici e sociali della vita. Tale critica tradisce i limitati concetti e l’incapacità di trattare coi dati storici disponibili ad un livello significativo. Le psicologie Orientali hanno sempre trovato applicazioni pratiche nella gestione dello stato, nella gestione della vita quotidiana e della famiglia. Esiste una ricchezza di guide e manuali: il Libro del Tao, gli Annali di Confucio, la Bagavad-Gita, l’I-Ching, Il Libro Tibetano dei Morti, per menzionare solamente i più famosi. La psicologia Orientale può essere giudicata in termini di uso dell’evidenza disponibile. Studiosi ed osservatori di Cina, Tibet, e India andarono così lontano quanto i loro dati lo permisero. Ad essi mancarono le scoperte della scienza moderna e così le loro metafore sembrano vaghe e poetiche. Però questo non nega il loro valore. Infatti, le teorie filosofiche orientali datate di ben quattromila anni all’indietro si adattano velocemente alle più recenti scoperte della biochimica, della fisica nucleare, della genetica, e dell’astronomia. Il compito maggiore di ogni psicologia del giorno d’oggi – orientale od occidentale – è di costruire una struttura di riferimenti abbastanza vasta da incorporare le recenti scoperte delle scienze dell’energia, in un revisionato ritratto dell’uomo. Giudicati contro il criterio di uso del fatto disponibile, i più grandi psicologi del nostro secolo sono William James e Carl Jung. [Per paragonare propriamente Carl Jung con Sigmund Freud dovremmo guardare ai dati disponibili che ciascun uomo approntò per le sue esplorazioni. Per Freud c’era Darwin, le termodinamiche classiche, il Vecchio Testamento, la storia culturale del Rinascimento, e maggiormente, la chiusa atmosfera surriscaldata della famiglia Ebrea. Il più ampio spettro dei materiali di riferimento di Jung assicura che le sue teorie troveranno una più grande congenialità coi recenti sviluppi nelle scienze dell'energia e le scienze evolutive]. Però, entrambi questi uomini evitarono gli stretti sentieri del comportamentalismo e sperimentalismo. Entrambi lottarono per preservare l’esperienza e la coscienza come area della ricerca scientifica. Entrambi si aprirono alle anticipazioni della teoria scientifica ed entrambi rifiutarono di chiudersi alla considerazione della cultura Orientale. Jung usò per la sua fonte di dati la sorgente più fertile – quella interiore. Egli riconobbe il ricco significato del messaggio orientale; reagì a quel grande test che è il Tao Te Ching, e scrisse poi brillanti e percettive prefazioni all’I-Ching, al Segreto del Fiore d’Oro, e si sforzò col significato di Il Libro Tibetano dei Morti. “Per anni, mai pubblicato prima di allora, il Bardo Thodrol è stato il mio continuo compagno, ed a lui io devo non solo molte mie stimolanti idee e scoperte, ma anche molte intuizioni fondamentali…La sua filosofia contiene la quintessenza della Critica psico-logica Buddista; e, come tale, si può veramente dire che essa sia di una superiorità inaudita.” Il Bardo Thodrol è al più alto livello psicologico nella sua visione prospettica; ma la filosofia e la teologia sono, per noi, ancora nello stadio pre-psicologico medioevale, dove solo le asserzioni sono ascoltate, spiegate, difese, criticate e disputate, mentre l’autorità che le fa, per generale beneplacito, è stato posto fuori dallo scopo della discussione. Tuttavia, le asserzioni metafisiche sono asserzioni della psiche, e perciò sono psicologiche. Per la mente Occidentale che compensa i suoi ben-noti sentimenti di risentimento con un servile riguardo per le spiegazioni “razionali”, questa ovvia verità sembra tutta perfino troppo ovvia, altrimenti è vista come una inammissibile negazione della “verità” metafisica. Ogni qualvolta l’Occidentale sente la parola “psicologico”, a lui suona sempre come “solamente psicologico.” Jung utilizza le concezioni Orientali della coscienza per ampliare il concetto di “proiezione”: Anche le divinità “pacifiche”, non solo quelle “irate”, sono concepite come proiezioni samsariche della psiche umana, un’idea che sembra anche troppo ovvia all’Europeo illuminato, perché gli ricordano le sue stesse banali semplificazioni. Ma benché l’Europeo possa facilmente spiegare queste divinità come proiezioni, allo stesso tempo egli sarebbe alquanto incapace di impostarle come reali. Il Bardo Thodrol può farlo, perché, in certe sue premesse metafisiche più essenziali, l’Europeo illuminato così come il non-illuminato, ha uno svantaggio. L’assunto onni-presente e non-detto del Bardo Thodrol è il carattere anti-nominale di tutte le asserzioni metafisiche, ed anche l’idea sulla differenza qualitativa dei vari livelli di coscienza e delle realtà metafisiche da esse condizionate. Lo sfondo di questo insolito libro non è il gretto “uno o l’altro” Europeo, ma un magnificamente affermativo “l’uno e l’altro”. Questa asserzione può apparire opinabile al filosofo Occidentale, perché l’Occidente ama la chiarezza e la non-ambiguità; di conseguenza, un filosofo si aggrappa alla posizione, “Dio c’è”, mentre un altro in modo ugualmente fervente si aggrappa alla negazione, “Dio non c’è”. Jung chiaramente vede il potere e la grandezza del modello Tibetano ma occasionalmente non afferra il suo significato e applicazione. Inoltre, Jung era limitato (come lo siamo tutti noi) dai modelli sociali della sua tribù. Egli era uno psicanalista, il padre di una scuola. Psicoterapia e diagnosi psichiatrica erano le due specializzazioni che più naturalmente gli erano confacenti. Egli manca il concetto centrale del libro Tibetano. Questo non è (come Lama Govinda ci ricorda) un libro sui morti. È un libro sul morire; cioè a dire, un libro per i vivi; è un libro sulla vita e come vivere. Il concetto dell’effettiva morte fisica fu una facciata esoterica adottata per adeguarsi in Tibet ai pregiudizi della tradizione Bon. Lungi dall’essere la guida di un imbalsamatore, il libro è un resoconto dettagliato di come perdere l’ego; come interrompere la personalità in nuovi reami di coscienza; e come evitare gli involontari limitanti processi dell’ego; come far durare l’espe-rienza di espansione della coscienza – nella susseguente vita quotidiana. Jung, su questo punto, ha qualche difficoltà. Egli vi arriva vicino, ma non lo ribadisce mai in un modo completo. Nella sua struttura concettuale, egli non aveva niente che poteva dare un senso pratico all’esperienza della perdita dell’ego. Il Libro Tibetano dei Morti, o ‘Bardo Thodrol’, è un libro di istruzioni per il morto e il morente. Come Il Libro Egiziano dei Morti, esso intende essere una guida per il morto durante il periodo della sua esistenza nel Bardo… In questa citazione, Jung definisce l’esoterico e però lo manca. In una citazione successiva, sembra andargli più vicino: “… l’istruzione data nel Bardo Thodrol serve per richiamare il morto all’esperienza della sua iniziazione e agli insegnamenti del suo guru, perchè quell’istruzione è, in fondo, nient’altro che un’iniziazione del morto alla Vita di Bardo, proprio come l’iniziazione del vivente non era che una preparazione per l’Aldilà. Tale era il caso, almeno, con tutti i culti del mistero nelle antiche civiltà fin dai tempi dei misteri dell’Egitto e di Eleusi. Nell’iniziazione del vivente, comunque, questo “Aldilà” non è un mondo oltre la morte, ma un’inversione delle intenzioni e della visione della mente, un “Oltre” psicologico o, in termini Cristiani, una “redenzione” dalle pastoie del mondo e del peccato. La ‘Redenzione’ è la separazione e la liberazione da una precedente condizione di oscurità e inconsapevolezza, che porta ad una condizione di illuminazione e liberazione, cioè alla vittoria e trascendenza su tutto ciò che è “determinato”.” Questo è il Bardo Thodrol, così come anche il Dott. Evans-Wentz lo sente, un processo iniziatico il cui scopo è ripristinare nell’anima la divinità che essa perse alla nascita. In un altro passaggio, Jung continua lo sforzo, ma di nuovo lui lo perde: “…L’uso psicologico che facciamo di esso (il Libro Tibetano) non è una cosa qualsiasi, ma una secondaria intenzione, benché uno sia possibilmente sanzionato dal costume Lamaista. Il vero scopo di questo singolare libro è il tentativo che, all’erudito Europeo del ventesimo secolo, deve sembrare molto strano, di illuminare il morto nel suo viaggio attraverso le regioni del Bardo. La Chiesa Cattolica è l’unico luogo nel mondo dell’uomo bianco dove qualunque provvedimento è preso per l’anima del trapassato”. Nel sommario dei commenti di Lama Govinda che seguono, noi vedremo che il commentatore Tibetano, liberato dai concetti Europei di Jung, puntò direttamente al significato esoterico e pratico del libro Tibetano. Nella sua autobiografia (del 1960) Jung si coinvolge completamente nella visione interiore, la saggezza e la superiore realtà delle percezioni interne. Egli si mosse finalmente in questa direzione nel 1938 (allorché scrisse il suo commentario Tibetano), ma in modo cauto e con le ambivalenti riserve del psichiatra un po’ mistico. Il moribondo deve disperatamente resistere ai dettami obbligati della ragione, come li sentiamo noi, e rinunciare alla supremazia dell’ego, considerata sacrosanta dalla ragione. Ciò che questo siggnifica in pratica è la completa capitolazione agli obiettivi poteri della psiche, con tutto ciò che questo comporta; un tipo di morte simbolica, corrispondente al Giudizio del Morto nel Sidpa Bardo. Significa la fine di tutta la consapevole, razionale, moralmente responsabile, condotta di vita, ed una volontaria resa a quello che il Bardo Thodrol chiama “illusione karmica”. L’illusione Karmica sorge dal credere in un mondo visionario di una natura estremamente irrazionale, che non si accorda con, né deriva dai nostri giudizi razionali, ma è solamente l’esclusivo prodotto di una disinibita immaginazione. È puro e semplice sogno o “fantasia“, ed ogni ben-intesa persona ci metterà immediatamente in guardia contro di essa; infatti uno a prima vista non può vedere qual’è la differenza tra le fantasie di questo tipo e la fantasmagoria di un lunatico. Molto spesso già soltanto un leggero livello di abbassamento mentale fa aver bisogno di sguinzagliare questo mondo di illusione. Il terrore e l’oscurità di quel momento ha il suo equivalente nelle esperienze descritte nelle sezioni che aprono il Sidpa Bardo. Ma i contenuti di questo Bardo rivelano anche gli archetipi, le immagini karmiche che prima appaiono nella loro terrorizzante forma. Lo stato di Chonyid è equivalente ad un lenta psicosi deliberatamente indotta… . La transizione, poi, dallo stato di Sidpa allo stato di Chonyid, è una pericolosa inversione degli scopi ed intenzioni della mente consapevole. È un sacrificio della stabilità dell’ego ed una resa all’estrema incertezza di ciò che deve sembrare come una caotica insurrezione di fantasma-goriche forme. Quando Freud coniò la frase che l’ego era “il vero posto dell’ansia”, stava dando voce ad un’assai vera e profonda intuizione. La paura dell’auto-sacrificio è radicata nel profondo di ogni ego, e questa paura spesso è solamente la richiesta scarsamente controllata delle forze inconsce per scoppiare fuori con piena forza. In questo pericoloso passaggio non è risparmiato nessuno che lotti per il proprio ‘sé’ (l’individualità), perchè ciò che è temuto appartiene anche all’interezza del ‘sé’ – il sub-umano, o super-umano, mondo di “dominanti” psichici da cui l’ego si è originalmente emancipato con enorme sforzo, e poi solo parzialmente, per lo scopo di una più o meno illusoria libertà. Questa liberazione è certamente un’impresa molto eroica e necessaria, ma non rappresenta niente di finale: è semplicemente la creazione di un mero soggetto che per trovare compimento, deve ancora essere confrontato con un oggetto. Questo, a prima vista, sembrerebbe essere il mondo che è gonfiò di proiezioni per quello stesso scopo. Qui cerchiamo e troviamo le nostre difficoltà, qui noi cerchiamo e troviamo il nostro nemico, qui noi cerchiamo e troviamo quello che ci è caro e prezioso; ed è confortante sapere che tutto il male e tutto il bene sarà scoperto là fuori, nell’oggetto visibile, dove può essere conquistato, punito, distrutto o goduto. Ma poi la natura stessa non permette che questi paradisiaci stati di purezza possano continuare per sempre. Vi sono, e vi sono sempre stati, coloro che non possono dare aiuto ma possono vedere che il mondo e le sue esperienze sono nella natura del simbolo, e che riflette realmente qualcosa che giace nascosto nel soggetto stesso, nella sua propria trans-soggettiva realtà. È da questa profonda intuizione, secondo la dottrina Lamaista, che lo stato del Chonyid deriva il suo vero significato, e così ecco perché il Chonyid Bardo è intitolato “Il Bardo dello Sperimentare la Realtà.” La realtà sperimentata nello stato di Chonyid è, come l’ultima sezione del corrispondente Bardo insegna, la realtà del pensiero. Le “forme-pensiero” appaiono come realtà, la fantasia assume la forma reale, e poi comincia il terrificante sogno evocato dal karma e proiettato dai “dominanti” dell’inconscio. Jung non sarebbe stato sorpreso dall’antagonismo professionale ed istituzionale alle droghe psichedeliche. Lui chiude il suo commentario Tibetano con una acuta parte politica: “Il Bardo Thodrol cominciò con l’essere un libro “chiuso”, e così è rimasto, non importa che tipo di commentari possono essere stati scritti su di esso. Perché è un libro che si aprirà solamente alla comprensione spirituale, e questa è una capacità con cui nessun uomo è nato, ma che si può acquisire solamente attraverso uno speciale addestramento ed esperienza. È un bene che esistano tali libri “inutili a tutte le intenzioni e scopi”. Essi hanno un significato per quelle “strane persone” che non collezionano più gli usi, scopi, e significati di questa attuale “civiltà.” Offrire un “addestramento speciale” per la “esperienza speciale” fornita dai materiali psichedelici è lo scopo di questa versione di Il Libro Tibetano dei Morti.
UN TRIBUTO A LAMA ANAGARIKA GOVINDA
Nella sezione precedente fu fatto il punto che la filosofia e la psicologia Orientale – poetica, indeterministica, esperienziale, che-guarda-all’interno, del tutto libera e vagamente evolutiva,- è più facilmente adatta alle scoperte della moderna scienza che non la sillogistica, sperimentale, sicura, esteriorizzante logica della psicologia occidentale. Quest’ultima imita gli irrilevanti rituali delle scienze dell’energia, ma ignora i dati, significati e implicazioni della fisica e della genetica. Anche Carl Jung, il più penetrante degli psicologi occidentali, tardò a capire la filosofia di base del Bardo Thodrol. Del tutto in contrasto sono i commenti sul manuale Tibetano del Lama Anagarika Govinda. La sua asserzione di apertura ad un primo sguardo farebbe sbuffare di impazienza uno psicologo Giudaico-Cristiano. Ma un’occhiata ravvicinata a queste frasi, rivela che esse sono l’asserzione poetica della situazione genetica come descritto attualmente dai biochimici e dai ricercatori del DNA. Si può disputare che nessuno può parlare della morte con l’autorità che ha colui che è non morto; e poiché nessuno apparentemente è mai ritornato dalla morte, come potrebbe qualcuno sapere che cosa è la morte, o quello che accade dopo di essa? Il Tibetano risponderà: Non c’è nessuna persona, infatti, nessun essere vivente, che non sia ritornato dalla morte. In effetti, noi tutti siamo morti molte volte, prima di rientrare in questa incarnazione. E quella che noi chiamiamo nascita è soltanto il lato inverso della morte, come uno dei due lati di una moneta, o come una porta che da fuori noi chiamiamo “ingresso”, e da dentro una stanza “uscita”.” Il Lama prosegue poi col fare un secondo commento poetico sulle potenzialità del sistema nervoso, sulla complessità del computer corticale umano. E’ invero assai più stupefacente che nessuno ricordi la sua morte precedente; e molte persone, a causa di questa mancanza di memoria, non credono che vi sia stata una morte precedente. Ma, similmente, esse non ricordano neppure la loro recente nascita – eppure non dubitano di essere recentemente venute al mondo. Esse dimenticano pure che la memoria attiva è soltanto una piccola parte della nostra normale coscienza, e che la nostra memoria subconscia registra e conserva tutte le impressioni e l’esperienze passate che la nostra mente di veglia non riesce a richiamare. Il Lama procede poi a ritagliare direttamente il significato esoterico del Bardo Thodrol – quel significato centrale che infatti Jung e molti Orientalisti Europei non sono riusciti ad afferrare. Per questa ragione, il Bardo Thodrol, il libro Tibetano che concede la liberazione dallo stato intermedio tra la vita e ri-nascita, – che gli uomini chiamano ‘morte’, – e che è stato messo giù in linguaggio simbolico. È un libro che è sigillato coi sette sigilli del silenzio, – ma solo perché la sua conoscenza sarebbe malinterpretata e, quindi, tenderebbe a fuorviare e danneggiare quelli che non sono abilitati a riceverlo. Ma è venuto il tempo per rompere i sigilli del silenzio; perché la razza umana è arrivata alla giunzione in cui deve decidere se contentarsi del soggiogamento al mondo materiale, o sforzarsi per la conquista del mondo spirituale, liberandosi dei desideri egoistici e trascendendo le limitazioni auto-imposte. Il Lama successivamente descrive gli effetti delle tecniche di espansione della coscienza. Egli qui sta parlando del metodo che conosce lui– lo Yoga -ma le sue parole sono ugualmente applicabili all’esperienza psichedelica. Vi sono quelli che, in virtù della concentrazione ed altre pratiche yogiche, sono capaci di portare il subconscio nel reame della coscienza discriminativa e, quindi, di utilizzare il tesoro senza restrizioni della memoria subconscia, dove non solo è immagazzinato la registrazione delle nostre vite passate ma anche la registrazione passata della nostra razza, il passato dell’umanità e di tutte le forme di vita pre-umane, se non della stessa coscienza che rende possibile la vita in questo universo. Se, attraverso qualche trucco della natura, le porte del subcosciente di un individuo fossero improvvisamente aperte, la mente non preparata può esserne sommersa e schiacciata. Perciò, le porte del subconscio sono controllate, da tutti gli iniziati, e nascoste dietro al velo di misteri e simboli. In una sezione successiva della sua prefazione il Lama presenta una più dettagliata elaborazione del significato interiore del Thodrol. Se il Bardo Thodrol fosse considerato come basato soltanto sul mero folclore o come consistente di religiosa speculazione sulla morte e su un ipotetico stato di dopo-morte, avrebbe interesse solamente per gli antropologi e studenti di religione. Ma il Bardo Thodrol è qualcosa di più. Esso è una chiave ai più profondi recessi della mente umana, e una guida per gli iniziati, e per quelli che stanno cercando il sentiero spirituale della liberazione. Anche se attualmente il Bardo Thodrol è ampiamente usato in Tibet come breviario, da leggere o recitare in occasione della morte, – ragione per cui esso è stato propriamente chiamato “Il Libro Tibetano dei Morti” – non si dovrebbe dimenticare che originalmente fu concepito non solo per servire come guida per il moribondo ed il morto, ma soprattutto per il vivente. E qui sta la giustificazione per aver reso Il Libro Tibetano dei Morti accessibile ad un pubblico più vasto. Nonostante gli usi e le credenze popolari che, sotto l’influenza delle tradizioni di antica origine pre-buddista, sono cresciute intorno alle profonde rivelazioni del Bardo Thodrol, esso ha valore solamente per quelli che lo praticano e realizzano il suo insegnamento durante la loro durata-di- vita. Ci sono due cose che hanno provocato dei malintesi. Una è che gli insegnamenti sembrano essere indirizzati al morto o al morire; l’altra che il titolo contenga l’espressione “La Liberazione attraverso l’Udire” (in Tibetano, Thos-grol). Da ciò è derivata la credenza che sia sufficiente una lettura o la recita del Bardo Thodrol in presenza di una persona morente, o anche di una che sia appena morta per effettuare la sua liberazione. Tale malinteso poteva sorgere solamente fra quelli che non conoscono che esso è una delle più antiche e più universali pratiche per l’iniziato di superare l’esperienza della morte prima di poter essere spiritualmente rinato. Simbolicamente, egli deve morire al suo passato, ed al suo vecchio ego, prima di poter prendere il suo posto nella nuova vita spirituale in cui egli è stato iniziato. Il morto, o la persona morente, è indirizzato nel Bardo Thodrol principalmente per tre ragioni: (1) il serio praticante di questi insegnamenti dovrebbe considerare ogni momento della sua vita come se fosse l’ultimo; (2) quando un seguace di questi insegnamenti sta davvero morendo, lui o lei dovrebbe essere rammentato dell’esperienza al momento dell’iniziazione, o delle parole (o mantra) del guru, specialmente se la mente del morente manca di prontezza durante il critico momento; e (3) uno che è ancora incarnato dovrebbe tentare di circondare la persona morente, o appena morta, con amore e pensieri utili, durante i primi stadi del nuovo stato di esistenza, o subito dopo la morte, senza permettere che l’attaccamento emotivo interferisca o generi uno stato di leggera depressione mentale. Di conseguenza, la funzione del Bardo Thodrol appare più quella di aiutare coloro che devono adottare il corretto atteggiamento verso il morto e verso il fatto della morte, che non per assistere i morti i quali, secondo la credenza buddista, non devieranno dal loro proprio sentiero karmico… Questo prova che noi dobbiamo farlo qui con la vita stessa e non semplicemente con tutti quei morti, a cui il Bardo Thodrol fu ridotto nei tempi successivi… Sotto le sembianze di una scienza di morte, il Bardo Thodrol rivela il segreto della vita; ed in ciò sta il suo valore spirituale ed il suo appello universale. Qui poi vi è la chiave di un mistero che è andato avanti per oltre 2,500 anni – l’esperienza di espansione della coscienza – la morte pre-mortem ed il rito della rinascita. I grandi saggi Vedici conoscevano il segreto; gli iniziati di Eleusi lo conoscevano; i Tantrici lo conoscono. In tutti i loro scritti esoterici essi suggeriscono il messaggio: è possibile andar oltre la coscienza egoica, accordarsi sui processi neurologici che balenano alla velocità di luce, e diventare consapevoli dell’enorme tesoro di conoscenza dell’antica razza umana, saldata nel nucleo di ogni cellula del vostro corpo. I moderni prodotti chimici psichedelici offrono una chiave per questo dimenticato reame della consapevolezza. Ma proprio come questo manuale, senza la consapevolezza psichedelica, non è nient’altro che un accademico esercizio in Tibetologia, così, anche la potente chiave chimica è di poco valore senza la guida e gli insegnamenti. Gli Occidentali non accettano l’esistenza di processi consapevoli per i quali essi non hanno un termine operativo. L’atteggiamento più comune è: – se non si può identificarlo, e se è oltre le nozioni correnti di spazio-tempo e personalità, allora non è aperto per l’investigazione. Così noi vediamo l’esperienza di perdita-dell’ego confusa con la schizofrenia. Così noi vediamo gli attuali psichiatri pronunciare solennemente che le chiavi psichedeliche producono pericolose psicosi. – I nuovi prodotti chimici visionari e l’esperienza di pre-mortem-morte-rinascita possono ancora una volta essere spinti nelle ombre della storia. Guardando indietro, noi ricordiamo che durante gli ultimi tremila anni, ogni governante medio-orientale ed europeo (con l’eccezione di certi periodi in Grecia e Persia), si è affrettato a varare leggi contro qualunque emergente processo trascendente, come la sessione di pre-mortem-morte-rinascita, i suoi adepti, e qualunque nuovo metodo di espansione di coscienza. Il momento presente nella storia umana (come Lama Govinda indica) è assai critico. Noi, per la prima volta possediamo, ora, i mezzi per procurare l’illuminazione a qualunque volontario che sia ben npreparato. (ricordiamo che l’illuminazione viene sempre in forma di un nuovo processo di energia, come evento fisico e neurologico). Per queste ragioni noi abbiamo preparato questa versione psichedelica de Il Libro Tibetano dei Morti. Il segreto ancora una volta è rilasciato, in un nuovo dialetto, e noi ci mettiamo quietamente seduti ad osservare se l’uomo è pronto a muoversi in avanti e ad avvalersi dei nuovi strumenti procurati dalla scienza moderna. —————————————————–
> IL LIBRO TIBETANO DEI MORTI (Bardo Thodrol) <
PRIMO BARDO: Lo STADIO della PERDITA dell’EGO, ovvero l’ESTASI del NON-GIOCO
(Chikhai Bardo)
Parte I°: La Chiara Luce Primordiale Vista al Momento della Perdita dell’Ego.
Tutti gli individui che hanno ricevuto i pratici insegnamenti di questo manuale, se il testo sarà ricordato, saranno messi davanti all’estatica radianza e all’istante otterranno l’illuminazione, senza entrare in sforzi allucinatori e senza ulteriori sofferenze dovute all’età – lungo il sentiero di normale evoluzione che attraversa i vari mondi del gioco di esistenza.
Questa dottrina sottostà per intero al modello Tibetano. La Fede è il primo passo sul “Sentiero Segreto”. Dopo arriva l’illuminazione e con essa la certezza; e poi quando la mèta è raggiunta, ecco l’emancipazione. Il successo implica che da parte del partecipante possa esservi una vera inusuale preparazione nell’espansione della coscienza, così come molta calma, e avere un ruolo compassionevole (di buon karma). Se al partecipante può essere fatta vedere e capire l’idea della mente vuota, nonappena la guida la rivela -cioè, se lui ha il potere di morire consciamente – e, al momento supremo di abbandonare l’ego, può riconoscere l’estasi che poi sorgerà su lui, e divenire uno con essa, tutti i legami al gioco dell’illusione sono immediatamente interrotti: il sognatore è simultaneamente risvegliato alla realtà con una forte capacità di riconoscimento.
È meglio, se è presente il guru (insegnante spirituale) da cui il praticante ricevette le istruzioni guidate, ma se il guru non può essere presente, allora che vi sia un altra persona esperta; o se anche questa non è disponibile, allora per leggere questo manuale dovrebbe essere disponibile una persona di fiducia del praticante, purché non imponga nessuno dei suoi stessi giochi. Da qui, il partecipante sarà rammentato di ciò che lui aveva sentito prima dell’esperienza e subito arriverà a riconoscere la fondamentale Luce ed indubbiamente otterrà la liberazione.
La liberazione è il sistema nervoso privo dell’attività mentale-concettuale.
[La Realizzazione della Vacuità, o il Vuoto, il Non-nato, il Non-essere, in Non-creato, il Senza-forma, il che implica la Buddhità, l’Illuminazione Perfetta - lo stato di mente divina del Buddha. E’ utile ricordare che questa antica dottrina non è in conflitto con la fisica moderna. Il fisico teoretico e cosmologo, George Gamow, presentò nel 1950 un punto di vista che è molto vicino all'esperienza fenome-nologica descritta dai Lama Tibetani. Se noi, andando indietro nel tempo, immaginiamo la storia, arriveremo inevitabilmente all'epoca del "Big Bang" iniziale con tutte le galassie, stelle, atomi e nuclei atomici pressati, per così dire, in una polpa. Durante quella fase iniziale dell'evoluzione, la materia dovette essere dissociata nei suoi componenti elementari... questa mistura primordiale, noi la chiamiamo ylem. In questa fase primordiale nell'evoluzione del ciclo attuale, secondo questa prima classificazione fisica, esisteva soltanto il Non-Essere, il Non-divenire, il Non-nato, il Senza-forma. E, secondo gli astrofisici, questo è il modo in cui tutto finirà; nella silenziosa unità dell'Informale. I Buddisti Tibetani suggeriscono che un intelletto in perfetto ordine può sperimentare ciò che gli astrofisici confermano. Il Buddha Vairochana, il Dhyani Buddha del Centro, che permette che i Fenomeni si manifestino, è il supremo sentiero per l’illuminazione. Come sorgente di tutta la vita organica, in lui tutte le cose visibili ed invisibili hanno il loro completamento e assorbimento. Egli è quindi associato col Reame Centrale del Tutto-Pieno, cioè, il seme di tutte le cose e forze universali che è densamente riunito insieme. Questa straordinaria convergenza dei moderni astrofisici e l’antico Lamaismo non richiede una complicata spiegazione. La consapevolezza cosmologica – e la consapevolezza di ogni altro processo naturale - è là nella corteccia. Voi potete confermare questa mistica conoscenza preconcettuale con l’osservazione e la misurazione empirica, ma è tutto là all’interno del vostro cranio. I vostri neuroni "conoscono" perché essi sono direttamente collegati al processo, sono parte di esso].
La mente nel suo stato condizionato, cioè quando è limitato dalle parole e dai giochi dell’ego, è continuamente in attività di formazione dei pensieri. Il sistema nervoso in stato di quiescenza, vigile, si sveglia, ma non è comparabile a ciò che i Buddisti chiamano il supremo stato di dhyana (meditazione profonda) quando è ancora unito ad un corpo umano. Il consapevole riconosci-mento della Chiara Luce induce una condizione estatica di coscienza, tale che santi e mistici dell’Occidente hanno chiamato illuminazione. Il primo segno è il fulgore della “Chiara Luce della Realtà”, “l’infallibile mente del puro stato mistico”. Questa è la consapevolezza di trasformazioni dell’energia senza l’imposizione di categorie mentali.
La durata di questo stato varia da individuo a individuo. Dipende dall’esperienza, la sicurezza, la fiducia, la preparazione e l’ambiente circostante. In quelli che hanno avuto anche soltanto un pò di esperienza pratica dello stato tranquillo della consapevolezza del non-gioco, ed in quelli che hanno giochi felici, questo stato può durare da trenta minuti a molte ore. In questo stato, che è la realizzazione di ciò che i mistici chiamano la “Verità Ultima”, essa è possibile, purché dalla persona sia stata prima fatta una sufficiente preparazione. Altrimenti essa ora non può trarne profitto, e dovrà vagare in condizioni sempre più basse di allucinazioni, determinate dai suoi giochi passati, finché non si lascia di nuovo andare alla realtà relativa di routine.
È importante ricordare che il processo di espansione consapevole è l’inverso del processo della nascita, nascita che è l’inizio del gioco della vita, e che l’esperienza della perdita dell’ego è un provvisorio finire il gioco della vita. Ma in entrambi vi è un passaggio da uno stato di coscienza in un altro. E proprio come un neonato deve svegliarsi e imparare a sperimentare la natura di questo mondo, similmente così una persona al momento dell’espansione della coscienza deve svegliarsi in questo nuovo mondo brillante e familiarizzare con le sue particolari condizioni.
In coloro che sono molto dipendenti dai loro giochi dell’ego, e che hanno timore di perdere il loro controllo, lo stato illuminato dura soltanto il tempo di uno schioccar di dita. In alcuni, dura solo il tempo che serve per prendere un pasto. Se il soggetto è preparato per diagnosticare i sintomi di perdita dell’ego, egli a questo punto non ha bisogno di nessun aiuto esterno. Non solo la persona che sta per abbandonare il suo ego dovrebbe essere capace di diagnosticare i sintomi appena essi si presentano, uno alla volta, ma dovrebbe anche essere capace di saper riconoscere la Chiara Luce senza essere messo faccia a faccia con essa da un’altra persona. Se la persona non riesce a riconoscere ed accettare l’inizio della perdita dell’ego, potrebbe sentire strani sintomi fisici. Questo dimostrerebbe che non è giunta ad uno stato liberato. Allora, la guida o amico dovrebbe spiegare i sintomi che indicano l’inizio della perdita dell’ego.
Ecco un elenco di sensazioni fisiche comunemente riportate:
1. Oppressione fisica, che i Tibetani chiamano terra-che-affonda-in-acqua;
2. Freddezza viscida, seguita da calore febbricitante, chiamata acqua-che-affonda-nel-fuoco;
3. Il corpo che si disintegra, o scoppio di atomi, chiamata fuoco-che-affonda-in-aria;
4. Pressione nella testa ed orecchi, che gli Americani chiamano razzo-che-vola-nello-spazio;
5. Formicolamento delle estremità;
6. Sensazione di corpo che si sta squagliando o fluendo, come cera;
7. Nausea;
8. Tremori e scuotimento, a partire dalla regione pelvica e che si diffonde sul tronco.
Queste reazioni fisiche dovrebbero essere riconosciute come segni che annunciano l’arrivo della trascendenza. Si eviti di trattarli come sintomi di malattia, li si accetti, ci si unisca ad essi, e li si goda.
Una debole nausea può spesso venire con l’ingestione di semi di ipomea o peyote, raramente con mescalina e non molto frequentemente con LSD o psilocybina. Se il soggetto sperimenta sintomi di stomaco, questi dovrebbero essere salutati come un segno che la coscienza si sta muovendo lungo tutto il corpo. I sintomi sono mentali; la mente controlla la sensazione, ed il soggetto dovrebbe unirsi con la sensazione, sperimentarla pienamente, goderla e poi, avendola goduta, lasciare che la coscienza fluisca verso la fase successiva. Di solito, è più naturale lasciar
dimorare la coscienza nel corpo – l’attenzione del soggetto può muoversi dallo stomaco e con-centrarsi sul respiro, sul battito del cuore. Se ciò non lo libera dalla nausea, la guida dovrebbe far muovere la coscienza agli eventi esterni – come la musica, camminare nel giardino, ecc.
L’apparire dei sintomi fisici di perdita dell’ego, riconosciuti e compresi, dovrebbe dare luogo al pacifico ottenimento dell’illuminazione. Se non avviene l’accettazione estatica (o quando sembra che il periodo di pacato silenzio stia finendo), le attinenti sezioni delle istruzioni possono essere dettate sottovoce nell’orecchio. Spesso è utile ripeterle distintamente, chiaramente imprimen-dole sulla persona, così da prevenire che la sua mente possa vagare. Un altro modo di guidare l’esperienza con un minimo di attività è di aver registrato prima le istruzioni con la stessa voce del soggetto e di avviare il nastro al momento adatto. La lettura richiamerà alla mente del viaggiatore la precedente preparazione; e farà sì che la nuda coscienza sia riconosciuta come la “Chiara Luce del Principio”; farà ricordare al soggetto la sua unità con questo stato di perfetta illuminazione e lo aiuterà a mantenerlo.
Se, mentre si subisce la perdita dell’ego, uno è già familiarizzato con questo stato, in virtù della
precedente esperienza e preparazione, la Ruota delle Rinascite(cioè l’origine del gioco) si ferma, e la liberazione è istantaneamente realizzata. Ma una simile efficienza spirituale è davvero rara, poiché la normale condizione mentale delle persone non è uguale al fatto supremo di restare nello stato in cui risplende la Chiara Luce; e ne consegue una progressiva discesa negli stati più bassi dell’esistenza di Bardo, e poi la rinascita. La similitudine di un ago bilanciato e stabilizzato che gira su un filo è usato dai Lama per illustrare questa condizione. Finchè l’ago mantiene il suo equilibrio, rimane sul filo. Alla fine, comunque, la legge di gravità (la spinta dell’ego o gli stimoli esterni) lo colpisce, ed esso precipita. Nel reame della Chiara Luce, similmente, la mentalità di una persona che è nello stato che trascende l’ego, gode momentaneamente di una condizione di equilibrio, di perfetto bilanciamento e di unicità. Non familiarizzata con tale stato, che è uno stato estatico di non-ego, la coscienza dell’essere umano medio non ha il potere di funzionare in esso. Le inclinazioni karmiche (cioè, il gioco) oscurano il principio di coscienza con pensieri della personalità, di un essere individualizzato, di dualità. Così, perdendo l’equilibrio, la coscienza cade e precipita via dalla Chiara Luce. E’ il processo del pensiero che ostacola la realizzazione del Nirvana (che è il “soffiare sulla fiamma” del gioco del desiderio egoico); e così la Ruota della Vita continua a girare.
Tutti o alcuni dei passaggi appropriati nelle istruzioni possono essere letti al viaggiatore durante il periodo in cui si aspetta che la droga abbia effetto, ed anche quando appaiono i primi sintomi di perdita dell’ego. Quando il viaggiatore è chiaramente nella profonda estasi di trascendenza dall’ego, la guida saggiamente rimarrà silenziosa.
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Parte II: La Chiara Luce Secondaria Vista Immediatamente dopo la Ego-Perdita.
La sezione precedente descrive come può essere riconosciuta la Chiara Luce e come mantenere la liberazione. Ma se diventa evidente che la Chiara Luce Primaria non è stata riconosciuta, poi si può certamente presumere che si è agli albori di quella che è chiamata la fase della Chiara Luce Secondaria. Il primo bagliore di esperienza produce di solito uno stato di estasi della più grande intensità. Ogni cellula nel corpo è sentita come coinvolta in una creatività orgasmica.
Può essere utile descrivere in maggior dettaglio alcuni dei fenomeni che spesso accompagnano il momento della ‘ego-perdita’. Uno di questi può essere chiamato “onda del flusso di energia”. L’individuo diviene consapevole che lui è parte di, e circondato da, un campo carico di energia che sembra quasi elettrica. Al fine di mantenere il più possibile lo stato dell’ ‘ego-perdita’, il praticante preparato si rilasserà e lascerà che le forze fluiscano attraverso di lui. Vi sono però due pericoli da evitare: il tentativo di controllare, o di razionalizzare questo flusso di energia. Una o l’altra di queste reazioni è indicativa dell’ego-attività, e la trascendenza del primo Bardo è allora persa.
Il secondo fenomeno può essere chiamato “flusso-di-vita-biologica”. Qui la persona diviene consapevole dei processi fisiologici e biochimichi: l’attività ritmica che pulsa all’interno del corpo. Spesso questo può essere sentito come se dei potenti motori o dei generatori battessero in un modo continuo irradiando energia. Da cui sprizza un flusso senza fine di forme cellulari e colori. Si possono anche sentire i processi biologici interni con caratteristici fruscii, crepitii, e rumori martellanti. Inoltre la persona deve resistere alla tentazione di identificare o controllare questi processi. A questo punto, voi sarete sintonizzati sulle aree del sistema nervoso, inaccessibili alla percezione di routine. Non potrete trascinare il vostro ego nei processi molecolari della vita. Questi processi sono un miliardo di anni più vecchi della edotta mente concettuale.
Un’altra tipica fase più rilevante del primo Bardo coinvolge il movimento di energia estatica nella spina dorsale. La base della spina dorsale sembra quasi che si stia squagliando sul fuoco. Se la persona può mantenere una quieta concentrazione l’energia sarà sentita come se fluisse verso l’alto. Adepti Tantrici hanno dedicato decenni di meditazione concentrativa alla liberazione di queste energie estatiche che essi chiamano Kundalini, il Potere Serpente. Così, si permette alle energie di viaggiare verso l’alto attraverso molti centri gangliari (i chakra) fino al cervello, dove saranno sentite come una sensazione di bruciore sulla cima del cranio. Queste sensazioni non sono sgradevoli per la persona preparata, anzi, al contrario, sono accompagnate dai più intensi sentimenti di gioia e illuminazione. Soggetti mal-preparati possono interpretare l’esperienza in termini patologici e tentare di controllarli, di solito con risultati spiacevoli. [Il Prof. R. C. Zaehner che, come studioso Orientale e "esperto" sul misticismo dovrebbe saperlo meglio, ha pubblicato un resoconto di come questa apprezzabile esperienza possa andare persa ed essere distorta in una ipocondriaca lamentela della persona non-esperta…: “… Avevo una curiosa sensazione nel mio corpo che mi fece ricordare ciò che il Sig. Custance descrive come un "formicolìo alla base della spina dorsale" che, secondo lui, precede di solito un attacco maniacale. Era abbastanza simile a quello. Passeggiando nel Largo Viale, questa sensazione accadde ancora e ancora, fino a che fu raggiunto il climax dell’esperimento…. La cosa non mi piacque affatto”. (R. C. Zaehner: Mysticism, Sacred and Profane. Oxford Univ. Press, 1957, p. 214)]
Se i soggetti non riescono a riconoscere il flusso scorrevole dei fenomeni del primo Bardo, la liberazione dall’ego è persa. La persona si trova a scivolare di nuovo nelle attività mentali. A questo punto, dovrebbe cercare di ricordare le istruzioni o essere richiamato ad esse, e potrà essere fatto un secondo contatto con questi processi.
Il secondo stadio è meno intenso. Un palla fatta rimbalzare raggiunge la sua massima altezza al primo rimbalzo; il secondo rimbalzo è più basso, e ciascun successivo rimbalzo è ancora più basso, finché la palla si ferma immobile. La coscienza, durante la perdita dell’ego, è simile a ciò. Il suo primo confine spirituale, direttamente dopo aver lasciato l’ego del corpo, è il più alto; il successivo è più basso. Poi, la forza del karma, (i.e., i giochi del passato), sorge e diverse forme di realtà esteriore sono sperimentate. Alla fine, quando si è spenta la forza del karma, la nuda coscienza ritorna alla “normalità”. Sono di nuovo riprese le routine e così avviene la rinascita.
La prima estasi di solito finisce con un momentaneo ritorno flash alla condizione di ego. Questo ritorno può essere felice o triste, amoroso o diffidente, terribile o coraggioso, e ciò dipende dalla personalità, la preparazione, e l’ambientazione. Questo ritorno al gioco dell’ego è accompagnato da un coinvolgimento con l’identità. “Chi sono io, ora? Sono morto o non sono morto? Cosa sta accadendo?” Non si riesce a determinarlo. Si possono vedere l’ambiente circostante e gli amici, così come si era abituati a vederli prima. C’è una penetrante sensibilità. Ma si è su un diverso piano. La presa sull’ego non è così tanto sicura come lo era in precedenza.
Le allucinazioni e le visioni karmiche non sono ancora cominciate. E neppure sono cominciate le apparizioni paurose e né le visioni paradisiache. Questo è un momento assai sensibile e molto pregnante. Il seguito dell’esperienza può dipanarsi in un modo o nell’altro, in base al tipo di pre-parazione ed al clima emotivo. Se voi lo state sperimentando in uno stato di coscienza alterata, o se siete una persona naturalmente introversa, ricordatevi la situazione e il programma. Siate calmi e lasciate che l’esperienza vi prenda a suo piacimento. Probabilmente ri-sperimenterete ancora una volta l’estasi dell’illuminazione; oppure vi abbandonerete all’illuminazione estetica, o fiilosofica o interpersonale. Non trattenetele: lasciate che il flusso vi porti via.
La persona esperta di solito è oltre la dipendenza dall’ambiente circostante. Essa può voltare le spalle alla pressione esterna e ritornare all’illuminazione. Mentre, una persona estrovertita, che è schiava e dipendente dai giochi sociali e situazioni esteriori, può diventare piacevolmente distratta (dai colori, suoni e persone). Se siete in grado di anticipare la distrazione estrovertita e se volete mantenere uno stato di non-gioco dell’estasi, allora ricordate i seguenti suggerimenti: non siate distratti; tentate di concentrarvi su un ideale di personaggio contemplativo, come il Buddha, Cristo, Socrate, Ramakrishna, Einstein, Herman Hesse o Lao Tse: seguitene il modello come se fosse un essere con un corpo fisico che vi aspetta. Unitevi a d esso.
Se questo non ha successo, non agitatevi e non ci pensate. Forse voi non avete un ideale mistico o trascendente. Questo significa che i vostri limiti concettuali sono all’interno dei giochi esteriori. Ora che sapete qual’è l’esperienza mistica, potete prepararvi per la prossima volta. Voi avete mancato il flusso libero da contenuti e ora dovreste essere pronti a scendere all’interno di un eccitante confronto con la realtà esteriore. Nel Secondo Bardo si potranno ri-sperimentare profondamente le rivelazioni del gioco.
Abbiamo già anticipato le reazioni del mistico naturalmente introverso, della persona esperta, e dell’estroverso. Ora ci rivolgiamo al novizio che in questa fase iniziale della sequenza si mostra piuttosto confuso. La migliore procedura è di dare un segno rassicurante e non fare niente. Egli avrà letto questo manuale e quindi avrà avuto l’indicazione. Lo si lasci in pace e probabilmente lui scenderà in profondità nel suo panico e lo dominerà. Se indica che desidera una guida, gli si ripetano le istruzioni. Gli si dica ciò che sta accadendo. Gli si ricordi della sua fase nel processo. Lo si esorti quietamente ad abbandonare lo sforzo del suo ego ed entrare di nuovo in contatto con la Chiara Luce. Una preparazione e una guida di questo tipo permetterà a molti di arrivare a quello stato illuminato che non si sarebbe mai aspettato di riconoscere.
A questo punto, è necessario inserire un benevolo avvertimento. Il leggere questo manuale è estremamente utile, ma nessuna parola può comunicare la vera esperienza. Voi sarete sorpresi, spaventati e deliziati. Qualcuno può aver ascoltato una particolareggiata descrizione dell’arte di nuotare e però non gli era mai accaduto di nuotare realmente. Tuffandosi improvvisamente nell’acqua, non significa essere capaci di nuotare. Quindi, la stessa cosa può accadere con quelli che hanno tentato di imparare in teoria come sperimentare la perdita dell’ego, però non l’hanno mai applicata. Essi non possono mantenere l’ininterrotta continuità di coscienza, essi vengono sconcertati dalla cambiata condizione e non riusciranno a mantenere l’estasi mistica; essi non riusciranno ad avvantaggiarsi dell’opportunità, a meno che non siano ben diretti da una guida. Ed anche con tutto ciò che una guida può fare, normalmente, essi a causa del cattivo karma (il pesante gioco dell’ego) non riusciranno a riconoscere la liberazione. Ma questo non è un motivo di preoccupazione. Alle peggio, essi ritorneranno indietro nel loro mondo. Nessuno si è mai perso, e la maggior parte di quelli che hanno intrapreso il viaggio è stato poi ansioso di tentarlo nuovamente.
Anche chi si è familiarizzato con le istruzioni e che ha già avuto l’illuminazione in precedenza, può trovarsi in una situazione in cui il pesante gioco del comportamento altrui può costringerlo al contatto con la realtà esterna. Se accade questo, si richiamino le istruzioni. La persona che ha la padronanza di questo principio può bloccare fuori l’esteriorità. Colui che è già in grado di dominare il controllo della coscienza è indipendente dalle situazioni esterne.
Ci sono pure coloro che, benchè vi siano riusciti in precedenza, possono aver portato con loro i giochi dell’ego nella sessione. Costoro possono perfino voler procurare a qualcun altro questo particolare tipo di esperienze. Essi possono cercare di promuovere qualcuno alla ricerca del sé e
potrebbero coltivare sentimenti negativi, competitivi o seduttivi verso qualcuno spingendolo alla sessione. Se accade questo, si richiamino ancora le istruzioni. Si ricordi l’unità di tutti gli esseri. Per me una è la vergogna e la fama. L’altra è la perdita o il guadagno. Si getti via il programma del proprio ego e si rifluisca nella beatitudine raggiante della ‘unicità’. Se immediatamente raggiungerete la Chiara Luce e la manterrete, questa è la cosa migliore. Ma se non ce la farete, sarete rigettati indietro nelle preoccupazioni e coinvolgimenti con la realtà, invece ricordando queste istruzioni dovreste essere capaci di raggiungere quella che i Tibetani chiamano la Chiara Luce secondaria.
Stando su questo livello secondario, avviene un interessante dialogo fra la pura trascendenza e la consapevolezza, alle quali sta accadendo questa visione estatica all’interno di sé. Nella prima radianza non si conosce nessun ‘sé’, non ci sono concetti. Nell’esperienza secondaria, però, vi è
un certo stato di lucidità concettuale. Il ‘sé’ che conosce si libra all’interno di quel trascendente terreno che di solito è precluso. Se verranno ricordate le istruzioni, la realtà esteriore non si intrufolerà. Ma il balenare dentro e fuori tra la pura e luminosa unità senza-ego, e il non-gioco-egoico, produce un’estasi intellettuale e una comprensione che sfida ogni descrizione. Tutte le precedenti teorie fiilosofiche assumeranno improvvisamente significati viventi. Così, in questo stadio secondario del Primo Bardo, è possibile sperimentare sia il non-sé mistico, che il mistico ‘sé’.
Dopo che si sono sperimentati questi due stati, si potrà desiderare di intraprendere in modo intellettuale questa distinzione. Qui, noi siamo di fronte ad uno dei più antichi dibattiti della filosofia Orientale. È meglio essere parte dello zucchero, o essere CHI assaggia lo zucchero? Le controversie teologiche e le loro dualità sono rimosse solo dall’esperienza. Grazie al misticismo sperimentale reso possibile dalle droghe che espandono la coscienza, potrete essere abbastanza fortunati per aver sperimentato il balenare avanti e indietro tra i due stati. Abbastanza fortunati per conoscere ciò che i monaci accademici potrebbero solamente immaginare.
Qui finisce il Primo Bardo, Lo Stadio dell’ Ego-perdita o l’Estasi del Non-gioco.
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