Ho visto la foto di Manuela per caso, su Facebook, nella bacheca di un nostro comune amico.
Nella foto si vede una ragazza bionda con una cappello bianco, t-shirt e pantaloni colorati. Ha una borsa fucsia e scarpe sportive. Con la mano destra fa il segno della “vittoria”, alzando indice e medio. Vicino a lei, intorno a lei, l’Africa: quella povera, quella delle foreste, quella della fame. C’è un secchio di ferro per terra. Poi stracci. E una capanna.
Manuela sembra una delle classiche turiste, carina e sorridente, catapultata per qualche attimo dall’altra parte del mondo. E forse dell’universo.
Ma Manuela non è una turista. E’ una chirurga che per tre settimane ha scelto di portare il suo contributo, il suo sapere, la sua competenza in aiuto di bisognosi e malati.
E ha scelto il Cameroun.
Vedo poi una foto di lei con dei bambini africani: mi colpisce il biondo chiarissimo dei suoi capelli accanto ai capelli neri di quei piccoli. C’è un gioco di colori, di contrasti, di diversità che allarga l’anima.
Allora decido che devo sapere qualcosa di più su MANUELA GUERRA.
La contatto e decidiamo di far nascere questo breve pezzo su di lei nel mio blog. Del resto, amo parlare di donne. Soprattutto di donne-streghe: quelle che spezzano catene mentali e – possibilmente – anche materiali.
Nascono domande. Manuela risponde. E’ importante comprendere il motivo di certe scelte: forse dentro ciascuna di noi c’è il coraggio e la forza d’animo di Manuela. La differenza è che Manuela e tante altre come lei, li rendono più evidenti, li vivono in pieno. Leggendo la sua esperienza, magari, verrà voglia anche a qualcuna di noi di tirare fuori il “coraggio della scelta”.
INTERVISTA A MANUELA GUERRA, SULLA SUA ESPERIENZA COME CHIRURGA IN CAMEROUN
Come è nata la tua scelta di andare in Africa per 3 settimane come chirurga per prestare aiuto ai malati? Perché proprio il Cameroun?
Sai quando si parla di sogni nel cassetto? Uno dei miei era proprio questo: partire per una missione umanitaria per aiutare le persone più bisognose. Ti racconto come è nato il sogno. Mi specializzo in chirurgia generale nel 2008, l’anno dopo invio il mio curriculum ad Emergency e a Medici Senza Frontiere. Purtroppo, ho un esito negativo: per Emergency non ho abbastanza esperienza in campo chirurgico, mentre da Medici senza Frontiere non ho nessuna risposta. Nel luglio 2010, mi contatta un mio collega anestesista di San Marino chiedendomi se sono interessata a partire con lui per una missione di 4 settimane in Madagascar. “Fantastico” penso io. Ma il mio primario non è d’accordo con la mia partenza, per problemi organizzativi interni. Non mi demoralizzo e continuo a credere nel mio sogno, perché sono convinta che i sogni si possano trasformare in realta’. Lo scorso giugno, in occasione di un concorso a Forlì, incontro e stringo amicizia con una collega ligure che mi mette in contatto con i referenti del gruppo missionario salesiano di Varazze “Africa degli Africani” che, con cadenza annuale nel contesto di una esperienza pluridecennale, si recano per tre settimane in Cameroun, precisamente ad Ebolowa. Inizia cosi un lungo scambio di e-mail durato fino allo scorso gennaio, mese in cui sono partita. Così, ho partecipato alla mia prima missione umanitaria (questa volta con il parere favorevole del mio primario): posso dire di aver realizzato il mio sogno.
Come hai vissuto i primi momenti d’impatto con quei luoghi? Hai mai desiderato tornare in Italia e rinunciare a vivere questa esperienza?
Sono arrivata in Cameroun, precisamente ad Ebolowa, il 20 gennaio intorno a mezzanotte, dopo un viaggio di circa 24 ore (considerando gli scali e le attese in aeroporto).
Il caldo umido, nonostante l’ora, si è fatto subito sentire, ma la stanchezza ha preso il sopravvento e mi sono addormentata nel mio nuovo letto africano con zanzariera (che incubo le zanzare!)
La mattina seguente sono subito entrata in contatto con la realtà che mi avrebbe accompagnato per 3 settimane: tanta povertà, sporcizia, odori nauseabondi, degrado sociale, abbandono, dignitosa sofferenza e rassegnazione…
Giorno dopo giorno, mi sono scontrata con questa realtà per me inconcepibile, al punto tale che ho avuto dubbi sulla possibilità di farcela, di riuscire a resistere: troppe emozioni forti, dure, sconvolgenti …. E tutte insieme…
Piu’ di una volta ho pensato di tornare a casa, ma poi mi sono fermata a riflettere: del resto, avevo scelto io di vivere questa esperienza, di realizzare questo mio sogno.
Quindi – mi sono detta : “ forza Manu! Non mollare, non arrenderti, tira fuori la tua grinta, fai tutto ciò che sei in grado di fare per aiutare il prossimo! La realta’ per tre settimane sarà sempre questa che vedi adesso! Non puoi tirati indietro, ma devi affrontarla vivendola in pieno!” E cosi sono trascorse tre lunghe settimane.
Cosa ti è mancato di più del “comodo mondo occidentale”?
Inizialmente mi è mancato tutto: dal cibo (per tre settimane ho mangiato riso, pollo, patate, banane, noccioline, ananas) agli svariati comforts (intendendo con ciò, tutto quello che ti può venir in mente pensando all’Italia).
Poi, con il passare dei giorni , mi sono abituata bene a quel poco che avevo: anche al cibo. Alla fine non mi è pesato più nulla…
Quali sono gli aspetti, le situazioni o le persone che ti hanno dato la forza di resistere e di andare avanti nei tuoi propositi?
Certamente la mia forza di volontà, ma anche i colleghi della missione: semplicemente fantastici! E poi la mia famiglia: in particolare mio fratello Gianni. Anche i miei amici più cari (Guido, Lory, Alessandro, Francy, Chiara, Carla) e i miei colleghi: mi hanno dimostrato affetto e solidarietà inviandiomi messaggi tutti i giorni.
Ma soprattutto, ho trovato energia nella riconoscenza e nella stima degli ammalati che ho curato ed aiutato (non dimenticherò mai i loro sguardi): mi hanno dato la forza di resistere e di andare avanti fino alla fine.
Cosa conservi dentro di te di questa esperienza?
Sono tornata in Italia con un ricco e “pesante” bagaglio emotivo.
Ho portato a casa tutto ciò che ho vissuto in quelle tre settimane in Africa: le emozioni belle e quelle più dure e dolorose da affrontare (al punto tale da non riuscire a trattenere le lacrime). Ripenso alle visite negli orfanotrofi, nel carcere, nei villaggi piu poveri, ma conservo dentro di me anche le gioie professionali, i momenti di allegria condivisi con i colleghi, le risate, gli imprevisti, gli acquazzoni mentre si è per strada a piedi, i rumori notturni piu insoliti che non ti fanno dormire. E i momenti più impegnativi come l’interruzione improvvisa della corrente elettrica mentre si opera….. però tutto questo è l’Afrique!
E di questa Africa così dura, povera, imprevedibile, emozionante, conservo la capacità di vivere ogni giorno a 360 gradi. Vivo con pienezza tutto ciò che mi capita, senza pensare troppo al domani, apprezzando e dando il giusto valore ad ogni giorno che ci viene donato, perché noi occidentali abbiamo l’orologio…. ma spesso non abbiamo una giusta considerazione del tempo!
Tornerai in Africa?
La risposta è ovvia: certo che tornerò in Africa. Voglio continuare a vivere il mio sogno.
Ringrazio Manuela per aver condiviso con me il racconto di questa intensa esperienza di vita: ha avuto il coraggio della scelta e ha trasformato il suo sogno in realtà.
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CONTATTI 25 febbraio 2014: 21.116
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