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Marchionne e il colore dei numeri

Da Enricobo2

 

Marchionne e il colore dei numeri.

foto:flickr

Adesso voglio dire la mia. Non è che pretendo anche di essere ascoltato, ma non ho voglia di prendermi troppi pomodori marci in faccia. Il fatto è che quando voglio esprimere un' opinione, i vari centristi mi additano come un estremista, mentre chi è massimalista conclude che sono e rimarrò nell'intimo uno sporco democristiano. I miei amici di destra mi definiscono un inguaribile bolscevico, mentre quelli di sinistra mi danno del fascio a tutto spiano (che ci posso fare se ho tanti amici). Che male c'è se uno pretende di stare a sentire e poi, indipendentemente, formarsi una sua idea e tentare di mantenerla scevra di pregiudizio; perchè deve essere giudicato male, il voler pensare? E' un destino barbaro e bastardo, lo so, comunque ho voluto sentirla bene con le mie orecchie l'intervista a Marchionne, prima di sparare parole a vanvera, il guaio poi è che ho dovuto sentire tutte le uscite dei vari giornalisti (anche di quelli di cui ho stima), per non parlare dei titolatori che, pur di buttare una frase ad effetto, non leggono neppure l'articolo ma vanno a senso. Non parlo dei politici naturalmente verso i quali, il grado di disistima che ne ho, non potrebbe di certo essere peggiorato da dichiarazioni obbligate e volte ad ottenere unicamente consenso al momento dell'urna. Esaminare un problema con coerenza sarebbe di certo un inutile esercizio dialettico per costoro. Questo signore ha detto soltanto che in Italia, stando ai dati inconfutabili delle classifiche mondiali, non si riesce a lavorare in maniera efficiente e concorrenziale (e ha sottolineato, non per colpa dei lavoratori); che la Fiat quest'anno ha guadagnato globalmente, ma in Italia ha perso soldi; che se dovesse fare il conto della serva non gli converrebbe lavorare in Italia come gli consigliano gli imprenditori delle altre nazioni (ma non ha detto che lo farà); che per poter vendere un prodotto e non chiudere, bisogna essere efficienti come in Germania o negli altri paesi sviluppati (non come in Cina e in India); che a parità di efficienza, sarebbe ben giusto che i lavoratori italiani avessero gli stessi stessi stipendi dei loro colleghi tedeschi (e che a questo lui si impegna a tendere); che nessuna azienda può andare avanti se il giorno della partita sono malate il 50% delle sue maestranze; che gli girano gli zebedei quando in tutto il mondo gli stendono il tappeto rosso e lo considerano e quando propone le stesse cose nel suo paese, gli tirano i pomodori. Questo ha detto e cosa doveva dire? Dati falsi sull'efficienza italiana, quando decine di aziende lombarde e venete si trasferiscono in Svizzera, non in Vietnam, in Svizzera, oppure che una azienda può sopravvivere facendo gli stessi prodotti a costi superiori degli altri? Così mentre da destra e da sinistra si leva un coro di commenti stizziti, offesi, a difesa dell'indifendibile, nessuno che si ricordi che il giorno prima aveva criticato l'inefficienza italiana, le panie burocratiche che non ti permettono di fare le cose in tempi ragionevoli, le strade impercorribili a sistemare le quali ci vogliono decenni e compagnia bella. Gli aiuti all'auto hanno aiutato tutti i produttori d'auto indifferentemente, ma tutti fanno finta di non capirlo. Ha difetti? Certo, quello di non comportarsi da politico, dicendo quello che il "popolo bue" vuol sentirsi dire, per poi fare i propri affari. Dice le cose come stanno, i numeri non hanno colore, poi ognuno può decidere quel che gli pare. A me sei piaciuto Sergio, anche se un po' più di astuzia melliflua, avresti dovuta impararla qui da noi, buttare lì qualche balla compiacente come fanno tutti i vari rappresentanti di partito; il problema è che tu sei abituato a posti dove se uno è bravo lo assumono e magari gli danno una responsabilità, anche se non è figlio di qualcuno o anche se non ha portato voti. Vedi un po' tu.Comunque tanto per sdrammatizzare, posate i pomodori e concentratevi su questa : Crittografia mnemonica (5,1'4,2,2,7,5)MARCHIONNE IN ITALIA  

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