La cura dimagrante sarà obbligatoria per i dipendenti dell’amministrazione provinciale, che subiscono un taglio del buono pasto. L’importo massimo previsto, infatti, scende da 10 euro e mezzo a 7, allo scopo di tagliare le spese del bilancio dell’ente pubblico in corso di riorganizzazione con una destinazione finale ben precisa: la soppressione, come uno spicchio d’arco costituzionale si aspetta da tempo. Si ridurrà allora anche il pasto, dato che bisognerà saltare un coperto o pagare di tasca propria come succede a tanti lavoratori del settore privato, che il buono pasto se lo sognano, anzi: non ci pensano neanche più. Il conto lo paga comunque l’ente Provincia per i due terzi.
I dipendenti della Provincia di Cremona erano favoriti, rispetto ai colleghi lombardi: infatti 7 euro è la media delle altre Province lombardi: Cremona pagava i più.
Meno buoni pasto per i turnisti, secondo le necessità ma evitando che si sommi la pausa pranzo alla fine del turno.
Ma quel che non risulta più sostenibile come prima, vista la riduzione delle risorse per il personale, è la pausa pranzo. E scatta la marchionnizzazione di corso Vittorio Emanuele II, dato che vengono ridotte anche le pause pranzo, che sinora consistono di un’ora e 15 minuti. Riorganizzando l’orario e ottimizzandolo i dipendenti pagati mentre non producono diminuiscono. Sono previsti quindi sei giorni lavorativi la settimana nell’intero anno, con orario rimodulato secondo le opportunità di risparmio consentite da ora solare od ora legale.
Prevale in definitiva la linea dell’ad della Fiat Sergio Marchionne, ripensando a quelle peculiarissime lotte con la Fiom: in quel caso si trattava soprattutto di operai nelle linee di produzione, per i quali la pausa pranzo ha maggiore rilievo.
Nel settore impiegatizio il discorso si differenzia tuttavia hanno successo i fautori dei tagli, che in Provincia in diversi casi hanno colpito anche i dipendenti dirigenti.