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Marco Malvestio: gli dei si manifestano nell’acqua

Da Narcyso
20 gennaio 2014

Marco Malvestio, Depurazione delle acque, La Vita Felice 2013

malvestio
Marco Malvestio pubblica un’opera prima che vuole essere “riassuntiva”, e parrebbe ironia sostenere che si possa scrivere un’opera riassuntiva a 23 anni.
È così, invece. Io ne scrissi una molto ambiziosa che si chiamava Assenza e che è rimasta fra le cose dell’età giovane. E poi anche Grandi Frammenti, il secondo libro pubblicato, fu scritto con propositi universali; e sorte volle che persi il manoscritto e così ne dovetti ricostruire una parte: Grandi Frammenti, appunto.
Malvestio, dunque, si crea un canovaccio di traiettorie, metatopografie di spazi lunari per dire di sè nel suo tempo, probabilmente col desiderio di abitare un tempo più necessario: Mare fecunditatis, Mare humorum, Mare cognitum, Mare serenitatis…
I vasti sistemi si intuiscono quasi subito, per poi decantarsi nel corso degli anni lasciando traccia di sé in una scrittura più composta, forse più consapevole, non so… comunque scaraventata contro le traiettorie della vita, la sua arte a conservare per istinto di sopravvivenza anche gli errori, se la posta in gioco è semplicemente durare.
Malvestio non ha ancora questo problema. Così la sua parola tende a riempire gli interstizi di ogni sensazione appellandosi a un campionario di miti e conoscenze letterarie.
Ma anche al quotidiano, sia per necessità di ironia, sia per consapevolezza di un immaginario perduto sempre più fagocitato dalla banalità del moderno. E lo si capisce da certi meccanismi letterari di identificazione adottati alla maniera di Kavafis, Ritsos, in cui la Storia ritorna a parlarci riabitando un quotidiano trasfigurato…si veda, nel libro, il discorso di Ovidio che parla ai Geti.
Così Malvestio denuncia una certa distanza dai falsi miti della sua stessa età, scegliendo di navigare tra acque da epurare di diversa natura, forse perchè “gli Dei si manifestano nell’acqua”. E questo è un pensiero aperto, che consegna quest’opera a una ambiguità creativa, capace di suggerire altri sensi.
Infatti non sappiamo se si chieda, attraverso un’operazione di pulizia, il ritorno di tutto un immaginario connesso a una splendente Bellezza, e persino a un’etica della forma fuori tempo, o se si voglia alludere a una scomparsa, tra le onde ormai velenose, di tutte le muse e di ogni altra possibilità dell’umano. Per una nuova “limpieza”.

Sebastiano Aglieco

***

Nell’oceano dell’alba il mare si fa luce,
e assiso sulla riva contemplavo
una distesa di diamante distillato.

Ma le bronzee colate sommergevano
dei tramonti quando muto il sole,
freddo il suolo, quando notte
si fa il mare.

Sibilava l’inverno, e sedevo
tacendo, assorto dalle mie rovine,
su sterminate distese di acque morte;

ma la doccia mi rovescia addosso un fiume
ardente e limpido come solo il sangue
sa essere, e sciacqua via ogni peccato,
paziente lava via ogni ricordo,
riscalda.

Gli Dei si manifestano nell’acqua.

***

IV

Sciogliere il silenzio catastrofico
da Costantinopoli assediata
che le tue labbra senza posa urlano
sarebbe commercio
frivolo con l’aldilà:

l’acqua che striscia tra i canali
su cui ti appoggi stanca
avvolge lenta libri e sentimenti,
trascina via macrescenti
petali di rose da ordalia,

e, figura del mio cuore, il mare ipocrita
si fa tomba per il sole che tramonta,
e incendio d’acqua, pozzanghera di fuoco.

Ma gli Dei si manifestano nell’acqua.

***

OVIDIO PARLA AI GETI

“Anche qui fa così caldo da star male, quando vuole.
Nell’ombra sottile dei dopopranzi di luglio, ancora nascoste,
le nostre contraddizioni rimanevano ancorate a tavola,
quando le ragazze erano qualcosa di più che una schiena
o un profilo, alla peggio, da catturare prima che svolti
l’angolo, bensì necessità svergognata, scandalosa abbondanza,
per l’insistenza della gioventù.
Non so se fui mai altro che giochi di parole, bugie per amor di pace,
navi naufragate al varo, terrore di perdere i capelli,
immerso come tutti, inconsapevole, nella Storia, e anche allora
solo come adesso, cieco come domani, stanco ma senza dirlo,
illuminato dai mediocri incendi lasciatemi alle spalle.

Ma noi nemmeno parliamo la stessa lingua”.

***

ISTRUZIONI PER LA CONSERVAZIONE

Dobbiamo avere enorme cura di noi

(trascorrono, le persone trascorrono
per dove ci ostiniamo ad abitare,
come il sonoro fiume di polvere
che liscia le ossa di Ofelia)

per sopravvivere e scampare all’olo-
causto che tintinna nella goccia
del lavandino, all’evidenza
della nostra scomparsa.

E ho tentato di fare un Trionfo di te
dell’Eternità, ogni cosa fissando di te
nelle mie palpebre
- ma il fuoco
si consuma, le sue ombre si riassorbono,
ora si sfuma il suo nome, il tuo viso

(ogni legame tra noi è reciso)

non ci accomuna più che l’intuizione
di qualcosa, e il dolore, il fastidio

la memoria è il presagio della morte.


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