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Marco Pantani: un'emozione lunga una strada per Oropa

Creato il 15 febbraio 2011 da Aruotalibera

   
Una maglia rosa sulle spalle, segno della continuità dopo quella finale del 1998. La consapevolezza dei propri mezzi, infiniti appena l'asfalto cominciava a seguire una linea curva verso l'alto. La dimostrazione di "padronanza" della corsa quando tutti i compagni di squadra si schieravano in testa al gruppo in fila indiana, equamente pronti, tutti, a proferire tutte le energie in funzione dell'attacco del loro capitano: il Pirata. Anche quel 30 maggio 1999 era iniziato sotto il predominio dell'allora Mercatone Uno, che dopo aver affrontato 135 km partendo da Racconigi, si trovava a soli 8 km dal traguardo di tappa con l'ultima difficoltà da superare corrispondente all'ascesa verso il Santuario di Monte Oropa... L'intera formazione gialloblù guidava il plotone principale verso la salita conclusiva quando ad un certo punto Marco Pantani si stacca volontariamente dal gruppo ed affianca sul lato destro della carreggiata: un problema meccanico. Tarda ad arrivare l'ammiraglia del suo direttore sportivo, così è la macchina della Shimano, addetta ufficiale al cambio ruote per tutti, la quale consegna la bici allo scalatore di Cesenatico. Da lì comincia una rincorsa roboante che durerà per 4,5 chilometri. Marco Pantani, dopo esser ripartito, si alza sui pedali e con la rabbia agonistica che lo contraddistingue si riporta sui compagni di team. Ad attenderlo, per riportarlo sotto, ci sono Enrico Zaina, Stefano Garzelli, Marco Velo e Massimo Podenzana. Inizialmente il vincitore di Giro e Tour '98 fatica ad imprimere un ritmo costante e deciso per recuperare quei 15 secondi che lo dividono dalla testa della corsa, quei 15 secondi a favore dei vari Simoni, Camenzind, Savoldelli, Jalabert, Gotti che rischiano di impensierire la sua leadership...Si tratta solo di una fase d'impasse momentanea di Pantani. Infatti, dopo qualche centinaia di metri il colpo di pedale diviene sempre più rapido, agile, determinato ed incisivo. Il Pirata e i suoi due "fedelissimi" Velo e Garzelli mietono vittime in continuazione in una risalita che assume sempre più i contorni di una gara ad inseguimento, quasi si fosse su pista e non su una montagna che si sta scalando. Scorrono sull'asfalto sempre più velocemente i copertoni delle Bianchi, e altrettatento in fretta scorrono sullo sfondo le divise dei corridori delle altre compagini, letteralmente "saltati" dal trio della Mercatone Uno.  I due gregari della Maglia Bianca targata Tour '94 e '95, si inerpicano costantemente sul manubrio e danno vita ad una vera e propria volata per rilanciare di continuo l'azione trio in funzione del recupero del loro capitano. Appena oltre lo striscione dei meno 5 all'arrivo è Marco Pantani a prendere in mano il proprio destino, e ringraziando i compagni per il lavoro svolto, decide di risolvere la situazione come ha sempre fatto: in perfetta solitudine, volando con i suoi 55 chili e la sua bicicletta, tra due ali di folla che lo acclamano e lo sospingono verso la meritata gloria per appagare lo sforzo immane. La grinta e la caparbietà nella pedalata, nello sguardo, negli occhi, nelle gambe dimostrano le potenzialità di un campione assoluto incapace di porsi limiti, toccando delle punte di forza che molti ottimi ciclisti professionisti probabilmente non potranno mai sfiorare nemmeno all'apice della loro carriera. Pantani raggiunge, sopravvanza e distacca tutti quanti, registrando il superamento, in 5 chilometri scarsi di ascesa, di ben 70 corridori della Carovana Rosa edizione 1999, ultimo dei quali Laurent Jalabert, il francese solo in testa alla corsa che lo stava attaccando in ottica classifica generale. Il momento del ricongiungimento è epocale: Marco Pantani agguanta il rivale e prosegue dritto per la sua strada quasi senza rifiatare. A noi piace ricordare quel Marco Pantani: audace, coraggioso, impavido che non lasciava nulla uguale per come era stato scritto, anzi tentava sempre di sovvertire l'ipotesi formulata dalle mani invisibile che scrivono il ciclismo. Invece in quel maledetto 1999 qualcosa di più grande di lui gli si è scaraventato addosso. Dai malanni fisici e tecnici, dai quali sempre si era rialzato, si è passati a quelli disciplinari, giudiziari, infine psico-sociali che l'hanno condotto a rifugiarsi in una vita irreale. Donne facili, cocaina, poco allenamento, la non volontà di battersi come prima. Proprio lui che ci aveva regalato il sogno di una reale realtà dove sacrificio, dedizione e sofferenza alla lunga premiavano sempre. Proprio lui ci ha regalato questo sogno per poi privarsene in prima persona. Ma noi quel Marco Pantani lo faremo sempre vivere e rivivere.  

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