Della giornata passata da Jacques brunel in Gazzetta dello Sport ho già detto. Ora vi propongo uno stralcio del ritratto che Marco Pastonesi fa del nuovo ct azzurro sul suo blog.
Ha le gambe da mediano di mischia, storte, anche se lui dice che la colpa è che ai suoi tempi, anni Settanta, andava di moda un budello sintetico per aggiustare i legamenti crociati, ma questo budello aveva un difetto, che dopo un po’ cedeva e i legamenti crociati saltavano ancora, e stavolta definitivamente.
Anche la schiena ha da mediano di mischia, lunga, come quella di tutti quelli che raccolgono palloni fra le zampe degli avanti e lo proiettano al mediano di apertura, che poi si prende i meriti per il gioco al largo, per il gioco alla mano, per il gioco allo champagne trattandosi di francesi.
Soprattutto ha l’altezza da mediano di mischia, che è altezza spirituale ma bassezza fisica, fondamentale per respirare il campo, per giocare terra-terra, per placcare tutto quello che vola appena sopra il livello dell’erba.
E invece Jacques Brunel giocava estremo. Fin da quando ha cominciato a giocare, a scuola, senza eredità familiari. Aveva 14 anni, aveva giocato – nonostante la bassa altezza – a basket e praticato atletica leggera, specialità lancio del giavellotto, risultati così così, però che bello. Estremo, e qualche volta apertura. Che poi è un estremo meno estremo, è un estremo più interno, più avanzato, più coinvolto. (…)
Basta stringergli la mano per sapere che siamo in buone mani. Brunel ha mani callose, rugose, muscolose, forti. Non a caso lui è un uomo da campo, non da scrivania, non da salotto. Gli piace sentire i giocatori da vicino, annusarli, toccarli, se non con le mani, almeno con gli occhi. E non a caso paragona il gioco del rugby al lavoro nelle vigne: manovalanza per un progetto comune, in fondo anche la meta è un nettare, divino, di vino.
Viene da Perpignan, Brunel, dove la Francia sa di Catalogna, a metà strada fra mare e Pirenei. Salvador Dalì giurava che il caffè della stazione di Perpignan fosse il centro del mondo. Brunel sostiene che Dalì diceva così solo perché non era mai stato dentro l’Aimé Giral, 14.593 posti, con 12 mila abbonati. E’ la casa della Union Sportive des Arlequins Perpignanais, è lo stadio del Perpignan. Giallo e rosso.