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Marcorè: "I politici mi hanno rotto, non li imito più" (Corriere della Sera)

Creato il 25 gennaio 2014 da Nicoladki @NicolaRaiano
Neri Marcorè ha 47 anni e da più di venti zigzaga tra performance pluripremiate (Il cuore altrove di Pupi Avati), trasmissioni televisive sperimentali di ultra nicchia (NeriPoppins) e fiction da ascolti in doppia cifra (Questo nostro amore, di cui sta girando la seconda serie). E' attore in tv, in teatro e al cinema. E' imitatore, doppiatore, presentatore e testimonial di spot tormentone della telefonia. La sua prima esibizione risale a quando aveva dodici anni e cantava i pezzi dei Bee Gees. Nel 1990 era già in tv, tra i protagonisti della trasmissione Stasera mi butto, con monologhi di cinque minuti in cui parodiava in sequenza Gianni Minà, Carlo Verdone, Gianni Agnelli, Swen Gòran Eriksson e Dino Zoff. Concludeva con la telecronaca/cantilena ciclistica di Adriano De Zan: "Ecco che scorrono sul traguardo Bombini, Contini, pasta ceci e fagioli...".
Perché nel 2011 hai interrotto la decennale esperienza con Per un pugno di libri, trasmissione parapedagogica di avvicinamento ai libri su Raitre?Se posso cerco di prevenire la fase discendente delle parabole. Stacco prima. Anche per lasciare e conservare un buon ricordo invece del senso di routine o di attaccamento alla poltrona.
L'anno scorso hai smesso pure di fare imitazioni.In quel caso ha funzionato il teorema della frantumazione dello scroto.
I politici ti hanno rotto...?Qualcosa su cui ironizzare si trova sempre. La politica continua a regalare spunti. Ma da quindici anni i personaggi sono quasi tutti gli stessi e i dibattiti sono sterili. Uno sketch di 10 anni fa è ancora attuale.
Nella trasmissione L'Ottavo nano imitavi Gasparri, Casini, Fassino...Appunto, parliamo del 2001. Sono ancora tutti lì. E anche se c'è stato un po' di ricambio nel personale politico...non sono cambiati i temi, i canoni della discussione, gli argomenti. Allora ho pensato che era necessario uscire da quella stanza, c'era aria stantia.
E' vero che l'unico imitato che non ha gradito i tuoi sketch è stato Ligabe?Non l'ha presa benissimo, no.
Nel 2013 sei andato in onda su Raitre con NeriPoppins. Non un successone. Lo rifarai?No, ma questo al di là dei risultati di share non esaltanti. E' stato uno sforzo incredibile perché ho voluto seguirne ogni aspetto, dalla scrittura al montaggio, non per sfiducia degli ottimi compagni di viaggio, ma per passione e divertimento.
Forse infilandoci qualche imitazione avresti potuto fare più ascolti.Mi è piacita una recensione di Walter Siti. Scriveva che di NeriPoppins aveva apprezzato soprattutto il tentativo di spostare i canoni classici della comicità. E l'assenza di imitazioni. Ho cercato di sperimentare e ringrazio il direttore di Raitre Andrea Vianello per avermi fornito l'occasione. Ormai in Rai si vede sperimentare molto poco.
Perché secondo te?Per la filosofia del mordi e fuggi. Si va in onda con prodotti sicuri, di cui si riscuotono i risultati subito. E che non possano fare troppi danni. Non si avviano più progetti a lungo termine che facciano maturare i prodotti televisivi. Nessuno osa e si vivacchia. E spesso si danno possibilità solo ai già noti.
Di chi parli?Di autori che girano film dimenticabili o sfornano trasmissioni inutili, a cui vengono affidati sempre nuovi progetti.
Fuori i nomi.Sono sicuro che adesso a ognuno viene in mente qualcuno. Forse persino loro stessi si verranno in mente.
Qual è la scelta che ti ha cambiato la vita?Lasciare la tv nel 1992. Venivo da due anni di dirette la domenica pomeriggio su Rai 2. Mi proposero di andare avanti. Decisi che era meglio studiare: teatro e doppiaggio. Ho investito su di me, faticando e resistendo alle chimere della xisibilità e del guadagno immediato.
Che cosa guardi in tv?Coi miei figli film, documentari e qualche partita di calcio. Da solo anche dibattiti politici, ma sempre meno.
Che cosa eviti di guardare?Le chiacchiere inutili, la gente che si insulta, i comici giustizieri, l'inconsistenza dei reality. La tv verità non è mai vera. Preferisco quella molto pensata e scritta, come la facevamo con Serena Dandini e i fratelli Guzzanti.
Dall'intervista di Vittorio Zinconeper "Corriere della Sera - Sette"

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