Maria Stella Gelmini: “Una bimba di sei anni mi ha chiesto di dire a Silvio che gli vuole bene”. Pronto l'intervento di Telefono Azzurro
Creato il 14 settembre 2013 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Sembra che sia andata così. Maria Stella Gelmini si trovava all'aeroporto di Fiumicino quando è stata avvicinata da una signora e dalla figlia di sei anni, Benedetta. Convinta che le volessero sputare in faccia per come ha ridotto la scuola pubblica, l'unica viaggiatrice del tunnel L'Aquila-Cern di Ginevra, è rimasta sorpresa quando mamma e figlia le hanno chiesto di esprimere al presidente Berlusconi, “stima, affetto e solidarietà”. “L'altraItalia”, quella che piace a lei e ai disperati del Pdl, ha prontamente twittato la ex ministra. In questi tempi bui, i pidiellini si attaccano a tutto pur di venir fuori dal pantano nel quale li ha fatti precipitare il loro capo. Sono disposti a inventare balle spaziali (cosa che fanno impunemente da venti anni) e vedere complotti dovunque allo scopo di dimostrare al popolo bue che esiste una sola vittima: si chiama Silvio di nome e Berlusconi di cognome. Il giornale del ballista principe, ad esempio, quello che per un po' di visibilità s'è inventato un attentatuni alla sua persona personalmente, oggi se n'è uscito con il complottuni europeo contro Silvio: “Cacciato perché contro la moneta unica”, è il titolo di apertura di Libero, e giù un articolo farneticante che manco il peggior mockumentary. Altro che farsa, questa è una tragedia in piena regola. Da Bruxelles ci fanno sapere che il Vecchio Continente sta uscendo dalla crisi e che in “quasi” tutti gli stati è iniziata la ripresa. “Meno che in un pugno di Paesi”, dicono i portavoce della UE. Indovinate un po' chi c'è in quel pugno? Domanda retorica, lo sappiamo. Stiamo vivendo un delirio che non è solo mediatico ma di sostanza. La Gelminis'inventa berluschine di sei anni (le colpe dei genitori ricadranno sempre sui figli, povera bambina che invece di giocare con le bambole è costretta a difendersi già da piccola dal cacciatore di Cappuccetto Rosso); Sandro Bondi prega tutto il giorno e s'immagina in una cella intento a scrivere in rima le memorie del Capo, manco fosse il Marco Polo del Milione; Renato Schifani continua a lanciare avvertimenti che ormai non fanno più manco i capicosca della sua terra d'origine; Angelino Alfano non sa più cosa dire per tenersi stretto il posto di vicepremier da una parte e non scontentare il suo mentore dall'altra. E poi c'è Gianfranco Rotondi che ha fatto la proposta più lacrimevole e strappacore di tutti: “Se Silvio dovesse andare ai servizi sociali, nel settore che sceglierà e per l'intera durata del servizio io sarò con lui”, dimostrando finalmente che con una fava si posso prendere due pregiud... ehm, piccioni. E poi ci sono le berluschine maggiorenni, quelle che invadono gli studi televisivi senza pudore e senza vergogna, mentono sapendo di mentire. E fra loro la più berluschina di tutte, la pitonessa, la regina della selva oscura del Pdl: Daniela Santanchè. Probabilmente Danielona è riuscita a carpire a Padre Pio il dono della bilocazione perché altrimenti spiegateci come diavolo fa a essere contemporaneamente in tre studi televisivi. Uno dice “ma sono trasmissioni registrate”. Eh no, diciamo noi, perché le parole che dice e le offese che riserva a chiunque si metta sulla strada di Silvio sono sempre le stesse, scandite allo stesso modo e con gli stessi tempi. Sincronia? No, bilocazione. Però questi del Pdl vincono facile. Abituati a fare “buh!” e vedere i pidini darsela a gambe, oramai hanno capito che basta urlare un po' per zittire un nemico che in fondo in fondo, un nemico vero non lo è mai stato, tutt'al più un comprimario nel gioco delle parti. Le anime del Pd sono troppe per tentare di convivere, di fare fronte comune contro la vergogna, di essere finalmente un partito unito per il bene supremo della nazione. È piuttosto la riedizione della peggioreDemocrazia Cristiana, ne abbiamo preso atto dopo che per anni lo abbiamo detto prima di Forza Italia e poi del Pdl. Ci sentiamo, in questa unica occasione, di convenire con Matteo Renzi il quale ha detto: “Se Martin Luther King fosse iscritto al Pd direbbe 'io ho un incubo'”. A fronte di mille puttanate giornaliere, alla fine quella buona scappa anche a lui.
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