Pubblicato da giorgiomorale su dicembre 3, 2011
alla Libreria popolare di via Tadino 18,
a Milano,
Marina Massenz presenterà
la sua nuova raccolta poetica
La ballata delle parole vane
(casa editrice L’Arcolaio)
Intervengono
Ennio Abate e Paolo Giovannetti.
Con garbo
Noi che siamo quelli che si amano
che sempre la sera si lavano i denti,
noi che rimbocchiamo il letto prima di
iniziare a litigare, serviamo
il garbo solo come antipasto. Poi io
parto con lo scoppio, esplodo nell’urlo,
“l’aguzzo nasino” ti fracasserei,
ti vorrei fare nero, pesto di pugni
per ridurti in poltiglia, azzerato,
assoluto finalmente il silenzio.
Prego, non c’è di che.
*
Una sfuriata
E tu provaci, se vuoi,
ad andare con un’altra!
Vedrai i miei canini
allungarsi in zanne
e i miei capelli
come serpentelli guizzare.
Vedrai le mie mani deformarsi
le unghie allungarsi in artigli
e la bocca sputare fumo e fuoco.
E tu provaci, se vuoi.
Ma poi non dire
“non volevo non sapevo”
non fare quello sguardo
dimesso e non avvicinarti
non toccarmi… è tutta
scaglie di vetro la mia pelle!
E tu provaci, se vuoi, che io
rido, rido, rido.
*
Banalità
Il sapore scialbo
di quelle quattro frasi
il sorriso svagato
la compostezza
il gesto levigato
molto sfumato
l’esserci sempre
in apparenza.
Era fatto di pasta e patate.
Mancavano rape, rucola
e carciofi. Una dieta
ipercalorica, ma senza sale.
*
Gelo
Una porta nuovamente chiusa
il rumore secco della serratura.
Smettetela, non fatemi più sentire
le grida di questi bambini morti.
Quella tua mano alzata,
ma non a benedire, a dividere,
quel tuo gesto inappellabile,
conclusivo. L’uscita.
Come si è girato il dolce
miele in amaro tra i denti
le carezze in scosse
il tenero in furente?
La nostra fenice
(muore e risorge muore e risorge)
è stramazzata al suolo.
Si è fatta pietra, come diecimila
anni dopo l’eruzione. La cenere
non genera più, sepolta nel ghiaccio.
La notte incombe. Troppo tenero
il frutto e piccolo il bambino
per tollerare, dopo la bufera,
il gelo.
*
L’ora del fuoco
Ci siamo uniti
molte volte nell’acqua,
assetati e dissanguati,
a volte nella terra,
esploratori senza mappa
di caverne.
Siamo stati vento:
molte brezze spiravano
tra i nostri corpi abbracciati
da tutti i punti cardinali,
impossibile distinguersi
impossibile raggiungersi
completamente.
È tempo ora del colore
porpora stillante oro
delle braci, da tempo in noi
rannicchiatesi sordamente.
*
Lisciami
I
lisciami
come fossi la tua pelliccia preferita
e raccontami piano la storia dell’orso
e quella dell’igloo, storie che all’alba
non ricordi più, quelle che navigano la
mente nella semioscurità e alla luce
si sfilacciano, trame e tele sparpagliate.
Raccontala all’orecchio, perché nessuno
senta e pazzo ingelosito ci separi.
II
Io ti dirò invece delle case,
che nel mio sogno si aprono in spazi
sempre stranieri, sconosciuti;
un nuovo corridoio, la stanza che
non c’era, e l’arredamento, dal nulla
francescano al drappo di broccato, quel
mobile della nonna ritrovato,
il puro acciaio, l’high-tech. Perciò
raccontami la storia dell’igloo,
la notte non so mai dove sto
e smarrita vago senza
nulla far trasparire.
III
Ma quando invece ti sollevi cacciatore,
e punti il cervo, il suo palco mal celato tra
le foglie, allora abbassa l’arma e lasciami
fuggire; guarda come corro, verdi balzi
in ogni direzione, elastici appoggi…
ho una mia grazia selvatica!
* * *
Marina Massenz è nata nel 1955 a Milano, dove vive. Psicomotricista, si occupa di terapia e formazione. È autrice in questo ambito di tre libri e numerosi saggi. Ha pubblicato nel 1995 la sua prima raccolta poetica: Nomadi, viandanti, filanti, ed. Amadeus, Cittadella (Padova). Suoi versi e prose poetiche sono state pubblicate su: Accordi, Inverso, Qui-appunti dal presente, Il Monte analogo, Poliscritture, Le voci della luna, La poesia e lo spirito, X Quaderno da fare (di Biagio Cepollaro).