
16 DICEMBRE 2013
L'ARTE DI TORNARE AL FUTURO
Il ribelle dell'Alta Moda italiana
Pfg wears Mario Costantino Triolo
Interview by Gianmarco Marabini
Affreschi seicenteschi, quadri contemporanei, la “Pioggia nel
pineto” appesa ai muri di una sala. Il silenzio di Palazzo Pepoli Campogrande.
Qui, nella Sala degli Specchi di Campogrande Concept, è esposta la capsule collection “10For...” di
Mario Costantino Triolo, stilista di grande talento e cultura. Fiero
sostenitore del made in Italy, Mario ha raccontato a noi di PFGSTYLE la storia
sua e dei suoi abiti di Alta Moda.
Com'è nata la collaborazione con Daniela Scognamillo e
Campogrande Concept?
E' stato un amico comune a presentarci. Un incontro
occasionale. Il mio progetto era già iniziato, avevo in mente le idee per la
collezione. Daniela ha creduto in me ed ha incanalato le mie energie. Così il
lavoro è decollato. Ed ora eccomi qua con questa capsule collection, dove
ognuno dei dieci capi è nato volta per volta in stretta collaborazione con
Daniela. Potremmo definire tutto il processo un work in progress.
E dunque quale è stata l'ispirazione?
Un quadro di Giacomo Balla. “Trasformazione forme-spiriti” è
il nome dell'opera. Non solo mi è stato d'ispirazione, ma ho anche estrapolato
alcuni elementi dal quadro e li ho trasformati in accessori d'argento negli
abiti.
Mi par di capire che è stato fondamentale per la nuova
collezione il tuo legame con il Futurismo, intendo per le linee e le geometrie.
Assolutamente si, il
Futurismo è un periodo storico che in qualche modo ho voluto raccontare
attraverso questa collezione. Gli anni tra fine Ottocento e inizio Novecento
erano un periodo di grande dinamismo,
ribellione e distacco dal passato. Nel Futurismo ho ritrovato ciò che io stesso
stavo vivendo. Era così che mi sentivo quando ho iniziato a lavorare alla
collezione. Avevo voglia di buttarmi dentro il mondo, avevo bisogno di rivolta
e di ricostruzione.
Anche la scelta cromatica ha risposto a questa tua
interiorità?
Certo. All'inizio doveva essere una collezione totalmente
nera, con tocchi di argento come punti di luce. Poi ho capito era meglio dare
più movimento ai capi ed ho aggiunto il bianco.
Movimento. Di nuovo torniamo al Futurismo.
Si, ma c'è molto altro. Maschere africane ed elementi
naturalistici, come le foglie d'edera immerse nell'argento 925 che ho inserito
negli abiti. Oppure quella che io chiamo “la nuova staffa”, che è una
rivisitazione in 3D della foglia di felce. Ogni capo ha la sua storia, e tutti
insieme ne raccontano un'altra. Questo è un dato fondamentale per il mio
mestiere. Raccontare una storia e inanellarne una di seguito all’altra.
Anche la tua campagna immagini racconta una storia. Due
anzi. Quella di San Sebastiano e poi Icaro.
Più che storie sono provocazioni. In modo particolare il San
Sebastiano. Ad un certo punto avevo tutti contro di me, tranne Daniela ovviamente.
Gli altri credevano che in un momento come questo fosse una pazzia lanciarsi in
una produzione di capi unici e con una così alta lavorazione. Ma come san
Sebastiano ho continuato a combattere nonostante le frecce.
Parlando della lavorazione: i capi racchiudono anche la
tua storia geografica.
Esatto. La loro produzione si è svolta tra Lombardia, Emilia
Romagna e Calabria. Con gli orafi lombardi ho realizzato i dettagli in argento,
in Emilia Romagna tutto la confezione dei capi mentre in Calabria, la mia terra
natale, ho fatto eseguire i ricami a filo “filza”. E di questa parte del
processo vado molto fiero. Ho grande rispetto per le mie origini ed è stato un
piacere poter dare lavoro a tante persone della mia regione. Tutte le tecniche
utilizzate, infatti, appartengono alla tradizione calabra per la lavorazione
dei corredi. Io ho cambiato i filati e riadattato i ricami al tipo di
abbigliamento.
Progetti futuri?
Innanzitutto presentare la capsule a nuovi mercati, come Cina
ed Emirati Arabi. Poi lanciare una linea di accessori partendo dai dettagli
degli abiti e completare la capsule per farla diventare una collezione
completa. Abbiamo anche in cantiere un progetto per l'ArteFiera 2014.
Pensate di continuare le presentazioni nella modalità “a
salotto” come qui a Palazzo Pepoli Campogrande oppure tornare su binari più
convenzionali?
Vogliamo superare la distribuzione su larga scala, oggi anche
indebolita dalla rivoluzione dello shopping online. In risposta puntiamo sul
recupero del defilé privato. Come gli studi sartoriali di una volta. Ormai il
mondo della moda sta perdendo il contatto col consumatore. Ma la bellezza di
poter spiegare gli abiti, di farli toccare al cliente è un lusso bellissimo che
non deve essere dimenticato. Qui a palazzo Pepoli Campogrande ho sperimentato
anche io il piacere di vedere persone interessarsi agli abiti, rigirarli,
studiarli, toccarli, conoscerli.
*
XVII-century
frescoes, contemporary paintings, “Pioggia nel pineto” hanging on the walls of
a sitting room. The silence of Pepoli Campogrande Palace. Here in the
Campogrande Concept hall of Mirrors
Mario Costantino Triolo, a fashion designer of huge talent and culture, shows
his capsule collection “10For...”. Proud
of his made-in-Italy works, he told us about his story on his ate-couture
garments.
How was
the collaboration between you and Daniela Scognamillo of Campogrande Concept
born?
A friend of
us introduced each other. It was an occasional encounter. My work had already
begun and I was already gathering my ideas for the collection. She believed in
me and channeled my energies. So the project took off. And now here I am with
my capsule collection, where each and everyone of the garments was born a
little at the time in tight collaboration whit Daniela. We can say it was and
still is a work in progress.
So what
was the inspiration?
A painting
by Giacomo Balla. “Trasformazione forme-spiriti” is its name. And it wasn't
only the inspiration. I also took some elements from the canvas and turned them
into silver accessories for my dresses.
It seems
that your connection with Futurism was extremely important, particularly for
lines and structures.
Absolutely
yes, Futurism is a historical period that I wanted to describe throughout my
collection. The years between XIX and XX centuries were full of dynamism,
rebellion and detachment from the past. In Futurism I found what I was living
myself. I felt that same way while I was making the collection. I wanted to
throw myself into the world, I needed revolution and restoration.
Was the
chromatic choice based on the same fellings you had inside?
Of course.
At the beginning I wanted it in total black with silver as the only lighting.
Then I understood I needed more movement and I used the white.
Movement.
We return to Futurism.
Yes but
there's a lot more in my collection. African masks and natural elements such as
ivy leaves plunged into silver 925. Or what I like to call the “new stirrup”,
which is a 3D interpretation of a fern leave. Every garment has its story and
all together they tell another one. I think the most important thing for an
artist is to tell a story.
Your
photo campaign also tells a story. Well, two. The story of Saint Sebastian and
then Icaro's one.
More than
stories they are provocations. Saint Sebastian's one in particular. There was a
moment in which I found everyone was against me, except Daniela of course. The
others believed it was a foolish act to start a collection like this. But I
kept on fighting, just like Saint Sebastian.
Now talking
about the manufacturing: these garments contain also your geographic history.
Exactly. The
production of them happened between Lombardy, Emilia Romagna and Calabria. I
made the silver details with goldsmiths from Lombardy, all the tailoring in
Emilia Romagna and I had the embroideries done in Calabria, which is my native
land. And I am so proud of this last part of the process. I truly respect my
origins and my cultural heritage and it was a real pleasure to give work to a
lot of compatriots. And all the techniques I used for the needleworks belong to
the traditional trousseau manufacturing. I
just changed the yarns and updated the embroideries to match the
fabrics.
Any
future project?
First of all
to bring the capsule into new markets, like China and United Arab Emirates.
Then to launch an accessories collection starting from the details of the
dresses and finish the capsule in order to have a complete collection. We are
also thinking about a project for 2014 ArteFiera.
Do you
think to keep on presenting the line in this way, as a “sitting room
exhibition” or return onto traditional platforms?
We want to
overpass the large-scale distribution, which is also weakened by online
shopping nowadays. We want to return to the idea of long gone fashion design
studio, today the fashion world is losing contact with the costumers. But it
wonderful to be able to explain the dresses, to let the client touch them. Here
in Pepoli Campogrande Palace I also had the pleasure to see people get
interested into my garments, turn them around, touch and study them.



