“Io non ritraggo paesaggi, ma i segni e la memoria dell’esistenza”
Mario Giacomelli
Per tutta la vita ha continuato a definirsi un tipografo eppure è considerato il più grande fotografo italiano del Novecento fin da quando, nel 1963, il curatore del MoMA di New York acquisì per il Museo la serie Scanno, inserendo anche una fotografia nel prestigioso catalogo Looking at Photographs. Mario Giacomelli (Senigallia, 1925 – 2000) sfugge ad ogni scuola o definizione, la sua è un’arte fotografica senza precedenti, in cui le immagini sottolineano l’aspetto emotivo della realtà. Dal 12 Settembre 2012 al 20 Gennaio 2013 il Museo di Roma in Trastevere ospita “Mario Giacomelli. Fotografie dall’archivio di Luigi Crocenzi”, esposizione di 90 immagini e di 13 lettere e documenti del celebre fotografo marchigiano promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale in collaborazione con il CRAF- Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia. La mostra è a cura di Walter Liva. Organizzazione e servizi museali sono di Zètema Progetto Cultura. Catalogo Litho Stampa.
Nella prima parte della mostra vengono presentate le serie di fotografie degli anni ’50: Prime fotografie, Nudi, Mare, i Paesaggi (che si sono poi riproposti lungo tutta la vita artistica di Giacomelli), Puglia, Gente dei campi, risalenti a quegli anni e quindi Lourdes (1957) e Scanno. Seguono quindi Mattatoio (1961), Io non ho mani che mi accarezzino il viso (1962-63), A Silvia (1964), La buona terra (1964-65), Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, Motivo suggerito dal taglio dell’albero (1967-69), Caroline Branson (la serie realizzata tra il 1971 e il 1973), fino a Studenti (del 1977).
Nel momento in cui Giacomelli organizzò il suo discorso come simbolico, (Arturo Carlo Quintavalle, Mario Giacomelli, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 1980, pag.64) superò l’estetica crociana che Giuseppe Cavalli aveva portato “a un livello superiore di gusto e di espressione” (Giuseppe Turroni, Guida alla critica fotografica, Il castello, 1980, pag.52) e spostò il suo messaggio verso un espressionismo fotografico che esasperava l’aspetto emotivo della realtà sottolineato dai contrasti, dai segni ed inoltre, al pari di Federico Fellini nel cinema, Giacomelli ribaltò completamente anche il punto di vista del neorealismo introducendo nelle immagini una nuova poesia tonale, anche onirica e realizzando racconti fotografici che si esprimevano sia nei ritratti sia nei paesaggi.