Nel vasto programma del PJD poco spazio a cultura e soltanto riferimenti ad identità islamica.
da RABAT, Stefano Oliviero – Fra le tantissime promesse fatte dal PJD nel proprio programma – come la libertà, lo sviluppo e la giustizia, la lotta alla corruzione, all’analfabetismo, alla povertà e la crescita a tassi superiori alle previsioni – che hanno permesso al partito di vincere le elezioni del 25 novembre, la questione culturale trova pochissimo spazio. A riguardo, nel programma, la rubrica dedicata alla cultura ha come titolo: “Un sistema di valori rivisitato e consolidato, fondato sull’islam e che ridia tutto il suo senso a l’identità marocchina”. Sentita da La Vie éco, il critico letterario e attivista culturale Kenza Sefrioui, ha esternato le proprie preoccupazione su una possibile deriva liberticida: “è molto pericoloso agitare la bandiera identitaria dei valori e delle referenzialità musulmane: sono sempre argomenti della destra conservatrice e dell’estrema destra. Bisogna ricordarsi che la cultura marocchina non si limita ad un repertorio religioso”.
A livello di contenuti, il PJD propone una vaga “ libertà responsabile e una creatività cittadina per un’identità marocchina rinnovata”. Il partito si impegna a sostenere “la produzione nazionale sotto tutte le sue forme” e ovunque: la cultura, quindi, deve “uscire” dall’asse Casablanca-Rabat e, a questo scopo, “delle prerogative necessarie saranno delegate per assicurare la decentralizzazione culturale”. In merito, però, non sono fornite ulteriori precisazioni, se non un’altra nota dove si propone la “Carta nazionale di promozione dei valori”, altro aspetto che inquieta Sefrioui: “che contenuto il PJD intende dare a questa carta? (…) l’implicazione del ministero degli Habous e degli affari islamici nei progetti che riguardano le nozioni di identità e di valori, non fa altro che aprire la porta alla censura”. La militante teme, quindi, una politica restrittiva in materia di libertà d’espressione creativa.
Nell’abbozzo di programma culturale, non si parla dei differenti campi di intervento. Di tutte le espressioni artistiche e culturali esistenti, il PJD ha scelto l’editoria, che incoraggerà “mettendo regolarmente in relazione gli autori ed il pubblico, creando dei club di lettura”. Le misure culturali sono quindi confuse ed evasive e danno l’impressione di essere state buttate giù velocemente senza il supporto di impegni reali, programmi e budget dettagliati e date di realizzazione. Niente a che vedere con gli obiettivi economici e sociali proposti nello stesso programma, contraddistinti da precisione e sostenuti da cifre concrete. “Non si può assolutamente parlare di programma – taglia corto Kenza Sefrioi – visto che il testo elaborato dal PJD non propone niente di concreto e si limita a dei ‘desideri pii’. Il PJD non si distingue per nulla, su questo campo, dai suoi predecessori, che non avevano alcuna visione”. La rivoluzione culturale non avverrà sicuramente in questo quinquennio e i militanti dovranno ancora lottare per una vera politica culturale.