Certo, il sovrano della più antica dinastia del mondo arabo ha deciso di rafforzare i poteri del Parlamento e del Governo. Ma resta comunque la figura centrale in tutte le decisioni strategiche, esercito, religione e sicurezza. “Si tratta di una Costituzione per una transizione democratica, non è che il debutto di un era democratica”, ha dichiarato Mohammed Darif, analista politico all’Università Re Hassan II, aggiungendo che “questo permetterà ai partiti politici di ricostruire la loro credibilità e agli elettori di capire le loro responsabilità”. Da cinquant’anni le elezioni legislative sono organizzate in Marocco ma il re e il suo apparato elitario, i Makhzen come vengono qui chiamati, sono riusciti a mantenere il loro potere sulle urne designando sia il Governo che i principali responsabili politici. Il forte tasso di anafalbetismo (oltre il 50%) e il controllo dei mezzi di comunicazione hanno permesso alla dinastia alauite di continuare a tenere le redini molto ferme sul paese. Numerosi osservatori hanno giudicato le misure annunciate come “non affini alla separazione dei poteri, chiave di svolta di tutte le democrazie”. “La riforma rafforza la bipolarità tradizionale del sistema politico marocchino con il re che controlla le prerogative e il Governo, che esegue un doppio lavoro. Si pone la questione del sapere chi prenderà le decisioni cruciali e strategiche e chi sarà responsabile se esse verranno meno”, ha dichiarato alla stampa un diplomatico europeo sotto anonimato. Nel suo messaggio televisivo, venerdi’ scorso, il re ha qualificato come “democratica” la nuova Costituzione. Lise Storm, specialista del mondo arabo all’Università di Exter, in UK, non comprende l’affermazione del sovrano. Secondo la Storm questa Costituzionenon è democratica: è un passo verso la democrazia ma cosi’ come è non andrà lontano. Il Primo Ministro sarà nominato dalla formazione politica in testa elle elezioni legislative. I ministri, gli ambasciatori e i governatori delle province, che sono i rappresentanti dello Stato nelle regioni, saranno proposti dal Primo Ministro e approvati pero’ dal Re. Per Omar Radi, del Movimento 20 Febbraio, le riforme non mettono in causa la natura del regime e il bipolarismo malsano del sistema politico marocchino resta intatto. Sia l’estrema sinistra che i movimenti islamici marocchini, che stanno da inizio anno manifestando contro il governo, reclamano una lotta più determinata contro la corruzione e protestano contro il peso politico e economico dei Makhzen. Il movimento di contestazione marocchino non ha pero’ ancora beneficiato di una adesione popolare simile a quella della Tunisa o dell’Egitto e non protesta per abolire la monarchia. Ali Anozia, giornalista del Lakome.com, deplora fortemente l’annuncio reale con queste parole: “La monarchia poteva mettere in campo una riforma costituzionale vera annunciando una netta separazione tra il potere e i soldi”. Secondo Ali,”il re controlla non solamente il mondo politico, militare e religioso, ma anche l’economia e i luoghi d’affari. La nuova Costituzione rafforza la struttura del despotismo politico che esiste nella precedente Costituzione“. “E’ solo una questione di tempo e i marocchini si renderanno conto che poche cose cambieranno all’interno della Costituzione”, ha aggiunto laconico. Al momento è inziata la campagna referendaria che durerà sino alla mezzanotte del 30 giugno e il primo luglio tutti a votare, fatto salvo boicottaggi di massa vedi astensionismo, tenendo sempre a mente che le ultime legislative hanno raccolto il 36% degli aventi diritto al voto, quindi altra grande incognita a questo processo di democratizzazione ”work in progress“.
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