Leggendo il verbale di interrogatorio del Capo di Gabinetto della Questura di Milano sulla nota telefonata di Berlusconi per far rilasciare Ruby sorgono davvero molte domande.
Il Capo di Gabinetto, Pietro Ostuni, viene trattato come testimone ostile, chi lo interroga non sembra credergli pienamente e anzi ad un certo punto dice “Ammesso che sia credibile quello che lei ci sta dicendo“.
Sembra inspiegabile, tra l’altro, come il Capo di Gabinetto non faccia pienamente luce su chi sia il Consigliere Parlamentare Minetti, la persona incaricata di “ritirare” Ruby, che risulta marocchina e non egiziana, cioè l’affidataria indicata da Berlusconi.
Sembra cioè, al di là del modo confuso e parzialmente incredibile con cui Ostuni ricostruisce la vicenda, che il Capo di Gabinetto della Questura di Milano non ponga rilievo sulla qualifica specifica con cui è accreditata la Minetti, non chieda specifiche sul ruolo ricoperto e sulla delega affidatale.
Per il Capo di Gabinetto quella sera ci sono incongruenze ma questo non basta a cercare di capire con il diretto superiore (il Questore) come procedere; non basta neanche a fare una specifica relazione (scritta) di servizio per esternare i dubbi (che rimangono personalissimi).
Ora, non vorrei sbagliarmi. Tanto meno vorrei mettere in dubbio le parole del Dottor Ostuni che appare confuso di suo; nemmeno vorrei pensare che per una telefonata notturna si debba stravolgere la propria agenda di vita, se non la prassi che regola la vita interna della Questura.
Però il Dottor Ostuni è quasi evasivo, quasi superficiale, quasi facilone nel ritenere che tanto le cose si sistemino da sole. E allora voglio provare a spiegare le cose diversamente.
Voglio pensare che il Dottor Ostuni, persona sicuramente stimabile e professionalmente corretta, abbia letteralmente rispettato ogni procedura, sia stato ancor più scrupoloso di quanto è emerso dal verbale di interrogatorio. Pertanto i dubbi che il magistrato solleva forse sono inutili: il Dottor Ostuni sapeva esattamente cosa non funzionava, perchè e ha lasciato fare, confidando appunto che tutto sarebbe andato a posto. Cioè che tutto avrebbero creduto che la vicenda era davvero andata così e che così doveva chiudersi.
E così si sono costruite verità d’ufficio, verità vere perchè verità di prassi e quindi da spendere per il buon andamento del servizio e per la gestione politica della vicenda. Quella vicenda di cui tutti sapevano, di cui Ostuni si era reso conto, della cui gravità non aveva dubbi. E non poteva averli ma doveva tenerli per sè, tanto da non poter fare una relazione scritta sull’accaduto.
Una verità formale, che poi diventerà anche la verità della politica. Quella politica, chiamata con Maroni, che è anche responsabile ultimo di tutta l’attività di polizia in Italia, chiamata a dire e giustificare, a chiarire all’opinione pubblica cosa era successo. Chiarire in Parlamento, chiarire agli interessati, ai giornalisti, ai curiosi che si impicciano solo di quello che fa Berlusconi. Quegli impiccioni che non si danno per vinti e ancora oggi non capiscono come una verità formale, abbastanza incredibile, sia potuta diventare “la verità” ufficiale, non smentita per tempo e non smentibile a meno non pensare che…che Maroni abbia alla fine detto quello che ha potuto accertare ma forse lui stesso, persona intelligente, non può credere.
Perchè noi, noi per primi, non crediamo alle lacune di Ostuni e non ci piace che alla Questura telefoni Berlusconi dicendo quello che non era e non è vero, e che questo consenta un ingiusto vantaggio.
Stiamo parlando di concussione. Stiamo dicendo che il Presidente ha commesso un reato e per questo è perseguito forse anche perchè chi doveva farsi per tempo delle domande non le ha fatte, non si è posto il problema. Lasciando poi che un’altra verità potesse emergere e tutto non andava a posto.