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è un luogo magico in cui ogni giorno va in scena uno spettacolo di varia umanità che non credo abbia uguali, un grande palcoscenico che continua ad esercitare un'attrazione magnetica nei confronti di chiunque si trovi a passare per Marrakech.
La mattina presto, quando per la piazza si vedono soltanto gli uomini della nettezza urbana impegnati a ripulire gettando grandi secchiate d'acqua e i commercianti aprono con calma la loro bottega, i carretti dei venditori di arance offrono per tre dirham, trenta centesimi, la prima spremuta della giornata e poi piano piano la scena si riempie con l'arrivo di cartomanti
pubblici scrivani
tatuatrici di henné
e barbieri, lustrascarpe e, secondo la guida, anche cavadenti armati di pinze tenaglie e barattolo di molari in bellavista, ma sulla veridicità di questa affermazione io ho accuratamente evitato di approfondire. Così come mi sono tenuta ben ben alla larga dagli incantatori di serpenti non appena, moooolto da lontano, ho intuito che hanno l'amabile vezzo di gettare il rettile al collo dei passanti
Impossibile invece dire di no alla garbata offerta del portatore di acqua, che probabilmente tiene famiglia e pare difficile mantenerla soltanto vendendo tazze di acqua tiepida dalla dubbia provenienza.
Ma è nel pomeriggio che inizia lo spettacolo autentico. Decine e decine di carrette trasportate a braccia si incrociano portando ciascuna un carico di panche e tavoli, fornelli bracieri, stoviglie e grandi teloni bianchi sotto i quali nel giro di un'ora spuntano una miriade di ristoranti in piena regola che dopo la mezzanotte (Cenerentola docet) verranno di nuovo smontati e portati via.
Al crepuscolo la piazza si anima ancora di più con la gente
che zigzagando tra i vari Tarek "madame ricordati mi trovi al numero 25" Abdul "io sono il meliore di tuti, numero quarantasei numero quarantasei segnora" e Youssef "brochettes e cous cous con garanzia due anni al numero trenta" si destreggiano nella ricerca del ristorante.
La guida, e forse anche il buonsenso, suggeriscono di portarsi le posate da casa, noi che in quanto a buonsenso siamo evidentemente carenti, abbiamo avuto fiducia nei nostri anticorpi e ci siamo goduti senza patemi d'animo una cena più che succulenta.
mentre un numero imprecisato di gruppi di suonatori gnaoua ci martellava i timpani con un sovrapporsi inestricabile di ritmi di tamburi e crotali
e la fiammella di centinaia di piccole lanterne ( mi sono chiesta quanti fiammiferi ci saranno voluti per accenderle tutte quante) aggiungeva un tocco di inaspettata gentilezza
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