Questa volta, però, si doveva parlare di fiction televisive turche e, in particolare, di Osmanli’da Derin Devlet, soap opera ambientata nel XVIII secolo, al tempo delle guerre tra gli Ottomani e l’Impero Russo. La soap opera in questione viene però presa solo a pretesto per parlare ancora una volta della vittoria di Erdogan alle presidenziali, di quanto alcune leggi siano restrittive per le libertà individuali dei turchi. Per cui non si capisce se si stia discutendo di politica, diritti o semplicemente di televisione. Leggiamo, infatti: “La fiction racconta gli splendori, i giochi di potere, gli intrighi alla corte dei Sultani, ma in un’ottica decisamente “pia”. Il periodo storico di riferimento è l’inizio del XVIII secolo, quando la Sublime Porta era in guerra con l’Impero Russo. Mentre il Sultano manca dalla corte per condurre campagne militari, nell’antica Costantinopoli si scatena una vera e propria guerra fra bande all’interno del Topkapi, la residenza imperiale, dove non ci si può fidare più di nessuno. Niente donne senza velo, niente scene di passione, molte invocazioni ad Allah e con il sovrano più intento a gestire le congiure di corte e comandare gli eserciti che a godersi le gioie dell’harem. Una scelta fatta per fare conoscere e immedesimare i turchi con il loro glorioso passato, riscoperto nei 12 anni in cui Erdogan ha guidato il Paese, ma non solo.”
Insomma, il fatto che non ci siano inciuci e scene di sesso, è da attribuirsi all’islamizzazione ed è colpa di Erdogan e “La mancanza di passione e sentimenti, il ruolo di secondo piano ricoperto dalle figure femminili secondo i più critici combaciano con la Turchia voluta dal presidente Erdogan, che dai circoli più laici dello Stato viene accusato da tempo di voler rendere sempre più religioso il Paese fino a islamizzarlo completamente.” L’articolo va avanti così, senza discutere dettagliatamente né della soap opera in questione, eppure ha pretesa di mostrare perché sarebbe lo specchio di una società turca che cambia e diventa sempre più conservatrice, schiacciando l’intraprendenza delle donne (che di conseguenza non sono più “le eroine” dei telefilm). Per contro, le fiction dei decenni precedenti mostravano donne non velate, intraprendenti, in carriera e quindi emblema di una diversa idea della donna.
Il ragionamento filerebbe se solo il numero di fiction prese in considerazione non fosse esiguo (tre o quattro, in epoche differenti), e se anche quelle poche prese ad esempio fossero state analizzate decentemente ed in maniera tale dare un’idea del perché, eventualmente, sarebbero lo specchio di una società che cambia. Il ragionamento filerebbe se la tv turca mandasse in onda solo questo tipo di prodotti (l’offerta e invece varia), e se una serie come Osmanli’da Derin Devlet non avesse successo proprio nei Balcani di cui la giornalista parla (non mi sembra che lì ci sia un rischio concreto di islamizzazione, eppure ai telespettatori piace). Invece no, a Marta Ottaviani piacciono le sentenze sputate lì e non motivate. Ormai, pur di parlar male del governo turco, ci si appella anche alle fiction: almeno, però, facciamolo decentemente e con un’analisi un po’ più dettagliata, altrimenti si risulta meramente faziosi.