Solitudine ed emarginazione sono temi rischiosi, che spesso rischiano di sfociare in un fastidioso buonismo o nella classica tragedia della follia.
Non è questo il caso del meraviglioso Mary and Max, primo (e finora unico) lungometraggio di Adam Elliot, già vincitore dell'Oscar al miglior corto animato nel 2003 col memorabile Harvie Krumpet.
Il dito di Mary Daisy Dinkle, bambina australiana presa in giro dai compagni di classe, scorrendo i nomi sull'elenco telefonico si ferma sul nome di Max Horowitz, americano quarantaquattrenne e obeso affetto da attacchi d'ansia. La piccola ha deciso di scrivere una lettera a una persona a caso per ottenere risposta alle sue molte domande: inizia così un'improbabile corrispondenza, il calcolo dei giorni necessari alle lettere per compiere la strada da Melbourne a Manhattan e ritorno, l'attesa di una risposta che potrebbe non arrivare mai.
Mary e Max sono distanti per un milione di ragioni, non solo geografiche, ma li accomuna il desiderio mai realizzato di avere un amico. Iniziano così a raccontarsi, a conoscere le rispettive idiosincrasie, non senza i momenti di distacco che caratterizzano ogni rapporto autentico.
La grande metropoli in bianco e nero e gli sconfinati spazi australiani, dominati da un monotono color seppia, sono ugualmente in grado di creare nei loro abitanti la sensazione di essere soli al mondo, senza un'unica persona a cui aprire il proprio cuore.
I pupazzi in plastilina di Elliot riescono a essere convincentemente espressivi e a trasmettere in modo vivido gli stati d'animo dei personaggi, facendo sì che lo spettatore si affezioni rapidamente a un paio di figurine animate in stop-motion.
Questo film ha la preziosa capacità di far nascere genuini sorrisi e, un secondo dopo, commuovere fino alle lacrime. Le vite di Mary e Max, a volte esilaranti ed eccentriche, più spesso sfortunate al limite del grottesco, sono dipinte con una delicata sensibilità che non si trasforma mai in volgare ricerca dell'emozione forte a tutti i costi.
I temi dell'attesa e della solitudine, della diversità esclusa, del bisogno di accettazione, sulla carta pesanti e deprimenti, si trasformano invece in una favola incantevole, triste sì, ma mai disperata.
Ne risulta un'opera veramente toccante, quindi accettate il consiglio: vi rimarrà nel cuore a lungo.
Voto: 8 1/2
Magazine Animazione
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