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Massimo D’Alema è indagato. Che si fa? Dimissioni dal COPASIR?

Creato il 21 ottobre 2011 da Iljester

Massimo D’Alema è indagato. Che si fa? Dimissioni dal COPASIR?

Prima di tutto l’antefatto: Massimo D’Alema è indagato per alcuni voli a “scrocco” su aerei di una compagnia privata per mezzo di un mediatore a lui vicino, indagato per tangenti. Insomma un pasticcio che vedremo se andrà avanti oppure finirà con un nulla di fatto.
Quello che però qui mi preme è altro. Mi domando: dimissioni dal COPASIR? Del resto, applicando la loro logica (del PD) e la loro teoria “morale” (sempre del PD), chi è indagato dalla giustizia nostrana deve dimettersi. È un obbligo morale ed etico, prima che giuridico (anzi, non è un obbligo giuridico). Dunque che si fa? Dimissioni? Credo proprio di no. Ho il sospetto che il nostro D’Alema neanche ci pensi a questa ipotesi. Perché, del resto? È solo un’indagine che chiarirà che lui non c’entra nulla. Perché dunque lasciarsi condizionare da un PM che ti iscrive nel registro degli indagati?
Ovviamente concordo. Perché lasciarsi condizionare da un PM? Come può un Pubblico Ministero decidere – seppure indirettamente e per il sol fatto che ti iscrive nel registro degli indagati – chi deve essere presidente del COPASIR e chi no? Ergo, come può una indagine decidere chi deve essere Presidente del Consiglio o ministro? Del resto è questo il cuore del problema italico: l’idea che a una certa azione (giuridica → l’indagine giudiziaria) consegua necessariamente una certa reazione (etica → dimissioni), la quale – costituzionalmente parlando – non è prevista in nessuna norma, perché comporterebbe un assunto pericoloso per la nostra democrazia: l’assoggettamento dei poteri legislativo-esecutivo al potere giudiziario.
Questo però è solo un aspetto. Il secondo aspetto che espone la vicenda è un aspetto – diciamo – più politico: D’Alema è indagato. Prima di lui è stato (e ancora lo è) Penati. Insomma due pezzi grossi del Partito Democratico sono caduti nelle maglie della giustizia. Quale conclusione ne possiamo trarre (prescindendo dall’esito delle indagini)? Quella più ovvia: non esiste una presunta superiorità morale della sinistra. Non esiste un partito eticamente vergine. Non esiste che a sinistra siano tutti bravi, belli (insomma) e onesti, mentre a destra siano tutti disonesti, cattivi e brutti (insomma). Non esiste la doppia moralità. La politica è quella che è: è una casta. E come casta presenta i germi della immoralità e della scarsa etica in modo trasversale. Di riflesso, però, la politica rispecchia il pensare italico, e il pensare italico è connotato dall’arte dell’arrangiarsi e di cercare scorciatoie che aggirino la filosofia meritocratica. Non possiamo dunque pretendere che la politica sia caratterizzata da una moralità specchiata e illibata, se poi i primi a corromperla siamo noi che chiediamo favori ai politici in cambio del voto, se intrallazziamo con loro per ottenere un appalto, se domandiamo loro un posto di lavoro per noi o per nostro figlio e così via. Non possiamo pretenderlo, e allora teniamoci la classe politica che abbiamo e non lamentiamoci.
Tornando a D’Alema, vi è infine un terzo aspetto da prendere in considerazione. Con questa indagine, il Partito Democratico ha perso un ulteriore tassello di credibilità. Dopo la sconfitta in Molise, dopo aver dimostrato come il suo segretario non abbia una idea politica che si dica una, alternativa a quella berlusconiana (tranne la fissa delle dimissioni del Premier e il Governo degli inciuci), dopo aver dimostrato che anche nelle sue fila si può essere indagati (vedi lo stesso D’Alema, ma anche Penati e Tedesco), appare chiaro che il partito nato dal PCI-PDS-DS+Margherita, ha perso completamente la trebisonda (se mai l’abbia avuto prima) e non può più dettare né lezioni di politica né lezioni di moralità ed etica a nessuno. Che resti dunque al suo posto e attenda il suo turno come tutti per governare, e cioè non con progetti ribaltoneschi o con stampelle dell’UDC, ma con programmi e voti. Sono questi i dati che contano in democrazia. Più di un’indagine giudiziaria e più di un falso e ipocrita concetto di responsabilità nazionale.

di Martino © 2011 Il Jester 


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