Quel Massimo Fini lì non ne combina mai una giusta.
Adesso, dico io, cosa c’entra pubblicare un libro intitolato Il Mullah Omar? Ma si rende conto, il Fini? Dare alle stampe un libro in cui, con la scusa di scrivere la biografia del leader talebano — nonché rivale in pectore di Valentino Rossi — questo autore bizzarro si permette pure di sostenere che il popolo afghano sia un popolo tradizionale e possa legittimamente rivendicare dei diritti. Insomma Massimo non ha perso il vizio di frequentare della gentaccia — lo fa da anni, e non c’è verso di fargli cambiare idea.
Tant’è che un sacco di gente si è arrabbiata: a differenza di Giampiero Mughini, che nella critica riesce a mantenere l’obiettività (pur svolgendo in ritardo considerazioni già profondamente ed egregiamente esposte in un libro dal giornalista e corrispondente di guerra Paolo Barnard), Francesco Borgonovo lo accusa senza mezzi termini di «fare l’eroe col culo degli altri»; e un gruppetto sparuto ma incazzoso di filo-occidentali annuncia di aver «conferito incarico ai nostro [sic!] legali di promuovere le pertinenti azioni giudiziarie, nei confronti dell’autore del libro Il Mullah Omar, Massimo Fini. Sarà promossa azione giudiziaria in sede civile e penale».
Addirittura. Probabilmente mi sono persa qualcosa, ma è un periodo frenetico e cara grazia se riesco a trovare il tempo di dare un’occhiata alle agenzie, figurarsi seguire i casini armati da quel bel tipo del Fini (Massimo).
Che poi è buffa ‘sta cosa — il gruppetto sparuto e incazzoso cui accennavo prima, e che definisce il saggio di Fini «un insulto all’Occidente», si compone come segue:
Souad Sbai, deputato Pdl; Maria Giovanna Maglie, giornalista; Silvana Campisi, presidente Prodomed Associazione donne del Mediterraneo; Ejaz Ahmed, comunità Pakistana in Italia, presidente Nuova diversità onlus; Gjergji Bushaj, presidente Associazione Albanesi immigrati in Italia; Gamal Bouchaib, presidente Associazione Musulmani Moderati in Italia; Karim Daoud, presidente Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia; Samira Chabib, Associazione donne arabe in Italia.
Ora, a parte Maria Giovanna Maglie (celebre per l’exploit del 5 luglio 2009, quando il quotidiano “Il Giornale” pubblicò un suo articolo dal titolo: “Ecco la rete nascosta di Al Qaida in Italia” — tre indirizzi internet: un blog, una pagina di Youtube e un forum, tutti riconducibili a un singolo utente musulmano italiano) e Silvana Campisi (che proprio oggi è in procinto di presenziare all’incontro organizzato a Roma dalla Fondazione Italia USA sul tema “Il mito dell’eterna giovinezza. Normativa sulle cellule staminali e stato della ricerca. USA e Italia a confronto”), tutti gli altri firmatari sembrano rimandare più all’Oriente (Vicino e Medio) che all’Occidente: a meno che per “Occidente” non s’intenda più un luogo dello spirito che un’area geografica. Nel qual caso ci troveremmo dinnanzi all’affascinante aporia di una categorizzazione metafisica (“l’Occidente”) scaturita dal luogo fisico della morte di Dio (l’Occidente).
Ma io sono pignola e anche un po’ pindarica, quindi lasciamo perdere queste minuzie e torniamo al nostro Massimo Fini: che non ha bisogno della mia difesa e che, com’è suo costume, non le manda a dire e gliele canta sul muso a Borgonovo e a tutti i borgonovi d’ogni razza e colore (non dice proprio così quello di Pàvana, ma mi si perdonerà la licenza).
Ancora una volta, bravo Massimo: che davvero in questi decenni tristi di sudditanza ha sempre dimostrato di preferire la scomodità dell’impegno agli agi delle poltrone. Ce ne fossero.