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Materie prime (o commodity), forte volatilità dei prezzi negli ultimi anni. Forti oscillazioni di oro e petrolio. La crisi finanziaria e la speculazione

Da Mrinvest

Materie prime (o commodity), forte volatilità dei prezzi negli ultimi anni. Forti oscillazioni di oro e petrolio. La crisi finanziaria e la speculazioneGli anglosassoni le chiamano commodity (commodities al plurale). Sembrano dire che ci fanno comodo. Volendo tradurre “materie prime” possiamo dire che sono essenziali e quotidiane, visto che vengono utilizzate ogni giorno da miliardi di persone in tutto il mondo. Cotone, mais, zucchero, caffè, platino, alluminio, per citarne alcune. Per poi arrivare al rame, al petrolio e all’oro.
Le materie prime sono tutti quei materiali che sono alla base della fabbricazione e produzione di altri beni, attraverso lavorazioni e processi industriali che permettono di ottenere il prodotto finito. Costituiscono in pratica il grezzo originario. Da qualche anno sono diventate fondamentali nello scenario finanziario, e con i derivati rappresentano uno dei mercati globali più importanti.
Ricordiamo come tra il 2007 ed il 2008 i prezzi di tutte le principali materie prime sono cresciuti

anche del 200%, come nel caso del petrolio, che dal minimo di gennaio 2007 a 50 dollari al barile (158,987 litri) arrivò a 147 dollari nel luglio del 2008, poi è crollato di nuovo a 50 dollari all’inizio del 2009 per risalire oggi a 91. L’oro, dopo una punta di 1.000 dollari l’oncia (pari a 28,35 grammi) nel 2008, è calato verso i 700 dollari nell’autunno e da allora ha iniziato una corsa verso l’alto fino a raggiungere i 1.226 dollari l’oncia nel dicembre 2009. Oggi l’oro quota 1.382 dollari l’oncia (circa 37 euro al grammo).
Questa forte volatilità dei prezzi delle commodity negli ultimi anni è dipesa dalla grande incertezza sulle condizioni dell’economia mondiale, scossa sia dalla crisi finanziaria sia dalla recessione. Infatti, da una parte i prezzi dipendono dalla domanda e dall’offerta di chi usa le materie prime per la produzione di beni, dall’altra sono mossi dagli investitori finanziari, non interessati alla consegna delle merci o al loro utilizzo, ma a scommettere sull’andamento delle loro quotazioni di Borsa. Per cui la crisi finanziaria ha fatto calare consumi e produzione dei Paesi sviluppati (calo controbilanciato dalla crescita dei Paesi emergenti, come Cina e India, che hanno continuato ad accumulare scorte di materie prime), ma ha anche favorito la speculazione.
Gli speculatori sono coloro che pensano alle materie prime come investimento finanziario e non come un mezzo per produrre qualcosa. Possono essere gestori di hedge fund (i fondi che usano le tecniche più sofisticate e anche rischiose per ottenere rendimenti “assoluti”, cioè non legati ai cicli dei mercati), o gestori di fondi pensione, ma anche singoli risparmiatori. Gli speculatori operano nelle Borse dove vengono scambiati i future sulle materie prime, come quella di Chicago o il Nymex di New York.
I future vengono comprati dagli operatori commerciali che si “coprono” dalle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime, ma anche dagli investitori finanziari che invece sperano di guadagnare comprando e vendendo gli stessi future, senza aspettare la loro scadenza. Il loro ruolo è considerato positivo quando forniscono liquidità al mercato, in quanto gli operatori commerciali trovano più facilmente una controparte per comprare o vendere i contratti future che servono da protezione. Ma quando gli speculatori diventano dominanti, il mercato arriva agli eccessi, si formano cioè delle “bolle”.
Negli ultimi due anni la speculazione la sta facendo da padrona soprattutto sul mercato di certe materie prime come il petrolio. I future sul petrolio nelle mani degli speculatori sono passati dal 20% di tutto il mercato nel 2002 a più del 50% di oggi. A questi livelli chiaramente il mercato è guidato più dalle aspettative di chi scommette su ulteriori rialzi del petrolio e non dalla domanda reale degli operatori economici. Ci chiediamo: conta di più l’economia reale o la speculazione?


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