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Matrimonio gay, tu chiamala se vuoi schiavitù

Da Bolo77
Matrimonio gay, tu chiamala se vuoi schiavitù

La schiavista Rosy Bindi (foto di Francesco Escalar Lightshape srl Wikicommons)

Il matrimonio tra persone dello stesso sesso realizza la democrazia nella piena uguaglianza tra cittadini eterosessuali e omosessuali. Un concetto così banale sta generando da parte dei partiti distinguo, retromarce e cortine fumogene che un paese che si dice democratico come l’Italia davvero non merita.

Giusto per comprendere esattamente quali sono termini della questione invitiamo i nostri politici, che solo oggi si svegliano da sonno dogmatico sugli affetti delle persone omosessuale, a sostituire nelle loro dichiarazioni, negli scritti o su Twetter , “matrimonio gay”, con “abolizione della schiavitù”, un altro tema etico che, esattamente come il matrimonio gay, realizza l’uguaglianza tra esseri umani.

Ebbene in questo senso il centro sinistra italiano, e soprattutto il PD, ci dice a partire da Virginio Merola, sindaco di Bologna: “sì all’abolizione della schiavitù ma l’urgenza sono i tagli”.

Per Fioroni che si sente “vincitore morale”, “non aboliremo lo schiavitù… partita chiusa… questo fa fare un passo avanti ai diritti e blocca le speculazioni e le strumentalizzazioni”. Per Pier Luigi Bersani dare della schiavista (si legga omofoba) a Rosy Bindi è “indecente” è “segno di un maschilismo e di una volgarità di cui pensavamo avesse dato miglior prova Berlusconi” e infine parla pure l’immancabile Rosy fiera di farci sapere che “Tra me e il segretario sul tema dell’abolizione della schiavitù non c’è nessuna divergenza… lo voterò alle primarie…”.

Delle due l’una o il partito che si dice democratico ha davvero perso la bussola, oppure fa sul serio e non sono da sottovalutare con una sua vittoria elettorale i rischi per la tenuta della democrazia. Ma un Partito democratico contrario all’abolizione della schiavitù non può evidentemente vincere le elezioni.


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