Ieri è successa una cosa molto insolita per gli standard del luogo in cui vivo. In un paesello vicino a quello dove abito io una ragazza laureata in filosofia ha iniziato a tenere delle 'sedute' sul cinema di fantascienza, spiegandone tutti i passaggi e gli influssi filosofici. Ieri sono andato al secondo di questi incontri tra aficionados del genere ed ho notato con piacere che si parlava di Matrix, film che a suo tempo ho amato ma che è da un paio di annetti che non rivedo. Dato che ultimamente manco un po' di ispirazione nello scrivere le recensioni, ho pensato che data l'enfasi di aver ascoltato un qualcosa di così interessante e anche per la scusa di completare le etichette riguardanti i registi, potevo scrivere della celeberrima trilogia cyberpunk dei due fratelli tranvioni - era il 1999 quando questo film uscì, e Lana Wachowski si chiamava ancora Larry. Allacciate le cinture, perché il viaggio verso Zion inizia proprio ora!
Thomas Anderson è un inquieto hacker (conosciuto col nome di Neo) che da sempre ha la sensazione che qualcosa non quadri non solo nella sua vita, ma nel mondo in generale. Un giorno viene contattato da Morpheus, uno strano individuo che gli rivela la verità: quella che ha vissuto finora non è la vita vera, ma una simulazione chiamata Matrix, creata dalle macchine quando hanno avuto il sopravvento sull'uomo, per poterlo acquietare mentre lo usavano come risorsa primaria. Morpheus fa parte di un gruppo di combattenti partito alla sua ricerca, perché Neo in realtà è l'Eletto...
Questo film è una vera e propria figata! Seriamente, è uno di quei film che mi è impossibile non amar,e e che ha dato il via a una sorta di piccola rivoluzione culturale che pure qui in Italia dovrebbe esserci - ma la vedo lunga, sinceramente. Questa pellicola è la prova di come action e filosofia possano convivere, dimostrando che questo primato non spetta solo e unicamente a mr Nolan. E' un film adatto a ogni tipo di pubblico e che non tradisce la sua originale natura di blockbuster, perché offre sì una trama davvero originale e ben strutturata che lascia spazio alle opportune riflessioni, eppure è anche infarcito di molte scene altamente spettacolari e di combattimenti ai limiti del virtuoso. Molti infatti ricordano il film più per queste ultime che per tutto il resto, e fino a un certo punti non posso dare loro torto, perché tutte le riflessioni che il film vuole offrire sono trattate un po' all'acqua di rose, mettendo molta gasolina sul fuoco senza però che l'incendio divampi mai appieno. Questo però stranamente non diventa un particolare difetto del film perché l'intera pellicola in più di un momento si prende con la dovuto ironia, e il gran numero di scene action stempera un'atmosfera che altrimenti sarebbe diventata fin troppo opprimente. E è proprio l'atmosfera un altro dei punti focali del film, perché ha saputo davvero giocare un ruolo fondamentale sull'immaginario collettivo. Va ricordato che i Wachowski non sono nati come registi, bensì come fumettisti. Prima di questo film avevano sceneggiato l'action Assassins e diretto il gradevole Bound - torbido inganno, quindi si può dire che il cinema non fosse propriamente il loro pane giacché sceneggiavano i fumetti della line Marvel ideata dal leggendario Clive Barker, e il loro ingresso è venuto così con un twixt culturale non indifferente. Su loro ammissione di grande ispirazione è stato il lungometraggio animato Ghost in the Shell di Oshii così come gran parte degli anime giapponesi. Molte inquadrature sono infatti state ispirate proprio dall'animazione nipponica, così come il look di molti personaggi e pure la fotografia verdognola di molte scene, che offre delle soluzioni visive davvero interessanti. Ma la vera innovazione è stata quella riguardante il massiccio utilizzo del bullet time, che consiste nella ripresa di un soggetto a velocità-proiettile [come suggerisce il nome] in modo da avere delle riprese davvero di grande effetto, nelle quali è possibile approfittare di un modo originale di intendere i piani sequenza senza dover rinunciare al necessario dinamismo delle scene. E' una tecnica davvero singolare della quale per fortuna non se ne abusa come fa un certo Snyder coi ralenty, e che quindi è ben dosata senz che prenda il sopravvento sulla trama o sull'aspetto visivo. Buono anche il cast, dove l'inespressività di Keanu Reeve lo rende adatto al ruolo del filosofo-eroe smarrito, mentre Carrie Anne Moss e Lawrence Fishburne [quest'ultimo non sarà mai più così magro] rimangono monolitici. Fantastici i villain di Joe Pantoliano e Hugo Weaving, quest'ultimo davvero inquietante e glaciale. Tutti gli ingredienti necessari quindi per creare un film forse a tratti imperfetto ma davvero grandioso, un apripista eccezionale di una trilogia che andrà proseguendo in maniera abbastanza misera, a mio parere, anche perché uno scenario simile è difficile di mantenere per più di un film.
Infatti io faccio parte della cricca che dice che il finale aperto di questo capitolo è la conclusione perfetta di un'opera enigmatica e divertentissima. Poi vabbeh, i gusti son gusti... e i miei son quelli giusti!Voto: ★★★★