Un inizio di carriera fortunato quello di Matt Dillon che fu scelto da Francis Ford Coppola per interpretare I ragazzi della 56esima strada e Rusty Il Selvaggio. Considerato da molti l’erede di James Dean, Dillon oggi cinquantenne è un uomo ed un attore più maturo che si è cimentato nei ruoli più svariati dai film di Gus Van Sant a Tutti pazzi per Mary, da Factotum (in cui ha interpretato l’alter ego letterario di Bukowski) a Crash – Contatto Fisico. Ma anche una carriera di regista, cominciata nel 2002, con City of Ghosts. Oggialcinema ha incontrato Matt Dillon, ospite per la terza volta al Taormina Film Festival.
Qual il suo rapporto con l’Italia?
Sono onorato di essere qui a Taormina per la terza volta, e soprattutto di celebrare il sessantesimo anniversario di questa meravigliosa manifestazione. Oltre al sole e al cibo, dell’Italia amo la gente, siete un popolo accogliente e generoso che fa sentire subito a casa. E’ anche per questo se Federico Fellini è riuscito a realizzare dei film straordinari come I Vitelloni, dove è riuscito a tirare fuori una straordinaria umanità. Ma poi come si fa a trattenere la gente in sala con tali bellezze all’esterno?
Che personaggi ama interpretare?
Il personaggio non deve essere per forza bravo. L’importante è che sia interessante e che subisca un’evoluzione. Dopotutto la cosa più interessante del cinema è l’interesse per le persone e le loro storie. Ogni storia, ogni vita è già di per sé una sceneggiatura perfetta. I produttori sono spesso interessati sono all’azione ma la prima cosa è approfondire i personaggi e le loro storie per fare in modo che lo spettatore capisca, si affezioni al personaggio, si riconosca ed eventualmente capisca qualcosa in più di se stesso.
Cosa le ha insegnato il grande Francis Ford Coppola?
Quando lavorai con lui era come un dio, noi attori eravamo dei ragazzi in sua venerazione. E’ stato molto difficile confrontarmi con una tale personalità. Però è una persona molto spontanea che mi ha aiutato ad avere maggiore fiducia in me stesso. Abbiamo girato un film dopo l’altro in un’atmosfera ideale.
Lei che cosa consiglierebbe ad un giovane attore?
Non mi considero ancora un anziano attore che dispensa consigli. Preferisco pensare a me stesso ancora come ad un ragazzino. Io stesso ho ancora molto da imparare. Però vi incoraggio a curare tutti gli aspetti creativi di un lavoro. Per me verosimiglianza è la parola chiave. Quando mi sono cimentato nella regia del mio primo film, di cui sono stato anche interprete, sono corso dal mio primo acting coach per chiedergli consigli e lui mi disse di credere in me stesso. Ecco io credo che i giovani registi dovrebbero studiare anche recitazione per capire meglio il loro mestiere.
Progetti futuri?
Farò una nuova serie televisiva diretta da M. Night Shyamalan, che è un bravissimo narratore, un regista intelligente con grandi doti e ottime idee. Si tratterà di un dramma psicologico con degli elementi fantascientifici. Qualcuno l’ha paragonato a Twin Peaks ma David Lynch è impareggiabile. Poi realizzerò un documentario che si chiamerà El Grande Feove ed è dedicato ad un cantante cubano fortemente influenzato dal jazz americano, di cui sono appassionato. E’ un artista di grande talento. Sono stato diversi anni fa con un amico a Cuba e feci delle riprese, poi un anno e mezzo fa mi è venuto in mente di sfruttare quelle immagini per questo progetto.
di Rosa Maiuccaro per Oggialcinema.net