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“mattatoio balcanico”

Da Arturo Robertazzi - @artnite @ArtNite

Sono trascorsi vent’anni dall’inizio delle guerre che sconvolsero la ex Jugoslavia e l’Europa.

Uno sguardo emozionale, forse impreciso, ma sicuramente vivido lo danno gli articoli di giornale dell’epoca che ho utilizzato a pieno durante la stesura di Zagreb. Tra i vari, La Repubblica e il suo archivio online sono stati utilissimi (qui potete scaricare una selezione di articoli).

Un articolo del 15 settembre del 1991, firmato Eugenio Scalfari, titolava “È guerra alle porte dell’Italia“. L’ex direttore di Repubblica, ipotizzando il corso che la guerra avrebbe potuto prendere, ammoniva “Noi [italiani] non possiamo rimanere spettatori passivi“. In “L’Armata serba passerà da Trieste?“, Franco Papitto analizzava la possibilità che l’Italia potesse essere coinvolta o addirittura travolta dai venti di guerra che soffiavano da est. Tra le incertezze, il titolo “La Jugoslavia non esiste più“ dimostra quanto fosse evidente che il processo di dissoluzione dello stato federale era ormai irreversibile.

Siamo nel 1992, la Bosnia sta scivolando verso l’inferno, la guerra tra Croazia e Serbia-Jugoslavia si è raffreddata. Paolo Garimberti scrive “Mattatoio Balcanico“, un articolo di una lucidità sorprendente: “Nel tragico pasticcio Jusoglavo è sempre più difficile dividere la ragione dai torti (…) Non ci sono buoni e cattivi nel mattatoio balcanico. Ci sono, semmai (…) cattivi e pessimi.”

 Le colpe non possono essere solo dei Serbi, le colpe di aver “lastricato di cadaveri” le strade di Sarajevo” o di aver “concimato di morti le campagne della Croazia“. “Nessuno è esente da responsabilità” nel mattatoio balcanico “neppure la Comunità europea, incerta e divisa, né gli Stati Uniti, indifferenti o addirittura conniventi (con Belgrado), né, infine, le Nazioni Unite, deboli e tardive.”

Garimberti conclude l’articolo con una drammatica certezza: “L’insolubilità del conflitto dipende soprattutto dal fatto che con le guerre di oggi gli jugoslavi consumano le vendette per il passato”.

Qualche anno dopo, nel 2000, le guerre ormai concluse, Guido Rampoldi aggiunge: “Questa spaventosa ripetitività della storia non è obbligata da culture proclivi allo sterminio, come in genere ritiene l’ opinione pubblica europea, ma dal fatto che nell’ ex Jugoslavia lo sterminio in sé non è mai stato sanzionato, se non con uno sterminio opposto e simmetrico”.

Oggi, a vent’anni di distanza, la guerra è ancora alla porte dell’Italia, il conflitto infiamma la Libia. Per seguire le vicende libiche (e delle rivolte che colpiscono il mondo arabo) è il Guardiancon le sue sezioni online – il giornale da leggere.

L’informazione italiana è colpevolmente disattenta, troppo concentrata sulle beghe a luci rosse del nostro piccolo sultanato.



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