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Ho poco rispetto per le minoranze, sia pure quelle elitarie, con la puzza sotto il naso, i megafoni per stordire le orecchie, o per fare gli strappa applausi nelle piazze, nel web o in qualsiasi altro posto reale o virtuale di questo nostro mondo ormai rovesciato.
Ho altrettanto poco rispetto per quelle altre minoranze che imbrattano, schiamazzano, sporcano, dipingono con disegni mortificanti e deliranti treni, stazioni ferroviarie, metropolitane, piazze, strade e scuole come sedi dove si scarica la propria bizzarria priva di cervello, a costo zero, tanto paga sempre Pantalone!
Allo stesso modo detesto i vandali, con cervelli da pollo, che distruggono scuole, fanno refurtive, derubano ogni cosa, lasciando dietro di sé soltanto rabbia e devastazione, che si arricchiscono contro l’interesse pubblico e non tengono in alcun conto il diritto delle persone ad avere un’istruzione adeguata, servizi positivi per il loro futuro. Così è successo al Galiani di Napoli ove sono stati derubati 31 computer, frantumati suppellettili e impianti tecnologici e dove è stata interamente data alle fiamme la città della Scienza, con danni irreparabili.
La decadenza dell’Italia si può riscontrare anche con il basso livello raggiunto dalla città di Vincenzo Cuoco, Totò, Eduardo De Filippo. Qui in passato si sono avute migliaia di persone di cultura: letterati, musicisti, scienziati, che hanno dato lustro all’Italia rendendola famosa in tutto il mondo. Come, in molte altre città della penisola e delle isole, a partire da Firenze e dai suoi tesori, o da Palermo, città immortale nei secoli.
Oggi ci troviamo di fronte al meschino utilizzo dei Rom per piazzarli come oggetto di strumentalizzazioni di chi, ad esempio Matteo Salvini, non trovano altri mezzi che farsi propaganda, piuttosto che inventare soluzioni politiche e sociali per valorizzare le diversità in senso propositivo. Non mi pare, infatti, che dietro la presenza dei Rom a Roma, come altrove, ci siano solo questioni di violenza e inaffidabilità sociale. C’è soprattutto l’incapacità a trovare una corretta via di integrazione, evitando le ghettizazioni. Tra Sinti e caminanti sono 170.000. 40mila vivono nei campi costruiti per loro o da loro improvvisati. Moltissimi sono i bambini (40%). Per lo più non integrati, non abituati alla convivenza pacifica. Ad essi occorre garantire le più elementari norme di igiene e corretti modelli di vita, senza che i loro modelli siano stravolti.Non abbiamo barbari davanti, ma culture.
E invece che fa il capo della Lega? Una specie di visita ispettiva, con continui cambi di programma. Il padano studia un piano sottile di provocazione, provoca tumulti e reazioni incontrollate; realizza improvvisate idee volte non a costruire, ma a creare la reazione, provocando l’additamento del ‘nemico’, lo sbandamento amministrativo a tutto danno dei bambini scolarizzati, l’allarme sociale che grida ‘al lupo al lupo’. E con questi e simili dati il capo della Lega appare come l’uomo giusto al posto giusto. Il pugno di ferro capace di risolvere i problemi della gente. L’uomo della destra salito alle stelle nonostante la politica di moderazione di Renzi che, nonostante non mi faccia molta simpatia, debbo dire, fa passi lunghi, ma con una certa ponderazione. Fatte salve tutte le mie critiche che, chi vuole passare un po’ di tempo, può andare a leggere su questo blog. Questa è la destra che vuole anche Berlusconi che vede in Salvini il suo goleador, restando lui – che non si rende conto della puzza di muffa che fa – il grande capitano, il regista supremo della destra.
Ma la metafora calcistica, usata dal leader di Forza Italia per definire la vittoria della Lega in Emilia Romagna, non calza bene al caso. Salvini non è «attaccante», ma un attore minore di un teatro di periferia. Un uomo che guarda con un occhio a Marine Le Pin e con l’altro alla destra padana. Un uomo del potere finto che beneficia dei soliti falsi ammiccamenti di Bruno Vespa, che lo intervista a ogni presentazione di un suo nuovo libro, Dio solo sa scritto con quali competenze storiografiche. Ma questo conta poco perché nell’Olimpo delle nullità mediatiche quello che conta non è più il sapere, ma le consorterie degli amici degli amici che dietro un fischio si radunano tutti come pecoroni, nei soliti pascoli abusivi.
Giuseppe Casarrubea